domenica 12 agosto 2018

Intervista a Laura Donnelly

Come attrice vincitrice del premio Olivier Laura Donnelly si prepara ad andare a Donegal per il festival transfrontaliero Lughnasa FrielFest, e parla con il nostro giornalista di come la sua storia di famiglia abbia stimolato la scrittura di The Ferryman, la commedia di Broadway, di perché le donne solo adesso si stanno rendendo conto del loro reale potenziale nelle arti e del suo amore per Brian Friel.
Se avete mai visto lo show televisivo Outlander, conoscete la faccia di Laura Donnelly. In uno show sui celti viaggiatori nel tempo che mostra una quantità di pietre magiche e kilt che lasciano poco all’immaginazione, lei riporta la narrativa con i piedi per terra. Interpreta Jenny, la saggia e razionale sorella del protagonista maschile Sam Heughan, e la sua presenza porta una realtà concreta in uno show che altrimenti potrebbe sfuggire a sé stesso. Di persona, Donnelly – che ha appena vinto il premio Olivier per il suo ruolo di Caitlin in The Ferryman a Brodway – possiede molta dell’energia di Jenny. È svelta, divertente e decisamente fiera.
L’attrice, nata a Belfast, è un’intervista interessante: non ci sono schivate, o trucchi. The Ferryman (scritto dal suo compagno Jez Butterworth, e diretto da Sam Mendes) è in parte ispirato alla sua stessa storia familiare, un argomento sul quale potreste pensare dovrebbe essere protettiva.
“La parte che è stata influenzata dalla mia storia famigliare ha a che fare con la morte del fratello nell’opera,” dice, affrontando la mia delicata domanda frontalmente. “Jez e io stavamo vedendo un documentario sulle “Persone Scomparse (Disappeared”) nel Nord Irlanda e alla fine, sono apparsi i volti delle vittime. E io ho detto, ‘Oh quello è mio zio’. E lui ‘COSA?’ è una cosa molto bizzarra da spiegare a qualcuno che non provenga dall’Irlanda.”
Diverse delle Persone Scomparse, 16 nordirlandesi, tutti cattolici, che si crede siano stati sequestrati e uccisi dall’IRA, restano dispersi.
“Sapevo e non sapevo allo stesso tempo. Avevo saputo come era morto da molti anni, e avevo saputo che mia madre continuava a collaborare con le famiglie, ma non avevo mai capito che c’era questo gruppo denominato “Disappeared” (Persone Scomparse) e che mio zio fosse io di loro. C’erano molte cose che non avevo collegato, e all’improvviso tutto è andato a posto.
La discussione della coppia sul documentario è andata avanti fino a ispirare l’idea di Butterworth per l’opera teatrale, che ora approderà a Broadway dopo una programmazione di grande successo nel West End.
“Mi sono trovata a discuterne con Jez e lui è rimasto molto affascinato, e a parlare con mia madre di quello che è successo. Ci è capitato anche di andare a due funerali degli Scomparsi in questo periodo. Erano stato scoperti due corpi e mia madre ci ha chiesto di andare con lei. C’era qualcosa di quell’esperienza, quel rituale di provare a dare riposo a un’anima che era stata lontana negli ultimi 40 – 50 anni… questo è entrato davvero in risonanza con Jez e lui ha provato a dire tutto con quest’opera.”
La madre di Donnelly era incinta di lei quando suo zio ventiseienne scomparve, e ancora incinta quando il corpo fu scoperto tre anni dopo. “Ero piuttosto sorpresa di averlo superato, ad essere sinceri, con quel livello di stress.”
Nonostante questo, Donnelly è disinvolta sul fatto che crescere nell’Irlanda del Nord è un’esperienza davvero particolare, una in cui il terrore spesso diventa quotidiano.
“Cose come queste diventano la normalità quando cresci al Nord. Le cose potrebbero succedere e io avrei una vaga consapevolezza che valga la pena notarle. Come, dover lasciare la città perché c’è un allarme bomba a Castle Court. Se succede per tutta la tua vita non ci presti molta attenzione.”
“In un certo senso penso di averne probabilmente beneficiato,” dice allegramente. “È buffo, la misura in cui i miei amici nordirlandesi a Londra non si preoccupano dell’attuale minaccia terroristica.”
