Ronald D. Moore parla degli Showrunners (nota : coloro che hanno autorità creativa e di management in uno show televisivo), dell'aver sposato creatività e lavoro, di quando è il momento giusto per lasciare un progetto, di OUTLANDER e di STAR TREK
“Showrunners : l'arte di dirigere uno show televisivo” è un documentario che esplora il ruolo della persona o delle persone responsabili della supervisione di tutte le aree della scrittura e della produzione di una serie TV e si assicura che ogni episodio sia spedito in tempo e sia rispettato il budget per ciascun network che trasmette lo show e per lo studio che lo produce. In questa Era D'oro della televisione, gli show televisivi non affascinano il pubblico come facevano un tempo i film Hollywoodiani, e c'è una crescente curiosità circa i soggetti che rendono possibile tutto ciò. I Film Features : J. J. Abrams, Hart Hanson, Damon Lindelof, Ronald D. Moore, Joss Whedon, Terence Winter e J.H. Wyman, tra gli altri.
Durante questa esclusiva intervista telefonica con Collider, Ronald D. Moore (che è attualmente lo showrunner per la serie top della Starz, 'Outlander') ha parlato di cosa lo ha spinto a voler diventare showrunner, a sposare il lato degli affari con quello creativo, l'esperienza più divertente che ha avuto riguardo ad un copione, quando le note sui copioni possono aver maggiore effetto, sapere quando è meglio lasciare qualcosa che semplicemente non sta funzionando, sull'aver avuto il lavoro di scrittura per Star Trek e la strana esperienza dell'uccidere il suo eroe d'infanzia. Ha anche parlato di quanti episodi di Outlander sono allo stesso stato di sviluppo nello stesso momento, com'è la richiesta di Outlander rispetto agli show che fa seguito in passato, cosa ha imparato sullo show durante la prima stagione che gli sarà utile nella seconda, e su quanto fa attenzione a quanto viene detto sui fansite.
Collider : C'è stato un momento nel tuo percorso di carriera in cui hai capito cos'è uno showrunner e cosa fa, e che volevi esserlo, o lo sei diventato prima di capire esattamente cosa comportasse?
RONALD D. MOORE : Penso che ne avevo un'idea iniziale. Sono cresciuto come fan della serie originale di Star Trek. Quando ero alle medie, penso al 1 anno, mi ricordo di essere stato ad uno fiera del libro e di aver trovato un libro intitolato “The making of Star Trek”, di Stephen Whitfield, e l'ho preso e portato a casa e divorato, ancora e ancora. È stato un libro che mi ha influenzato. Era molto essenziale. Riguardava come Gene [Roddenberry] mise insieme la serie originale. Non avevano quel termini, a quei tempi, ma lui era lo showrunner. Non aveva una stanza per gli scrittori. Loro scrivevano copioni freelance. Ma oltre a questo, il lavoro era lo stesso. Gene era al comando di tutto. Lui lanciò lo show, lo creò, lo sviluppò, si occupò della produzione, supervisionava i tagli nella post-produzione e infine li spediva allo studio. Quindi, avevo un idea di com'era il lavoro, anche se ero un bambino. Quando finalmente emersi nel mondo televisivo, come scrittore, avevo sempre voluto essere all'apice della piramide. Avevo sempre voluto essere quello che prende le decisioni. Avevo sempre voluto essere quello che dice, “Questo è ciò che è lo show, e questo invece è ciò che non è. Questa è la strada che percorreremo. Sarà questo tipo di show.” Era qualcosa alla quale avevo sempre puntato, quando ho iniziato in questo mondo.
Essere lo showrunner assorbe completamente. Quanto spesso lo ami e quanto spesso invece desideri poterti prendere una vacanza da questo lavoro?
MOORE : Cerco sempre di andare in vacanza. Cero sempre di fare un passo indietro dal mio lavoro per poter guardare i film. Cerco sempre di ritagliarmi del tempo libero per me. Ma, lo amo. Penso che non mi capiterà mai di non voler dirigere uno show. Quando ho uno show, sono sempre molto eccitato. Mi godo il processo. Tanto quanto diventa frustrante, tanto quanto è frustrante a volte, e non penso di aver mai preso in considerazione l'idea di fare altro, o di non volerlo fare più. Per me, è il miglior lavoro al mondo. È perfetto per me e per ciò che voglio essere.
