domenica 5 aprile 2020

Bees: Jenny e Rachel

“Tu saresti una buona Amica, lo sai,” rimarcò Rachel, trattenendo un ramo di alloro per sua suocera, che era carica di un grande cesto di trapunte. Rachel stessa era carica con Oggy, che si era addormentato nella fascia nella quale lo trasportava.
Janet Murray le diede un’occhiata tagliente, e fece quello che Claire aveva descritto in privato a Rachel come un rumore scozzese, trattandosi di uno sbuffo mescolato a un gorgoglio che poteva indicare qualsiasi cosa da un lieve divertimento o approvazione a disprezzo, derisione, o l’indicazione di un’imminente azione di forza. Al momento, Rachel pensò che sua suocera fosse divertita, e anche lei sorrise.
“Sei esplicita e diretta,” fece notare. “E onesta. O almeno suppongo che lo sia,” aggiunse, prendendola leggermente in giro. “Non posso dire di averti mai sorpresa a mentire.”
“Aspetta di conoscermi da un po’ più di tempo, ragazza, prima di farti opinioni come questa,” le consigliò Jenny. “Sono una buona piccola bugiarda, quando se ne presenta la necessità. Che altro, comunque?” I suoi occhi blu scuro si corrugarono un poco – decisamente divertimento. Rachel sorrise di rimando, e pensò per un momento, avanzando su una ripida macchia di ghiaia dove il sentiero era sbiadito, poi allungò la mano per prendere il cesto.
“Sei compassionevole. Gentile. E senza paura,” disse, guardando Jenny scendere, quasi scivolando e aggrappandosi ai rami per tenersi in piedi.
La testa di sua suocera si girò all’improvviso, gli occhi blu larghi.
“Senza paura?” disse, incredula. “Io?” Fece un rumore che Rachel avrebbe sillabato “Psssht”. “Ho una paura del diavolo da quando avevo dieci anni, a leannan. Ma mi sono abituata, sai?” si riprese il cesto e Rachel sollevò Oggy, il cui peso era raddoppiato nel momento in cui si era addormentato, in una posizione più sicura.
“Cos’è successo quando avevi dieci anni?” chiese, curiosa.
“Mia madre è morta,” rispose Jenny. La sua espressione e la voce erano entrambe concrete, ma Rachel poté sentire il lutto in essi, sincero come il richiamo alto e sottile di un tordo eremita.
“La mia è morta quando sono nata,” disse Rachel, dopo una lunga pausa. “Non posso dire che ne senta la mancanza, dato che non l’ho mai conosciuta – anche se ovviamente…”
“Si dice che non puoi sentire la mancanza di quello che non hai mai avuto, ma su questo si sbagliano,” disse Jenny, e toccò la guancia di Rachel con il palmo della mano, piccolo e caldo. “Guarda dove metti i piedi, ragazza. È scivoloso per terra.”
“Sì.” Rachel tenne gli occhi a terra, facendo una larga falcata per evitare una pozzanghera fangosa dove ribolliva una piccola sorgente. “Sogno, qualche volta. C’è una donna, ma non so chi sia. Forse è mia madre. Sembra gentile, ma non dice molto. Mi guarda solo.”
“Ti somiglia, ragazza?”
Rachel alzò le spalle bilanciando Oggy con una mano sotto il sedere.
“Ha i capelli neri, ma non riesco mai a ricordare il suo viso, quando mi sveglio.”
“E tu non sai com’era, da viva.” Jenny annuì, guardando qualcosa oltre il suo sguardo. “Io conoscevo la mia – e se tu volessi mai sapere com’era, va e dai una sbirciatina a Brianna, perché lei è Ellen MacKenzie Fraser in vita – anche se un po’ più grande.”
“Lo farò,” la rassicurò Rachel. Trovava la sua nuova cugina acquisita leggermente intimidatoria, anche se chiaramente Ian le voleva bene. “Spaventata, comunque – e hai detto che hai avuto paura da allora?” Non poteva pensare di aver mai incontrato qualcuno meno spaventato di Janet Murray, che solo il giorno prima aveva visto affrontare un enorme procione sul porticato del capanno, scacciandolo con una scopa e un’imprecazione scozzese, nonostante gli enormi artigli e l’aspetto minaccioso dell’animale.
Jenny le lanciò un’occhiata, sorpresa, e spostò il cesto pesante da un braccio all’altro con un piccolo grugnito mentre il sentiero si restringeva.
“Oh, non spaventata per me, a nighean, non penso di essermi mai preoccupata di venire uccisa o cose del genere. No, spaventata per loro. Spaventata di non essere in grado di riuscirci, di prendermi cura di loro.”
“Loro?”
“Jamie e Pa’,” disse Jenny, guardando un po’ torva il terreno molliccio sotto i suoi piedi. Aveva piovuto molto la notte prima, e anche il terreno aperto era fangoso. “Non sapevo come prendermi cura di loro, sapevo bene di non poter prendere il posto di mia madre per nessuno dei due. Vedi, pensavo che sarebbero morti senza di lei.”
E tu saresti rimasta sola, pensò Rachel. Desiderando morire, anche, e senza sapere come. Sembra molto più semplice per gli uomini; mi domando perché? Non pensano che qualcuno abbia bisogno di loro?
“Ci sei riuscita, comunque,” disse, e Jenny scrollò le spalle.
“Indossai il suo grembiule e gli preparai la cena. Quello era tutto ciò che sapevo fare. Dargli da mangiare.”
“Suppongo che fosse la cosa più importante.” Piegò la testa e sfiorò il berretto di Oggy con le labbra. La sua sola presenza le faceva formicolare e dolere il seno. Jenny lo vide, e sorrise, in maniera mesta.
“Aye. Quando hai dei bambini, c’è quel breve periodo in cui sei davvero tutto ciò di cui hanno bisogno. E poi lasciano le tue braccia e sei di nuovo spaventata, perché ora conosci tutte le cose che possono fargli male, e sai che tu non puoi tenerli lontani da ciò.”

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