lunedì 11 luglio 2016

Diana e l'Ultima Puntata di Outlander

Ascoltatemi....oppure no....
Avevo pensato di postarlo un po' prima dell'ultima puntata della seconda stagione dello show e avvertirvi in che direzione stava andando lo spettacolo per evitare che l'omissione di qualche particolare potesse scontentarvi e questo facesse perdere la vera bellezza e l'intensità dell'addio di Jamie e Claire.
Ma poi ho deciso di non farlo; non solo sarebbe stato spoiler, avrebbe infastidito alcune persone a priori e rovinato il finale, ma avrebbe anche causato un'agitazione generale che pensavo non sarebbe servita a nessuno per affrontare quello che è un finale spettacolare.
Ma volevo mostrarvi l'originale sia come conforto per i fan del libro sia come un piccolo regalo per i fan del solo show.
(Comunque... uno degli scrittori stava chiacchierando con me prima di un incontro tra scrittori a Los Angeles e ha detto: "Non ci sono i tagli con le iniziali, ma amerai quello che stiamo facendo!" Non disse nulla, ma l'espressione del mio viso deve aver dato un'impressione generale di quanto non fossi molto entusiasta. Ho mantenuto la cama e ho chiesto come sarebbe stato solo per sentirmi dire che Claire avrebbe dato a Jamie il pezzo d'ambra con la libellula, prima di attraversare le pietre.
Non voglio raccontare la totalità dei miei commenti a Ron e Maril sulla scia di questa conversazione, ma mi ricordo di aver detto: "... c'è una enorme distanza emotiva tra un 'Ti amo così appassionatamente da voler versare il mio sangue e marchiarmi così da poter ricordarmi il tuo tocco per sempre' a 'Ecco tesoro, prendi il più brutto regalo di matrimonio per ricordarti di me per i prossimi quarantacinque minuti prima di morire."
Hanno ammesso questa verità essenziale <colpo di tosse>, ma hanno insistito che non avrebbero potuto tagliare perché sarebbe stato disordinato (c'erano lo stesso tipo di problemi con il sangue-coltello del matrimonio, e immaginavamo sangue gocciolare dappertutto, cosa sarebbe accaduto sui costumi, che dovevano durare per più riprese) e avrebbe richiesto troppo tempo e interrotto il ritmo della scena.
In ognuno di questi casi, c'era indubbiamente della ragione, ma comunque. L'unica cosa che ho potuto fare è stato strappare la promessa che avrebbero parlato con il dipartimento delle scenografie di fare un nuovo pezzo d'ambra che non sembrasse poi così tanto come un pezzo uscito da un trasformatore di un palo del telefono rotto.)

Quindi...ecco l'estratto...

«Jamie», dissi con voce roca di sonno e di lacrime ricacciate in gola. «Jamie. Voglio che tu mi lasci un marchio.»
«Cosa?» domandò, allarmato.
Il piccolo sajan dhu che portava infilato nella calza giaceva a portata di mano, con il manico scolpito nel corno di cervo scuro contro il mucchio di vestiti. Lo presi e glielo porsi.
«Tagliami», lo incalzai. «Abbastanza a fondo da lasciarmi una cicatrice. Voglio portarmi via il tuo tocco, avere qualcosa di te che rimanga con me per sempre. Non m'importa se fa male; niente potrebbe farmi peggio che lasciarti. Almeno quando lo toccherò, ovunque io mi trovi, potrò sentirti su di me.»
La sua mano fu sopra la mia, poggiata sull'impugnatura del coltello. Dopo un attimo e una leggera pressione, annuì. Esitò per un istante, tenendo in mano la lama affilata come un rasoio, e io gli offrii la destra. Faceva caldo sotto le coperte, ma il respiro gli usciva di bocca a sbuffi visibili nell'aria fredda della stanza.
Mi girò il palmo verso l'alto e lo esaminò con attenzione, poi se lo portò alle labbra. Un morbido bacio al centro, quindi afferrò la base del mio pollice in un duro morso con risucchio, la lasciò andare e incise rapidamente la carne intorpidita. Non provai altro che una lieve sensazione di bruciore, ma il sangue sgorgò immediatamente. Si riportò subito la mano alla bocca, tenendola lì finché il flusso di sangue non rallentò. Poi fasciò accuratamente la ferita, che adesso mi bruciava, con un fazzoletto, ma non prima che io vedessi la forma del taglio: una piccola lettera «J», appena ricurva.
Alzai gli occhi e vidi che mi stava porgendo il coltellino. Lo presi e, con un gesto un po' esitante, presi la mano che mi offriva.
Chiuse brevemente gli occhi e la bocca, ma un lieve brontolio di dolore gli sfuggì dalle labbra mentre premevo la punta del coltello nella base carnosa del suo pollice. Il Monte di Venere, mi aveva detto una chiromante: indice di passione e di amore. Fu solo mentre completavo il piccolo taglio semicircolare che mi resi conto che mi aveva dato la sinistra.
«Avrei dovuto prendere l'altra», protestai. «L'elsa della tua spada la comprimerà.»
Sorrise appena.
«Non chiedo altro se non sentire il tuo tocco su di me nell'ultimo combattimento... ovunque abbia luogo.»
Dopo aver slegato il fazzoletto macchiato di sangue, premetti con forza la mia mano ferita contro la sua, le dita avvinte insieme. Il sangue era caldo e viscido, non ancora appiccicoso tra i nostri palmi.
«Sangue del mio Sangue...» sussurrai.
«... e Ossa delle mie Ossa», rispose sottovoce. Nessuno dei due potè finire il voto, «finché morte non ci separi», ma le parole non pronunciate aleggiarono dolorose tra noi. Alla fine gli spuntò sulle labbra un sorriso obliquo.
«Ancora più a lungo di così», dichiarò deciso, e mi trasse ancora una volta a sé.