Essere uno showrunner è un lavoro che sposa il lato amministrativo e quello degli affari con il lato creativo, quando invece la maggior parte dei lavori si focalizza su uno solo di essi. Quanto è difficile equilibrare tutto?
MOORE : Se chiedi a me come faccio, risponderei che sono uno scrittore prima di tutto. Questo è ciò che sono, nel mio profondo. Sono uno scrittore, dopo ho imparato la produzione e l'amministrazione, durante il lavoro. Penso che la maggior parte delle persone possano impararlo perché la produzione e la parte amministrativa riguardano la logica, si tratta di imparare regole e budgets. La parte creativa, con la scrittura e la parte visiva, e trovare la voce di uno spettacolo e i personaggi, è molto più difficile da insegnare. È come la musica. O sei capace di suonare o non lo sei. Se non sei in grado di suonare ma ti impegni e lavori sodo, puoi imparare, ma è necessario che tu abbia un qualche dono innato per poter fare un salto di qualità. Scrivere è lo stesso. Bisogna avere una scintilla creativa di base, e poi, se ce l'hai, penso che puoi anche imparare il lato produttivo. Puoi imparare come essere un buon produttore. E credo che ci voglia un certo equilibrio di queste due abilità per essere uno showrunner di successo.
Qual è la nota più stupida o la più divertente che hai mai ricevuto su un copione?
MOORE : Mi ricordo di una volta in cui stavo scrivendo un copione per mandarlo al network il venerdì. E poi, il lunedì, ebbi una conversazione con il network o qualcosa del genere. Chesi, “hey, hai avuto occasione di leggere il copione spedito venerdì?” e la persona all'altro capo del telefono disse, “Sì, l'ho fatto.” e io, “Cosa ne pensi?” e lui, “Bè, non abbiamo ancora avuto il meeting per parlarne, quindi non so che pensare.” Io pensai, “Sta scherzando? Ha davvero appena detto quello che ho sentito?” Avrebbero avuto un meeting perché non sapevano che pensare senza. Mi sentii un po' spiazzato da quella cosa.
C'è stata mai una volta in cui hai ricevuto un'osservazione che ha invece avuto particolare impatto su di te?
MOORE : Questa è difficile per metterci la mano sul fuoco. Ci sono decisamente delle volte in cui un occhio esterno riesce a vedere qualcosa brillare di cui tu non sei consapevole. Di solito espongono un difetto o un problema. A volte dicono, “Hey, questo non funziona. Hai visto?” e poi, tu, “Oh, davvero non ci ho fatto caso. Hai ragione, non funziona.” Se ti va bene invece possono scovare qualcosa di buono che tu non hai visto perché eri troppo vicino. Le note difficili sono quelle che dicono, “Così è come vogliamo aggiustare la cosa...” Ditemi solo qual'è il problema. Ditemi solo di cosa di tratta, e me ne occuperò io. Di solito sorgono problemi quando i produttori esecutivi si ritrovano nel punto in cui cercando di risolvere un problema per te.
Quando dirigi uno show televisivo, hai molteplici episodi in diversi stadi di produzione. Con Outlander, quanti episodi hai di solito in vari stadi di produzione, nello stesso tempo?
MOORE : Varia, durante l'anno. C'è stato un momento questa estate, in cui stavo lavorando su tutti e 16 gli episodi. Avevo spedito i primi due episodi, ma avevo bisogno di tornare indietro per fare qualche aggiunta o taglio per la distribuzione internazionale. E poi, c'erano 5 o 8 episodi dopo quello, che erano stati girati ed erano ancora all'editing, o stavano aggiungendo la musica, o il sound mix era incompleto, o non avevamo aggiunto gli effetti visivi. E poi, c'erano episodi erano ancora in preparazione per iniziare a girare. E un episodio a riprese iniziate. E un episodio ancora in stesura. Quindi, c'è stato un momento durante l'estate in cui stavo lavorando su tutti e 16. Ma questo è il peggio che può accadere, quando stai letteralmente facendo della giocoleria con un'intera stagione. La maggior parte del tempo, te la cavi occupandoti dai 4 ai 7 episodi, simultaneamente. Cioè tutti quelli che hai girato, quelli che stai per girare, quelli che stai girando, e poi quelli che sono quasi pronti per girare, quindi c'è sempre una fascia che va da 4 a 7 episodi alla volta.
Come definiresti la domanda di Outlander comparata con gli altri TV show di cui ti sei occupato, nel passato?