È molto chiaro che Donnelly, nonostante lavori principalmente nel Regno Unito, considera la sua identità molto influenzata dalle sue radici a Belfast. “Il Nord è eternamente deprimente per molte ragioni. È così indietro in così tanti modi. Matrimoni gay, diritti delle donne, e c’è una sensazione rispetto al resto dell’Irlanda e del Regno Unito, che, come una nazione, siamo piuttosto abbandonati. Il Governo non fa niente, e Teresa May è ancora alleata con il DUP. Un orribile partito, bigotto, razzista e sessista, ma lei ha bisogno di voti. Perciò, la mancanza di attenzione data di conseguenza dalla gente del Nord è sentita come un vero insulto.”
Donnelly è una femminista e una portavoce di #TimesUp, e ha nominato il movimento quando ha ricevuto il suo premio Olivier. Mentre è riluttante a posizionarsi come modello, è fermamente convinta che il settore dell’intrattenimento debba assumersi la responsabilità per come rappresenta le donne e le minoranze.
“Come le persone si vedono nel mondo dell’arte ha grandissime conseguenze su come entrano nel mondo. Penso che le donne stiano cominciando a comprendere solo ora la misura in cui sono state represse. In nessun momento dei miei vent’anni io ho pensato: ‘Qualcuno vuole sentire quello che ho da dire’.
“Non ho mai pensato che potevo produrre o scrivere o dirigere. Nella mia testa mettevo quelli tra i lavori degli uomini, perché non vedevo nessuna donna farli. Perciò, come devono sentirsi le donne di colore? O le donne con disabilità? Non vedere mai se stessi rappresentati, per esempio, sulla BBC che è una società pubblica di comunicazione?”
Come attrice dell’Irlanda del Nord che lavora nel Regno Unito, Donnelly ha avuto la sua sufficiente dose di pregiudizi durante i casting. “È ancora molto, molto raro che io veda una storia ambientata da dove provengo, o con un personaggio irlandese dove la loro irlandesità non è il punto principale. C’era un film che era ambientato nel Nord il direttore del casting, - che non era irlandese – disse che io non ero abbastanza della classe operaia per interpretare una ragazza della classe operaia di Belfast. Io ho pensato: ‘Cosa? Che significa questo?’
“Cosa pensa che sia una ragazza della classe operaia di Belfast? Da dove ha preso questa idea? Perché questo in definitiva non era basata sull’esperienza.”
La rappresentazione è un grande punto cruciale per Donnelly, ed è una delle tante ragioni per cui è fiera di Outlander. Il fantasy show è stato apprezzato per la sua rappresentazione della sensualità femminile e, in particolare, della sua analisi dello stupro maschile.
“Ha toccato così tante questioni sulla violenza sessuale maschile, sulla rappresentazione, su come le donne sono trattate sullo schermo, sull’amore e se si può rappresentare l’amore quando contiene misoginia o abusi,” dice con orgoglio.
“Caitriona Balfe, che interpreta Claire, è una femminista incredibilmente intelligente ed eloquente, e prende la sua posizione di responsabilità molto seriamente. Sa quanto è importante, e lotta per le cose. Lei combatte le cose che pensa siano superficiali o irresponsabili.
Nonostate il suo amore per il cast e lo staff di Outlander, è facile capire che il primo amore di Donnelly è il teatro.
“La cosa più difficile della tv per me è che non ti senti come se stessi lavorando duro, perché passi molto tempo ad aspettare la tua scena. Nel periodo in cui ho finito Ferryman a ottobre, ero incinta di sei mesi e avevo lavorato per otto spettacoli a settimana, provando da febbraio. Era molto stancante. Io ero proprio stufa! Ma io guardo a quella come la migliore esperienza professionale della mia via. Amo quella pressione.”
Il suo amore per il teatro dal vivo sarà resuscitato questo mese quando andrà a Donegal per partecipare al 3° Lughnasa FrielFest, per recitare un monologo da Faith Healer.
“Davvero non ho nessuna idea di cosa aspettarmi una volta che arriverò lì. So che mi piace Donagal. So che mi piace Friel. Lo stiamo lanciando. È una celebrazione della sua opera. Ho studiato un paio di sue opere a scuola. Ho fatto Dancing at Lughnasa in modo professionale al Lyric Theatre di Belfat, e ho fatto Philadelphia al Donmar. Penso che molti irlandesi abbiano un collegamento con il suo lavoro, anche se piccolo.”
Recitarà il suo monologo senza direzione, e nessuna interazione con altri membri del cast. Sembra un po’ intenso, no? “Intenso è buono,” conclude. “Intenso mi fa sentire come se stessi lavorando duro.”
(X)

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