martedì 2 dicembre 2025

Libro 10: Estratto per l'Avvento

A Minnie era sempre piaciuta l’incertezza. Non sapere se i libri che aveva raccattato in una soffitta a Parigi fossero spazzatura o splenditi tesori, non sapere se il prossimo cliente ad attraversare la porta della libreria sarebbe stato un cliente o una spia giacobita. Non sapere come sarebbero stati tra le sue braccia i bambini che aveva portato in grembo per mesi, per non parlare di come sarebbero stati da grandi.
E non sapere cosa avrebbe fatto suo marito dopo. La felicità domestica era, ovviamente, deliziosa, ma vivere ogni tanto sul filo del rasoio le andava bene. La parte più importante ovviamente era ogni tanto.
«Nessuno vuole sedersi su una dannata lama di coltello,» disse, senza rendersi conto di aver parlato ad alta voce finché non sentì una bassa risata irlandese dietro di lei.
«Perché è affilata, o perché è noioso?»
«Be’, ti impedisce di ballare.» Lanciò un’occhiata a Rafe O’Higgins, che si era avvicinato alla ringhiera accanto a lei. Indossava un cappotto a forma di cappa di fine lana blu, e teneva una mano suo cappello nuovo per evitare che volasse via. A prima vista, sembrava un gentiluomo, cosa che di certo non era. «Riesci a sentire l’odore della terra?»
Annusò l’aria e scosse la testa.
«Non ancora mia cara. Il Capitano dice che ci vorranno ancora tre giorni, forse quattro.»
Batté il piede con impazienza. Solo un colpetto, ma lui rise di lei e sollevò la faccia, inspirando profondamente.
«Pesce,» disse. «Sento odore di pesce. E di una balena.»
«E di cosa odora una balena, dimmi?», chiese, divertita suo malgrado. «E non dire ‘di pesce’.»
«Oh, le balene hanno un odore strano,» disse stringendo gli occhi contro il vento. «Non ti avvicini spesso abbastanza da sentirne l’odore, bada, ma ogni tanto, una emerge affianco alla tua barchetta mentre stai pescando nel Mare d’Irlanda e lascia andare il suo respiro in un potente soffio. Puzza di caldo e freddo, marciume e vita, di alghe e migliaia e milioni di piccole cose rancide con piccoli gusci come l’unghia del vostro mignolo. Si conficcano nei denti della balena — o in quelli che si possono definire denti in una balena. E» aggiunse in modo pratico, «un sacco di alghe e occasionali pesci. La balena comune non è schizzinosa.»
«Davvero.» Aveva coinvolto i fratelli O’Higgins tanto per la loro conversazione che per la protezione durante e il viaggio e la loro capacità di fare domande in quei posti dove una donna di mezza età non poteva andare, per non parlare di una duchessa. «Hai detto la balena comune. Ce ne sono di non comuni?» Non si preoccupò di chiedere come facesse a saperlo; i fratelli O’Higgins si muovevano.
«Oh, be’.» considerò. «c’è il capodoglio, sicuramente. Una bestia enorme e mangia calamari enormi, o almeno così mi hanno detto. E visto il fetore anche di un calamaro piccolo lasciato fuori troppo a lungo, penso che la puzza del respiro del grosso tizio debba essere tale da farti cadere a terra.»
«Spero di vivere per sentirne uno, anche solo per esperienza.»
«Siete sempre stata una grande esperta, vostra grazia,» disse ridendo.
«Puoi dirlo», disse per niente offesa. «Dimmi ancora come hai perso il dito?»
«Quale?» Alzò entrambe le mani, come in segno di resa, per mostrare un mignolo mancante sulla mano sinistra, e un’articolazione superiore mancante sull’anulare della destra.
«Quello», disse, indicando la mano destra.
«Ah, questo. Avevo un anellino, vedete, d’oro, con una pietra blu incastonata, e una sgualdrina me lo stava succhiando dal dito, io l’ho beccata. Appena in tempo.»
«Oh, non ci credo neanche per un attimo,» disse seriamente. «Che ti stesse succhiando il dito, intendo.»
«Be’, stava succhiando diverse cose,» disse, con un’alzata di spalle. «Direi che avevo perso il conto.» 
Minnie stessa aveva perso da molto tempo il conto delle storie che aveva raccontato sulla perdita delle dita, ma lui riusciva sempre a pensarne una nuova. E, come al solito, era riuscito a distrarre la sua mente, anche se solo per pochi preziosi momenti, dai pensieri che la opprimevano. Anche ora, la sua mano si stava insinuando sotto il mantello e nel taglio della sottogonna per trovare la tasca e toccare la lettera all’interno.
Adam raramente scriveva una vera lettera. Il suo secondo figlio aveva ereditato — o forse consciamente imitato, anche se non voleva sospettarlo di questo — l’abitudine di suo padre di indirizzare o firmare raramente le lettere, e di usare il numero minimo di parole per comunicare quello che aveva in mente.
Ma aveva indirizzato questa — “Cara Madre” — e l’aveva anche firmata, aggiungendo “il tuo molto Obbediente, Umile e Amorevole Figlio”, cosa che l’aveva spaventata, come aveva fatto il corpo della lettera, tanto per ciò che ometteva, quanto per quello che diceva. Sapeva già che la bambina di Dottie era morta — Minerva Joy, chiamata come lei, e ingoiò il nodo in gola per la millesima volta.
Hal le aveva mandato la triste notizia mesi prima, e lei avrebbe voluto andare subito da sua figlia, ma era novembre quando aveva ricevuto la lettera, e nessuna nave sarebbe partita fino a marzo. La lettera di Adam era arrivata a febbraio, presumibilmente avendo subito ritardi durante il viaggio — era malconcia e macchiata di pioggia e lui non l’aveva datata, maledizione… e aggiunto la notizia che l’aveva spinta a chiamare subito Rafe e Mick O’Higgins.
«Eccolo.» Rafe parlò all’improvviso, strappandola dai suoi pensieri.
«Chi?»
«Il tipo grosso,» disse, con rispetto nella voce.
Minnie aveva visto di tanto in tanto una balena nel Canale della Manica, ma raramente più di una, e sempre a una tale distanza da sembrare più di una massa grigia intermittente, che spruzzava vapore prima di sparire, come un piccolo vulcano molto mobile.
Il Ragazzone si sollevò lentamente dalle profondità accanto alla nave, un enorme — veramente enorme — fantasma blu e grigio, pinne più larghe della nave, che salivano e scendevano sotto le onde, tenendo il tempo silenzioso di una canzone che percepiva ma non poteva sentire. E lentamente — e sembrò un’eternità, ma poteva essere stato non più di tre respiri — si immerse, liscio come l’acqua stessa, e sparì nelle profondità.
«Oh,» disse, molto piano, e Rafe annuì.
«È una vera fortuna vederlo, vostra grazia. Avremo buona fortuna, vedremo se non sarà così.»