MOORE : Beh, è unico, nella mia esperienza, nel fatto che stiamo girando in Scozia, la sala sceneggiatori è a LA, e il quartier generale e a LA. Quando stiamo girando, io faccio il pendolare dal Regno Unito, ogni tre settimane o giù di lì, ed è difficile. Questa è la cosa più dura, fisicamente, per me. È la trasferta più lunga con cui abbia mai avuto a che fare. E poi ci sono le sfide di questa particolare produzione. Non è il tipo di show che ha dei set precostituiti. Nella serie tv tipica, c'è una stazione di polizia, un appartamento, l'ospedale, la nave spaziale o qualsiasi cosa sia, e si continuano ad utilizzare queste locations a ripetizione, il che ti fa risparmiare un sacco di soldi e tempo. Puoi farlo più veloce perché ti diventano familiari e tutto riesce bene. Ma Outlander è uno show itinerante, quindi devi continuamente creare nuovi ambienti, nuovi set e nuove locations. In ogni episodio ci si sposta. Quindi, invece di fare una serie che procede dove si produce uno show con gli stessi punti di riferimento e in cui si può avere familiarità con il ritmo di lavoro, ancora e ancora, noi stiamo quasi facendo 16 mini-film, ed è difficile. Questo richiede molto tempo perché devi costantemente trovare, costruire, fare casting e ricominciare tutto da capo la settimana successiva.
Beh, congratulazioni perché lo show è assolutamente bellissimo.
MOORE : Grazie. E' uno show stupendo. È un paese stupendo. Abbia un tempismo grandioso. È una squadra fantastica. Staff e troupe sono di base Inglesi, e fanno un ottimo lavoro. Abbiamo un cast eccezionale. Sono davvero fortunato di essere parte di uno show così grandioso. È stato davvero bello fare parte di Battlestar Galactica. È stato grandioso essere parte di Star Trek. Ed è grandioso essere parte di Outlander. È una cosa più grande di tutti noi, e ci si sente fortunati.
La prima stagione di Outlander è divisa in due, e hai concluso la prima metà con un momento cruciale. C'è stata molta discussione riguardo il momento in cui avreste dovuto terminare questa prima parte per mantenere il pubblico in attesa della seconda metà, ma senza che fosse troppo arrabbiato da non riprendere la visione? È stata una tua decisione dove concludere, o il network ha avuto penso su questo?
MOORE : Io l'avevo dipinta così, molto tempo prima. Perché noi veniamo da un libro, e quel momento in cui Claire è catturata da Jack, e Jamie appare alla finestra, appena l'ho letto tra le pagine, ho pensato, “Bè questo sì che è un finale mozzafiato,” e succedeva proprio a metà del libro. Era un punto cruciale sorto naturalmente. Così, mentre stavamo assemblando la serie, ho detto, “Okay, nell'episodio 8, quello sarà il finale da suspance,” e il network era d'accordo. Affare fatto! Sembrava ovvio a tutti noi che così fosse il meglio. Era davvero un momento di grande tensione e anche un buon momento per fermarsi.
L'episodio del matrimonio è stato un episodio intimo e molto sensuale. Hai dovuto negoziare molto, per spingerlo così come volevi che fosse, o è andato tutto sorprendentemente liscio, come lo volevi?
MOORE : Non c'era nessun problema con il network, per niente. La Starz è un netowrk via cavo premium e loro sono orgogliosi di superare i loro limiti. Dissero so lo, “Spingiti oltre quanto vuoi. Non abbiamo paura. Vogliamo solo che funzioni.” Io ho solo portato il tipo di approccio, con il regista, lo sceneggiatore e gli attori, e ho detto, “Okay, sarà esplicito, ma voglio che si percepisca come autentico. Non voglio il tipico nonsense televisivo dove c'è il drappo e la candela, e diventa soft porno. Voglio che si percepisca come due persone che fanno sesso per la prima volta, in queste circostanze. La prima volta che lo fanno, non va proprio così bene. La seconda, potrebbe essere di più. E poi, diventa qualcosa di molto più intimo.” Volevo trasmettesse un senso di verità, e ho continuato a enfatizzare il fatto che cercavamo qualcosa di reale e non romantico. Volevo che fosse reale, e loro l'hanno capito. È stato un piacere concludere la serie e poterla montare. Potevo guardare il girato e dire, “Yeah, è ottimo." Non è solo lascivo. Non è solo un tentativo di mettere gente nuda sulla schermo. Parla davvero di qualcosa. Ognuno dei momenti in cui gli attori si tolgono i vestiti hanno un significato. Trascina la storia avanti. È davvero importante mostrarlo.
