venerdì 19 giugno 2020

Bees: Historical Friction


“Attrito storico,” disse. “Ci sono tutte quel genere di cose – idee, macchine, strumenti, qualsiasi cosa – che venivano – vengono, voglio dire – scoperte più di una volta. Mamma dice che l’ago ipodermico è stato inventato indipendentemente da almeno tre persone diverse, più o meno nello stesso periodo, in paesi differenti. Ma altre cose vengono inventate o scoperte e semplicemente… esistono. Nessuno le usa. O sono perse e poi scoperte di nuovo. Per anni – secoli, talvolta – finché qualcosa succede, e improvvisamente è il momento giusto, e qualunque cosa sia fa il proprio ingresso, e si diffonde, ed è di dominio pubblico.
“Inoltre,” aggiunse in modo pratico, dando un colpetto alla borsa con il piede, “Che male potrebbe fare perdere una versione imbastardita de Il Gatto col Cappello nel diciottesimo secolo?”
Lui rise nonostante l’ansia.
“Nessuno lo stamperebbe. Una storia che mostra dei bambini deliberatamente disobbedienti alla loro madre? E senza patire Catastrofiche Conseguenze per averlo fatto?”
“Come ho detto. Non è il tempo giusto per un libro come questo,” disse. “Non…. Attaccherebbe.” Ora aveva superato del tutto la crisi emotiva - o almeno così sembrava. I lunghi capelli rossi le cadevano sciolti lungo la schiena, il viso animato ma non turbato, i suoi occhi sulla strada e le teste ondeggianti dei cavalli
“E poi ho Jane,” disse facendo un cenno della testa verso la borsa e abbassando la voce. “Parlando di conseguenze catastrofiche.
“Ja – oh, la sorella di Fanny?” Si ricordò del disegno, uno schizzo veloce su un foglio di carta grezzo.
“Ho promesso a Fanny che avrei dipinto Jane,” disse Bree e si accigliò un poco. “Renderla più permanente. Non sono riuscita a convincere Fanny a lasciarmi prendere il suo disegno, ma mi ha permesso di copiarlo, così ho qualcosa su cui lavorare.”
 “Povera ragazza. Ragazze, dovrei dire.” Claire aveva raccontato a Brianna, dopo il putiferio dell’arrivo del ciclo mensile di Fanny, cosa era successo a Jane, e Bree lo aveva detto a lui.
“Sì. E povero Willie, anche. Non so se fosse innamorato di Jane, o se si sentisse solo responsabile per lei, ma Mamma ha detto che si è presentato al suo funerale, con un aspetto tremendo, con un enorme cavallo. Ha dato il cavallo a Pa’, per Fanny – gli aveva già dato Fanny, perché se ne prendesse cura – e poi…se n’è andato. Non hanno saputo niente di lui da allora.”
Roger annuì, ma non c’era molto da dire. Aveva incontrato William, nono Conte di Ellesmere, una volta, diversi anni prima, per più o meno tre minuti, su una banchina a Wilmington. Un ragazzo allora, alto e sottile come un bastone – e con una impressionante somiglianza a Bree, anche se lui aveva i capelli neri – ma con molta più fiducia in sé stesso e modi di quanto si sarebbe aspettato da qualcuno di quell’età. Immaginò, che fosse uno dei prerequisiti per essere nato (almeno in teoria) dall’aristocrazia ereditaria. Pensi che il mondo – o buona parte di esso – ti appartenga.
“Sai dov’è sepolta? Jane?” chiese, ma lei scosse la testa.
“In un cimitero privato fuori città, è tutto. Perché?”
Alzò una spalla, brevemente.
“Penso che potrei renderle omaggio. Così potrei dire a Fanny che sono andato e ho detto una preghiera per sua sorella.”
Lei lo guardò, con gli occhi dolci.
“È davvero un bel pensiero. Te lo dirò; chiederò a Lord John dov’è – Mamma ha detto che lui ha organizzato la sepoltura di Jane, perciò sa dove si trova. Poi tu e io potremmo andare insieme. Pensi che a Fanny piacerebbe se facessi uno schizzo della tomba? O sarebbe troppo… impressionante?”
“Penso che le piacerebbe.” Le toccò una spalla, poi le lisciò i capelli lontano dalla faccia e li legò con il suo fazzoletto. “Non avresti qualcosa di commestibile nella borsa, per caso?”

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