In onore della festività americana dal 4 luglio di ieri, Diana Gabaldon ha condiviso questo estratto da 'Written in my own Heart's Blood' contenuto in 'Legami di Sangue'...buona lettura ;)
**attenzione possibile spoiler**
Se non fosse stato per l’album da colorare, forse non me ne sarei accorta subito. In terza o in quarta elementare, Brianna aveva avuto un album da colorare con delle scene della Rivoluzione Americana.
Scene romantiche, epurate dei particolari più crudi: Paul Revere che volava nella notte in sella a un cavallo, Washington che attraversava il Delaware dimostrando (così aveva sottolineato Frank) una deplorevole ignoranza nell’arte della navigazione... e un’immagine a doppia pagina con Molly Pitcher, quella donna valorosa che aveva portato l’acqua ai soldati sfiancati dal caldo (a sinistra), e che poi aveva preso il posto del marito ferito al cannone (a destra) durante la Battaglia di Monmouth.
E mi ero resa conto che forse sarebbe stata chiamata così la battaglia in cui eravamo coinvolti, una volta che qualcuno si fosse preso la briga di darle un nome. Il tribunale di Monmouth era solo a tre o quattro chilometri dalla mia posizione attuale.
Mi asciugai il viso ancora una volta; un gesto che non serviva a eliminare il sudore, che tornava all’istante, ma che, a giudicare dai miei tre fazzoletti fradici, mi aiutava a rimuovere un bel po’ di sporco dalla faccia; quindi guardai verso est, da cui giungevano lontani scoppi di cannone da quasi tutto il giorno. Lei era là?
"Be’, di sicuro c’è George Washington", mormorai, versandomi una scodella d’acqua e rimettendomi a sciacquare gli stracci sporchi di sangue in un secchio d’acqua salata. "Perché non Molly Pitcher?"
Era stato un disegno difficile da colorare e, poiché Bree era appena entrata nella fase in cui i colori dovevano essere «reali», il cannone non poteva essere rosa o arancione, e Frank l’aveva accontentata disegnando diversi schizzi di cannone su un foglio di carta, e aveva provato tutte le tinte, dal grigio (con sfumature nere, blu, blu-viola e persino color fiordaliso) al marrone, con ombreggiature oro e terra di Siena bruciata, prima di optare per il nero con delle ombre verde scuro (con una certa diffidenza, Frank aveva adottato idee abbastanza avanzate riguardo all’effettiva storicità dei cannoni).
Non avendo nessuna credenziale, io ero stata relegata a colorare il prato, anche se poi avevo ottenuto di dare una mano con la drammatica ombreggiatura dei vestiti ondeggianti e ridotti a brandelli di Mrs Pitcher, una volta che Brianna si fu stancata. Alzai lo sguardo, il profumo dei pastelli ancora fresco nella mia memoria, e vidi un gruppetto di persone scendere lungo la strada.
C’erano due regolari continentali, e un uomo con indosso un’uniforme verde chiaro che riconobbi essere quella degli Skinner ’s Greens, un reggimento lealista provinciale. Quest’ultimo barcollava e incespicava, nonostante fosse sostenuto dai due Continentali. Anche il più basso tra questi era ferito; aveva una sciarpa macchiata di sangue avvolta attorno a un braccio. L’altro guardava da una parte all’altra, quasi fosse in guardia, ma non sembrava avere nulla.
All’inizio avevo guardato il provinciale, che doveva essere un prigioniero. Ma poi osservai più attentamente il continentale ferito che lo sosteneva. E con l’immagine di Molly Pitcher ancora fresca in mente, capii con un piccolo shock che si trattava di una donna. La giubba le copriva i fianchi, ma riuscii a vedere chiaramente il modo in cui le sue gambe s’inclinavano verso l’interno in prossimità delle ginocchia; nell’uomo il femore è diritto, mentre il bacino largo della donna è causa di un lieve valgismo.
Inoltre vidi chiaramente, quando mi ebbero raggiunta, che i due soldati feriti erano imparentati: erano entrambi bassi e magri, con il mento squadrato e le spalle incurvate. Il provinciale era decisamente maschio, tuttavia – aveva il viso coperto da una barba corta e ispida – mentre la...sorella? Sembravano così vicini d’età... aveva la pelle liscia come un uovo, ed era quasi altrettanto bianca.