domenica 16 novembre 2025

Libro 10: Non mangiare i girini

Roger non poté fare a meno di guardarsi alle spalle. La casa dietro di lui profumava di pane alle noci e di dolce, e pensò di poter ancora sentire gli aromi che facevano venire l’acquolina diffondersi dalle finestre aperte.
La possibilità che Claire non solo fosse uscita di casa il Giorno della Cottura… «il Giorno del Bucato, sì», borbottò, «ma non per la Cottura»… e poi avesse deciso di percorrere a piedi la distanza di oltre un miglio fino al capanno dei Murray nel caldo pomeridiano e fosse riuscita a farlo senza fare alcun rumore o annunciare le sue intenzioni era inverosimile, ma il senso di colpa non conosceva ragione, e si guardò di nuovo alle spalle mentre svoltava sul sentiero.
Il suo stomaco brontolò al pensiero persistente di biscotti allo zucchero e cannella, ma il sentiero dietro di lui era in fermento solo per i lontani gracidii dei corvi che vivevano sugli alberi vicino al belvedere con la spettacolare vista sul Roan Mountain. Automaticamente, ringraziò Dio che Ian Murray non avesse scelto di cadere da lì.
«D'altra parte, se fossi caduto da lì, non staremmo avendo questa particolare conversazione…» Ma il sentiero si faceva più ripido e lui risparmiò il fiato per la salita.
Jenny Murray era seduta sulla veranda, i piedi che dondolavano, e stava istruendo Totìs nell’arte di avvolgere la lana, tenendo d’occhio il piccolo Hunter — conosciuto in famiglia anche come Weejit — che aveva una vaschetta piena di girini e stava inseguendo le sfortunate ranocchiette con entrambe le mani.
«Non metterlo in bocca, stupidino!»  urlò sua nonna, alzano lo sguardo dalla sua lana. 
«Rana,» disse Hunter in tono ragionevole, e tentò di nuovo di mettersi la preda in bocca. Il girino preso dal panico gli saltò di sua mano e atterrò di nuovo nella vaschetta con un piccolo splash, facendo dire ad Hunter, «Oh, cavolo!»
«Non si dice!» dissero sua madre e sua nonna in coro. Rachel uscì sulla veranda, asciugandosi le mani nel grembiule.
«Roger!» La sua faccia si illuminò vedendolo, cosa che gli riscaldò il cuore e sorrise in risposta.
«Come stai, bella ragazza?» chiese. Stava sbocciando, dal dolce gonfiore della gravidanza alle rose sulle guance.
«Bene oggi, ti ringrazio,» disse. «Il desiderio di vomitare alla vista del cibo mi ha lasciata. Anche se il pensiero di ingoiare un girino… Hunter, se non riesci a lasciare in pace quelle creature, dovranno tornare a casa nel loro torrente. È una visita agli infermi, a mhinister, o possiamo fare qualcosa per te?»