«Frank», disse alla fine con un sospiro. «Be', lascio a te decidere che cosa dirgli di me. Probabilmente non vorrà sentirne parlare. Ma nel caso voglia, se ti rendi conto che puoi parlargli di me così come hai parlato a me di lui, allora digli... che gli sono grato. Digli che mi fido di lui, perché devo. E poi digli...» Le sue mani rafforzarono di colpo la presa sulle mie braccia, e parlò in un misto di riso e di assoluta sincerità.
«Digli che lo odio fino alle viscere e al midollo delle ossa!»
Eravamo vestiti, e la luce dell'alba si era intensificata in pieno giorno. Non c'era cibo, niente con cui rompere il nostro digiuno. Non c'era rimasto niente da fare... e niente da dire.
Sarebbe dovuto andarsene, ora, per arrivare in tempo alla brughiera di Drumossie.
Era il momento della separazione finale, ma non riuscivamo a trovare il modo di dirci addio.
Alla fine, con un sorriso mesto, si chinò e mi baciò delicatamente le labbra.
«Dicono...» cominciò, poi si fermò per schiarirsi la voce. «Dicono che nei tempi antichi, quando un uomo stava per andare a compiere una grande impresa... doveva trovare una strega indovina e chiederle di benedirlo. Lui doveva starsene in piedi e guardare avanti, nella direzione che avrebbe imboccato, mentre lei gli si avvicinava da dietro per pronunciare le parole della preghiera. Quando aveva finito, lui doveva andarsene via subito, senza guardarsi indietro, altrimenti gli avrebbe portato sfortuna per la sua impresa.»
Mi toccò il viso, poi girò le spalle, rivolto alla porta aperta. Il sole del mattino entrava a fiotti, accendendogli la chioma di un migliaio di fiamme. Raddrizzò le spalle ampie sotto il plaid e trasse un profondo respiro.
«Benedicimi, allora, o mia strega», chiese sottovoce, «e poi va'.»
Gli posai una mano sulla spalla, alla ricerca di parole. Jenny mi aveva insegnato alcune delle antiche preghiere celtiche di protezione; cercai di richiamarle alla mente.
«Gesù, tu che sei Figlio di Maria», cominciai con voce roca. «Mi appello al Tuo nome, e al nome del tuo amatissimo Apostolo Giovanni, e ai nomi di tutti i santi del rosso dominio, perché ti facciano da scudo nella battaglia a venire...»
Mi fermai, interrotta da un rumore di passi provenienti dal fianco della collina sotto. Un rumore di voci e di passi.
«Per di là !» esclamò. «Sono inglesi! Claire, va'!»
Corsi verso l'apertura nel muro, con il cuore in gola, mentre lui si dirigeva verso la porta, la mano alla spada. Mi fermai giusto un attimo per guardarlo un'ultima volta. Girò la testa, mi scorse e d'un tratto fu da me, spingendomi con forza contro il muro in un'agonia di disperazione. Sentivo la sua erezione premermi contro il ventre e l'elsa della sua spada contro il fianco.
Parlò rauco tra i miei capelli. «Ancora una volta, devo! Ma in fretta!» Addossata al muro, mi tirai su le gonne mentre lui si sollevava il kilt. Non fu un atto d'amore: mi prese velocemente, con violenza, e durò pochi secondi. Le voci erano più vicine: solo un centinaio di metri.
Mi baciò ancora una volta, abbastanza rudemente da lasciarmi in bocca il sapore del sangue. «Chiamalo Brian», disse, «come mio padre.» Con una spinta, mi mandò verso l'apertura. Mentre correvo, mi girai e lo vidi in piedi sulla soglia, la spada semisguainata, il pugnale pronto nella mano destra.

Il Ritorno

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