Lui no. Era rosso come una fornace esplosa, e quasi altrettanto rovente al tatto. Gli occhi erano ridotti a due fessure bianche, la testa ciondolava sul collo sottile.
"È ferito?" chiesi, secca, mettendogli una mano sotto la spalla per aiutarlo a sedersi su uno sgabello. Lui si accasciò nel momento in cui vi ebbe posato le natiche, e sarebbe caduto a terra se non avessi stretto la presa. La ragazza emise un rantolo spaventato e gli porse una mano, ma poi barcollò anche lei, e sarebbe caduta se l’altro uomo non l’avesse afferrata per le spalle.
"Un colpo alla testa", spiegò il continentale maschio. "Io... l’ho colpito con l’elsa della mia spada." Fece quell’ammissione con un certo imbarazzo.
"Aiutatemi a farlo distendere." Feci scorrere la mano sulla testa del provinciale, e individuai una brutta ferita contusa sotto i capelli, ma non riscontrai nessuna crepitazione, nessuna frattura del cranio. Concussione, probabilmente, ma nulla di più grave. Ma cominciò a sussultare sotto la mia mano, e dalla bocca fuoriuscì la punta della lingua.
"Oh, cielo", dissi sottovoce, ma non abbastanza, perché la ragazza lanciò un urletto disperato.
"È un attacco di cuore", le dissi subito, sperando così di rassicurarla. Ma la realtà era ben diversa; quando collassavano e avevano una crisi, di solito morivano. La temperatura era molto superiore a quella che i sistemi corporei potevano tollerare, e un attacco del genere era spesso indicativo di un principio di danni al cervello. Pure...
"Dottie!" gridai, chiamandola con dei gesti urgenti, per voi voltarmi verso il soldato continentale sano, ma molto spaventato. "Vedete quella donna vestita di grigio? Portate quest’uomo da lei, all’ombra; quella giovane saprà che cosa fare." Era semplice; doveva versargli addosso dell’acqua, e possibilmente fargliela bere. Questo era quanto poteva essere fatto. Nel frattempo...
Afferrai la ragazza per il braccio sano, e la feci sedere sullo sgabello, mentre in tutta fretta versai in una scodella quel che restava nella mia bottiglia di brandy. A giudicare dal suo aspetto, non doveva esserle rimasto molto sangue.
Infatti. Quando le tolsi la sciarpa, scoprii che aveva perso la mano, e che l’avambraccio era gravemente mutilato. Non era morta dissanguata soltanto perché qualcuno le aveva stretto una cintura attorno al braccio, infilando una stecca in quel laccio emostatico di fortuna. Era passato molto tempo dall’ultima volta che ero svenuta davanti a qualcosa, e non svenni neanche adesso, ma per un breve momento il mondo si spostò sotto i miei piedi.
"Com’è successo, tesoro?" le chiesi, con tutta la calma di cui fui capace. "Tenete, bevete questo."
"Io... una granata", mormorò. Teneva il viso girato, per non vedere il braccio, ma le portai la scodella alle labbra e lei bevve, mandando giù il miscuglio di brandy e acqua.
"Lei... lui l’ha presa in mano", disse una voce sommessa, soffocata, accanto al mio gomito. L’altro continentale era tornato. "È rotolata vicino al mio piede, e lui... lei l’ha raccolta." La ragazza si voltò, sentendolo, e io notai lo sguardo angosciato di lui.
"È entrata nell’esercito per voi, immagino." Il braccio, chiaramente, doveva essere amputato; non c’era niente al di sotto del gomito che potesse essere salvato, e lasciarlo in quello stato significava condannarla a morte per infezione o cancrena.
"No!" esclamò la giovane, ansimando. "Phil..." Annaspò e girò la testa verso gli alberi. "Ha provato a farmi andare con lui. Tra i civili che seguono l’accampamento lealista. Non ho voluto."
Con così poco sangue rimastole in corpo, aveva difficoltà a ricevere ossigeno a sufficienza. Riempii la scodella e la feci bere ancora; tirò su il viso sputacchiando, e vacillando, ma più vigile. "Sono una patriota!"
"Io... io ho provato a farla tornare a casa, madam", disse il giovane, di getto. "Ma non c’era più nessuno che potesse occuparsi di lei." La sua mano rimase sospesa a un paio di centimetri dalla schiena di lei, come se volesse toccarla, come se volesse prenderla nel caso fosse caduta.