*Ritratto di John Everett Millais, Bolle, 1886

domenica 2 novembre 2025

Libro 10: Emergenza

Stavo pulendo l’obiettivo del mio microscopio, cuocendo a fuoco lento la cena, e facendo liste, più o meno simultaneamente, quando sentii qualcuno entrare dalla porta davanti aperta e passi leggeri scalpicciare lungo il corridoio. Mi ero appena alzata quando Totìs irruppe nel mio ambulatorio.
«Nonnina Claire!» Era rosso in viso e ansimava come una macchina a vapore, provando a far uscire parole tra un rantolo e l’altro. «Papa…N-o-n…no…».
«Siediti». Lo presi per un braccio e lo costrinsi a sedersi sulla mia sedia a dondolo, sperando che il movimento lo distraesse abbastanza a lungo da permettergli di riprendere fiato. Diedi una spinta e feci un passo indietro. I suoi occhi si allargarono quando la sedia oscillò, e fortunatamente, la sua bocca fece lo stesso; potevo sentire il sibilo dell’aria e sorrisi.
«Va bene,» dissi. «Continua a respirare. Non parlare. Altri tre buoni respiri e potrai raccontarmi che razza di marachella hanno combinato tuo Padre e tuo Nonno. Oh—» Il pensiero mi venne in mente all’improvviso. «C’è un giovane uomo di nome William coinvolto in qualsiasi cosa sia successo?»
Annuì vigorosamente, e prese il terzo respiro.
«Papa-è-caduto-e-la-sua-gamba-si-è-rotta!»
«Cosa? Voglio dire— dove si trova? Tuo Nonno o William sono con lui?»
«Sì. Noi…eravamo…». Ansimò per qualche secondo, deglutì e mi raccontò tutta la storia, breve e scioccante. Quando ebbe finito, avevo infilato diversi rotoli di bende e bottiglie di acqua con miele nel mio kit di emergenza e avevo la borsa sulla spalla. Afferrai la bottiglia di whisky di emergenza dallo scaffale e uscii nel corridoio, dove Totìs si agitava avanti e indietro.
«Mostrami dove sono,» dissi, e lui sparì attraverso la porta come un colibrì con me all’inseguimento goffo.
[fine della scena]