Hai imparato qualcosa sulla serie, mentre la scrivevi, che non avevi capito prima e che vuoi introdurre nella seconda stagione?
MOORE : Sì. Dopo la fine della prima stagione, si possono imparare molte lezioni. È una sfida ancora più grande, logisticamente, in termini di produzione, di quanto pensavamo mentre giravamo la prima stagione. Abbiamo dovuto costruire più di quanto ci aspettassimo, in quanto a interni. Ci sono state molte lezioni di produzione da imparare. Sulle pagine, la cosa più importante che si impara in qualsiasi TV show è come scrivere al cast. Si scrive lo show all'inizio con certe voci nella mente e si ha un'idea di come il personaggio sarà, ma poi c'è un attore e cominci a vederlo quotidianamente e gli episodi prendere forma. Poi cominci a capire cosa possono fare e cosa no, in cosa sono bravi e in cosa non lo sono altrettanto, come dicono le cose e cosa dicono bene, e cominci a cucire la voce del tuo show sul cast. Così, quando inizi la seconda stagione, puoi accelerare su quello. Hai più fiducia sul fatto che tutti capiscano chi sono i personaggi.
Quando sai di stare lavorando su qualcosa con una solida base di fans, leggi ogni sito per vedere cosa i fans gradiscono, per cosa sono infelici o arrabbiati?
MOORE : Sì, quando gli episodi vengono mandati in onda, do sempre uno sguardo veloce ai vari siti e blogs dei fan e degli spettatori, per valutare e vedere di cosa parlano, ma questo finché va. Ho imparato questa lezione con Star Trek, quando internet era ancora nella sua infanzia, in diversi modi. Inizi velocemente a capire che ti ci puoi perdere. Non importa di cosa si tratta, ma è ancora un piccola frazione di pubblico perché quanti di noi si prendono il tempo di scrivere su una serie tv online, a meno che non sia per lavoro. Quindi, è una piccola parte dei fans che se ne curano abbastanza da scriverne. Loro sono quelli più appassionati e prestano più attenzione allo show, ma sono anche una parte del largo pubblico che lo guarda, settimana dopo settimana, quindi non puoi affidarti completamente a ciò che dicono i fans. Anche perché la loro prospettiva è la loro prospettiva. Non è una democrazia. Non possiamo semplicemente aprire le votazioni. Bisogna avere fiducia nel proprio istinto creativo e nella storia che stai provando a raccontare, e sperare di avere reazioni positive. Quindi, guardo sempre i siti dei fans e mi interessa sempre ciò che pensano, ma di solito più del tipo “Wow, spero che gli piaccia,” piuttosto che “Okay, voglio vedere come la pensano e cambiare lo show per modellare il messaggio così come è meglio per loro, o per allontanarmi da quello che non apprezzano.”
Quando hai un esperienza come quella che hai avuto con l'adattamento televisivo dei libri Pern, come riesci a non farti scoraggiare? Hai un punto in cui tracci una linea e decidi di gettare la spugna e abbandonare qualcosa che chiaramente non sta funzionando?
MOORE : Sì, è così che devi fare. Penso che l'esperienza con i Pern sia stata molto importante per me perché mi ha insegnato che per quanto volessi fare qualcosa c'è stato un punto in cui me ne sarei andato e lo avrei portato con me. Ti dona un senso di sicurezza. Ora, so che se sto discutendo con gli esecutivi, o con lo studio o altro e si arriva ad un punto in cui la questione si fa pesante, non devo avere la paura del, “Sono abbastanza forte per superarla? Prenderei davvero una posizione? Mi arrenderei di fronte a questo problema?” E so che nel mio cuore potrei anche andarmene. Non devo rifarmi al mio ego. Non dovrei renderla come se non fossi abbastanza forte o tosto. Mi sento come, “Bene, l'ho fato. Ho provato il punto di vista.” Posso lasciare, ad un certo punto, quando le cose sfuggono di mano, senza dovermene preoccupare.