"Capisco. Lui..." indicai con un cenno la postazione di Dottie sotto gli alberi, dove l’uomo che aveva avuto l’attacco di cuore era disteso all’ombra. "È vostro fratello?"
La ragazza non ebbe la forza di annuire, ma chiuse gli occhi per un attimo, per dirmi di sì.
"Suo padre è morto subito dopo Saratoga". Il giovane aveva un aspetto miserabile. Cristo, non poteva avere più di diciassette anni, e lei ne dimostrava quattordici, anche se doveva averne di più.
"Phillip se n’era già andato; aveva rotto i rapporti con il padre quando si era unito ai Provinciali. Io..." Gli si ruppe la voce, e chiuse la bocca con forza, toccandole i capelli.
"Come vi chiamate, cara?" chiesi a lei. Avevo allentato il laccio emostatico per verificare che il sangue arrivasse ancora al gomito; sì. Forse si sarebbe potuta salvare l’articolazione.
"Sally", sussurrò. Aveva le labbra bianche, ma gli occhi erano aperti. "Sarah." Tutte le mie seghe da amputazione erano nella chiesa, con Denzell. Non potevo mandarla là dentro. Avevo provato a infilare la testa, ed ero stata quasi schiacciata dal forte odore di sangue e di escrementi, e ancora di più dall’atmosfera di sofferenza e di terrore e dai rumori da macello.
Altri feriti stavano arrivando lungo la strada; qualcuno se ne sarebbe dovuto occupare. Non esitai più di un minuto.
Rachel e Dottie avevano la fermezza necessaria per occuparsi di certe cose, e la presenza fisica per comandare persone sconvolte. Il comportamento di Rachel derivava da mesi di esperienza a Valley Forge, quello di Dottie dall’aspettativa autocratica che la gente avrebbe fatto quello che lei voleva che facesse. Entrambe ispiravano fiducia, e io ero molto orgogliosa di loro. Insieme, se la cavavano più che bene e – secondo me – meglio dei medici che operavano con i loro assistenti in chiesa, anche se questi ultimi erano lodevolmente veloci nello sbrigare le loro sanguinose faccende.
"Dottie!" chiamai ancora, rivolgendole un cenno. Lei si alzò e venne di corsa, asciugandosi il viso nel grembiule. La vidi guardare la ragazza, Sarah, e poi dare un’occhiata veloce ai corpi sull’erba; quando si girò di nuovo, sul suo viso si mescolavano curiosità, orrore e una compassione disperata.
Dunque il fratello era già morto, o stava morendo.
"Andate a chiamare Denzell", le dissi, spostandomi appena affinché potesse vedere il braccio mutilato. Lei sbiancò e deglutì. "Ditegli di portarmi la sega ad arco e un piccolo uncino."
Sarah e il giovane sussultarono terrorizzati, al sentire la parola «sega», e lui si mosse in fretta, decidendosi finalmente a toccarla e ad afferrarla per la spalla sana.
"Andrà tutto bene, Sally", le disse, ardente. "Ti sposerò! Per me non farà nessuna differenza. Il... il braccio, intendo." Deglutì a fatica, e mi resi conto che anche lui aveva bisogno di bere. Gli porsi la borraccia.
"Neanche... morta", fece Sally. Aveva gli occhi scuri e luminosi, come carboni spenti in mezzo al viso bianchissimo. "Io... non ti permetterò di sposarmi per pietà. Dannazione. Né per il senso di colpa. Non... non ho bisogno di te!"
Il ragazzo impallidì. Era stupito e, pensai, offeso.
"D’accordo, e di che cosa vivrai?" le chiese, sdegnato. "Non hai niente, a parte quella maledetta uniforme! Tu... tu..." Si batté con il pugno sulla gamba, per la frustrazione. "Non ti puoi nemmeno prostituire, con un braccio solo!"
Lei gli lanciò un’occhiata torva, il respiro lento e faticoso. Dopo un momento, un pensiero le attraversò il viso, annuì appena e si voltò verso di me.
"Credete che l’esercito mi... mi pagherebbe... una pensione?" chiese.
Vidi Denzell, sporco di sangue ma calmo, che correva sulla ghiaia con la cassa degli strumenti chirurgici. Avrei venduto l’anima in cambio di un po’ di etere o di laudano, ma non avevo né l’uno né l’altro. Presi io stessa un respiro profondo.
"Immagino di sì. La daranno a Molly Pitcher; perché non a voi?"
domenica 5 luglio 2015
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