Jamie e William erano riusciti a tirare il Giovane Ian fuori dal burrone quando li raggiunsi. Era steso sul sentiero, molle e bianco come un morto, e Jamie stava tenendo la testa di suo nipote in grembo, asciugando il sudore dalla faccia del Giovane Ian e sussurrandogli in gaelico. Alzò lo sguardo quando mi vide, ansimante per la corsa, e il suo viso si illuminò.
«Sassenach,» disse. Gli strinsi una spalla e mi appoggiai a lui per mantenere l’equilibrio mentre mi accovacciavo, respirando. Anche Ian stava respirando, ma in sorsi brevi e superficiali. Costole rotte, pensai, ma questo poteva aspettare — lui stava respirando ed era chiaro che la preoccupazione principale fosse la sua gamba sinistra, che quasi sicuramente aveva una frattura composta. Un’affilata estremità di osso macchiato di sangue sporgeva attraverso la pelle di daino strappata sopra lo stinco, e altro sangue si stava accumulando lentamente sotto una gamba piegata in una posizione che mi fece accapponare la pelle.
Il fazzoletto nero di Jamie era avvolto strettamente intorno alla coscia di Ian, e lui aveva messo una stecca sotto il panno e lo aveva attorcigliato, stringendo il laccio emostatico improvvisato. Il sangue stava uscendo lentamente, almeno, e non pulsando, e feci un respiro profondo e misi una mano sul braccio di Ian stringendolo in quella che speravo fosse una rassicurazione.
«Andrà tutto bene, Ian,» dissi, inginocchiandomi per rovistare nel mio zaino, «Presto andrà meglio.»
«Ti prendo in… parola » riuscì a dire, sussultando per lo sforzo.
Non mi preoccupai di prendergli il polso; potevo vederlo battere nell’incavo della gola — rapido ma forte.
«Gli abbiamo dato un po’ di acqua con whisky,» disse William, guardandomi ansioso sopra il corpo del cugino. «Abbiamo fatto bene?»
«Aye, hanno fatto bene» disse Ian con voce rauca. «Datemene un altro po’. E non preoccupatevi dell’acqua.»
Feci sì con un cenno della testa e Jamie tirò fuori una piccola borraccia dalla sua cintura e alzò la testa di Ian. Ian si strozzò e fece qualche spruzzo, il whisky gli colava lungo il collo, ma lo ignorai, procedendo con attenzione a tentoni lungo la gamba ferita. Ian fece un rumore, si strozzò, tossì e fece un altro rumore, più forte.
«Penso di essermela fatta addosso,» disse ansimando.
«Sì,» lo assicurò Jamie. «Non importa, i tuoi pantaloni sono rovinati comunque.»
William scoppiò in una risata colto alla sprovvista, poi si portò la mano alla bocca. Jamie non rise, ma una vibrazione di divertimento passò tra lui e Ian, la cui bocca si contrasse brevemente prima di ansimare e di mordersi il labbro mentre tagliavo i pantaloni di pelle di daino e mi muovevo con cautela lungo la gamba ancora una volta, avvolgendo bende e garza mentre procedevo per aiutare ad arrestare l’emorragia. Nessuna arteria tagliata… ancora …
«Cercami delle stecche piuttosto lunghe, per favore, William. Spesse come il tuo pollice. Dobbiamo raddrizzare — be’ più o meno — e stabilizzare la gamba prima di provare a spostarlo.»
«Provare, dice,» mormorò Ian a bassa voce. «I bambini stanno bene?»
«Stiamo bene, Papa.» La voce di Totìs giunse direttamente dietro di me, cogliendomi di sorpresa. «Ho detto ad Hunter che deve restare a difendere Mammaidh e Colui che sta arrivando, così non avrebbe provato a tornare indietro con me. Ti ho portato una coperta.»
Ce l’aveva e la presi con gratitudine. Era una bella giornata di primavera ma Ian aveva i brividi, piccoli tremori si muovevano sul suo corpo come le onde di terra di un terremoto in arrivo.
«Colui che sta arrivando?» chiese Jamie a Totìs, anche se i suoi occhi erano fissi sulla faccia di Ian. «Come sai che non è Colei che sta arrivando?»
«Lo dice O’karakarahkwa.» rispose Totìs con sicurezza. «Nonnina Jenny dice che è una ragazza perché Mammaidh ha la pancia alta, ma Papa dice che sta facendo la bastian contraria solo per indispettire il Sachem.»
«Non dire queste cose quando la tua Nonnina può sentirti,» disse Jamie istintivamente. I suoi occhi si mossero dalla faccia di Ian alla gamba e di nuovo sulla faccia, e afferrò la spalla di Ian. «Respira un po’ più profondamente se puoi, a bhalaich, e più lentamente. Sembri Bluebell in una giornata calda.»