Questo documentario parla di come la prima stagione di una serie appartenga allo showrunner, la seconda stagione sia una collaborazione tra showrunner e attori, e quanto la terza appartenga agli attori perché, se si arriva, loro si sbarazzano dello showrunner prima che questi si sbarazzi di loro. Trovi che sia vero?
MOORE : Mi ricordo quando lo hanno detto, ma questa non è stata la mia esperienza. Sono stato un po' preso alla sprovvista. Non sono stato in quello show. Penso che dipenda dal tipo di show. Se è uno show come “Tutti amano Raymond”, di certo non si sbarazzeranno di Raymond. Penso che dipenda dal tema della serie e dagli ascolti. Forse è anche che non mi sono mai trovato in situazioni in cui il cast si sia ribellato, né ho mai avuto discussioni con il cast. La mia esperienza sin dall'inizio da Star Trek e fino ad ora ho sempre amato i miei casts. Sono diventati parte della famiglia e abbiamo lavorato molto bene insieme, quindi non ho mai davvero pensato ad una situazione in cui loro che prendono posizione contro di me.
Quando hai scritto quel copione così specifico per Star Trek, avevi qualche aspettativa su ciò che sarebbe successo, come risultato? Avresti mai potuto immaginare che si sarebbe trasformato in un lavoro, così velocemente?
MOORE : La risposta più vera e non modesta è che io credevo assolutamente che lo sarebbe stato. Col senno di poi, penso ora, “Oddio, ero pieno di arroganza. Cosa diavolo c'è di sbagliato in te?” Ma a quel tempo, ci credevo davvero. Tipo, “Ce la farò, lo produrranno, e mi coinvolgeranno nello show.” Mi ricordo mentre camminavo nel palazzo dove c'erano tutti gli scrittori alla Paramount mentre ero in tour, e camminammo in questo minuscolo ufficio. Era della dimensione di uno sgabuzzino, vicino al sottoscala. Come passammo quell'ufficio, Richard Arnold, che mi aveva dato il set tour ed era strumentale per l'intera storia, disse, “Uno degli scrittori lavorava qui, ma se ne sono appena andati.” Mi ricordo che guardai in quell'ufficio dicendo, “Un giorno starò in questo ufficio.” E sai una cosa? Così è stato. Ma è difficile persino raccontarla questa storia perchè è così ridicolmente arrogante per un 23enne. Quello era l'atteggiamento che avevo. Credevo ciecamente che ce l'avrei fatta, che sarebbe successo e che lo avrei fatto. E qualche miracolo degli dei ha davvero deciso di farlo accadere.
Tu sei uno delle poche persone o delle sole persone al mondo che può davvero dire di aver ucciso il suo eroe d'infanzia. Com'è stata quell'esperienza, mentre la stavi vivendo?
MOORE : E' stata difficile, e avevo molta voglia di farla. È stata una cosa davvero strana. Volevo davvero realizzare quella storia. Volevo davvero scrivere la scena della morte del Capitano Kirk. Volevo davvero che fosse nel film. Mi ricordo che stavo scrivendo la scena con Brannon [Braga] che era il mio partner di scrittura, a quel tempo. Quando dissi, “E Kirk muore,” piansi. Fu molto emozionante e molto strano, sia nel momento stesso che lungo tutto il processo. Rimarrei sempre colpito leggendo sul copione cosa avevo appena fatto e in cosa ci stavamo addentrando e per il fatto che fosse il mio eroe d'infanzia e stavo scrivendo la sua morte. Persino poi, non sapevo bene che farmene. Ero mistificato dal motivo per cui lo stavo facendo, dal perché ero così motivato a farlo, e dal perché aveva così tanto effetto su di me. Non so ancora cosa significhi. É una strana e singolare esperienza. Non conosco nemmeno nessuno con cui parlarne perché non conosco nessuno che abbia avuto un'esperienza simile.
Quando senti una statistica come quella nel film, che sia per il successo che per il fallimento, è tutta sulle spalle dello showrunner, ti preoccupa? Sei preoccupato riguardo all'occupare una posizione in cui potresti essere fatto fuori, o lo ami tanto oggi quanto quando hai cominciato?
MOORE : Lo amo tanto ora, se non di più, di quando ho cominciato. Quando sentii di quella statistica nel film, ne fui colto alla sprovvista. Ero tipo, “Non ne ho mai sentito parlare prima. È vero?” Spero che l'abbia solo inventata. Mi piacerebbe pensare che non fosse vero.
giovedì 13 novembre 2014
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