Non risi, la descrizione dell’ansimare superficiale di Ian era anche troppo appropriata. La faccia e il collo erano cosparsi di sudore freddo. Era un miracolo che non si fosse tagliato l’arteria femorale; c’era quasi sicuramente una frattura chiusa a metà coscia, appena sotto il laccio emostatico di Jamie. 
Ian era chiaramente atterrato in fondo al burrone con tutto il suo peso su una gamba sola — e a giudicare dal fatto che aveva perso il mocassino e che il piede e la caviglia erano incrostati di fango secco — il piede doveva essersi incastrato nel letto del torrente cosparso di rocce quando aveva colpito il suolo, e il suo corpo che precipitava veloce aveva spezzato la gamba intrappolata. In almeno tre punti.
«Non avrai altro whisky fino a che non avrai bevuto altra acqua al miele,» gli dissi, tenendo la voce ferma e salda. Sentii un brivido profondo nelle ossa anche se non lo stavo toccando, e sapevo che stava scivolando in uno stato di shock.
«Arriva fino a casa, a bhalaich,» disse Jamie con calma a Totìs, che stava osservando suo padre con visibile ansia. «Dì alla tua Mammaidh che ho bisogno della sua porta per fare una barella per tuo Padre. Verremo a prenderla, una volta che sarà tolta dai cardini. Reggerai gli attrezzi per lei, aye?»
Diedi a Jamie il resto dell’acqua al miele dal mio zaino perché lo somministrasse, in sorsi, e mi inginocchiai di nuovo vicino a Ian. Odiavo fagli ancora male, ma avevo bisogno di sapere cos’altro poteva essere danneggiato, prima di muoverlo. E dargli qualcosa — per quanto spiacevole — per distrarlo dalla pace illusoria di uno shock per avrebbe potuto ucciderlo.
«Costole rotte?» chiesi. Non aspettai una risposta, ma gli tastai con attenzione entrambi fianchi. Il suo rantolo di dolore in corrispondenza di un tocco a destra, dove c’era una sgradevole sensazione di cedimento, in contrasto con il solido arco delle costole a sinistra. Uno stimolo maggiore mi convinse che solo una costola era effettivamente rotta, anche se il fianco era chiazzato di ombre blu pallido di lividi in via di sviluppo.
Maledizione. Il tuo sangue è dovunque non dovrebbe essere, dannazione…
I suoi occhi erano chiusi, stava respirando superficialmente, ma il suo corpo sembrava essersi leggermente stabilizzato, adattandosi con cautela al suo nuovo stato frammentato. L’abisso dello shock era ancora rannicchiato vicino, ma una bestia vigile, non ancora pronta a scattare.
«Come ti senti, Ian?» Chiedi, più per continuare a farlo parlare che per il bisogno di saperlo; come si sentiva era chiaramente ovvio.
«Potrebbe… andare… peggio, Zietta,» rispose, tra i respiri superficiali. «Sono sicuro di non essermi… spezzato il collo o –o la schiena. Almeno… il serpente non ha… morso nessuno di noi.»
«Serpente?» disse Jamie, guardandosi frettolosamente alle spalle. Ian rise, ma la risata fu interrotta da un gemito ansimante mentre si stringeva il fianco ferito. 
«Non ridere,» gli dissi, inutilmente.
«Whisky,» riuscì a dire, ansimando.
«E non parlare,» gli consigliai, mettendo la borraccia di Jamie tra le sue labbra. Non ne era rimasto molto, ma non aveva senso conservarlo per dopo…
Jamie aveva tirato fuori il suo rosario — che fosse per protezione contro i serpenti o per principio generale — stava facendo rotolare gentilmente i grani tra il pollice e l’indice. Pensai che non stesse recitando il rosario, come diceva lui, ma certamente stava pregando. Anche io, in quel modo torrenziale e terrorizzato che si utilizza nelle emergenze.
Non c’era nient’altro che potessi fare adesso, fisicamente. La conoscenza e il sapore di metallo si depositarono nel mio stomaco come se avessi ingoiato acqua fredda e sporca. Anche le mani di Ian erano fredde ora e i polpastrelli notevolmente pallidi. Gli sfregai le mani, una alla volta, e pensai di sentire piccolo battito in risposta. L’odore di ferro caldo del sangue quasi eclissava il miasma fecale che ci circondava — ma non del tutto.
[continua…]

Ritratto di Gustav Klimt, Igea, 1897

sabato 23 agosto 2025

Prequel: Tra l'erica

[Brian Fraser ha appena portato Ellen MacKenzie via da Castel Leoch – su sua richiesta – e ora sono insieme nell’erica e si chiedono cosa verrà dopo.]
«Lo hai mai fatto prima?» chiese Ellen sospettosa.
«Ah…» L’aveva fatto. Più o meno. Una volta. E che fosse dannato se aveva intenzione di ammetterlo. «E tu
I suoi occhi si aprirono come fiordalisi.
«Oh, aye», disse. «Con mio fratello Dougal.»
«COSA?» Si ritrasse, sentendosi come se il cuore si fosse fermato. Lei si piegò in una palla, ridendo come una matta, e il cuore ricominciò a battere.
«Tu,» disse, puntando un dito verso di lei, «sei una dannata stronzetta, Ellen MacKenzie.»
«Oh, forse.» Stava ancora ridacchiando, ma si fermò quando vide l’espressione sul suo volto. «Non mi credi, vero?»
«Certo che no!» Certo che no. Però, Dougal MacKenzie… la gente diceva…
Lei sbuffò
«Non credi che io sia vergine?»
Perse la pazienza.
«Be’, lo sei?»
«Lo saprai tra un minuto, vuoi?» Si distese sulla schiena, le mani strette a pugno lungo i fianchi, gli occhi chiusi stretti.
La guardò per un momento, strofinandosi distrattamente il mento. Cosa si aspettava che facesse, esattamente?
Aprì un occhio.
«Non vuoi giacere con me?»
«Be’, non posso davvero essere… voglio dire… con te distesa in questo modo…» fece un gesto impotente verso la sua posizione.
«Oh.» Allargò prontamente le gambe, tirando il tessuto della gonna. «Va meglio?»
«Aye, molto meglio,» disse seccamente. «Siediti, ragazza, e baciami.»
Si mise a sedere, ma con circospezione. Rimase seduta immobile, sebbene sollevasse il mento, e lui vide il cuore batterle dentro, un fremito sotto la pelle della gola. Con un breve fremito a sua volta, capì che aveva paura, e che senza dubbio sarebbe morta, piuttosto che ammetterlo.
Allungò una mano con cautela, mettendola a coppa sulla sua guancia, leggera come per sollevare una colomba dal nido. Lei chiuse gli occhi e si leccò il labbro inferiore con una sorta di spasmo. Poi arricciò le labbra, aggrottando leggermente la fronte in concentrazione.
Non lo credeva. Ma lo disse comunque.
«Hai mai baciato nessuno?»
«Be’, mia madre,» disse, ancora imbronciata, gli occhi chiusi. «E Pa’ e le mie sorelle. Vai avanti, dunque.»
Tolse la mano dalla sua guancia, e si massaggiò il viso con entrambi i palmi. «Gesù, Giuseppe e Maria ci proteggano,» mormorò. Stava cominciando a realizzare che rapire Ellen MacKenzie forse non era proprio una cosa semplice che aveva immaginato.
«Perché nessun uomo ti ha mai baciata?» chiese.
«Perché mio padre o i miei Fratelli avrebbero castrato chiunque ci avesse provato,» rispose, aprendo gli occhi e guardandolo direttamente. «Malcom Grant, ci ha provato, bada, e gli ho detto che lo avrei castrato io
La guardò in silenzio per un attimo, studiando la postura rigida delle sue spalle e la sfida nei suoi occhi: una ferocia frutto non dell'innocenza, ma di un’audacia messa alla prova e acuita dall'esperienza. Qualcosa di inespresso passò tra loro, una corrente di comprensione e cautela, un’ammissione che la fiducia non era né data né conquistata facilmente. L'aria era tesa, carica di tutto ciò che era stato trattenuto e di tutto ciò che poteva ancora essere ceduto, ognuno dei due misurava l’altro attraverso parole dette a metà e irascibilità a malapena trattenuta.
«Questo lo ha fermato, vero?» Lei avvertì lo scetticismo nella sua voce e i suoi occhi si strinsero.
«Aye, lo ha fermato,» disse, e sentì una nuova nota nella sua voce. Non era più irritata, se mai lo era stata. 
«Mi ha chiesto di andare a passeggiare in giardino con lui, e Colum mi ha lanciato un’occhiata cespugliosa che diceva che dovevo, e così l’ho fatto. Una volta fuori dalla vista, mi ha presa per un braccio e ha detto che era stato concordato tra lui e Colum che io lo avrei sposato. Poi ha fatto per baciarmi e io l’ho respinto. Ha pensato che fossi timida e ci ha provato ancora – allora ho preso lo sgian dhu dal mio corpetto e ho detto che lo avrei castrato se lo avesse rifatto e se pensava che potesse sposarmi contro la mia volontà, doveva pensare a qualcos’altro.»
Ricordò l'aspetto che aveva quando era arrivata di corsa dal giardino e deglutì.
«E poi cosa?»
Lei lo guardò e poi distolse lo sguardo. Il suo colorito era intenso e il fremito nella sua gola più pronunciato.
«Ha detto,» mordendo le parole, «che era tempo che io imparassi l’obbedienza. E io ho detto che non era in posizione di parlarmi in questo modo. E lui ha detto…» i suoi occhi brillavano adesso, scuri per la rabbia, «che io sarei stata sua moglie, e che lui mi avrebbe resa tale, seduta stante.»
Grant le aveva afferrato entrambi i polsi, ma aveva liberato una mano per lottare con la sua gonna. A quel punto lei gli aveva graffiato gli occhi con la mano libera, aveva liberato l'altro polso con uno strattone e aveva fatto quello che sembrava un tentativo credibile di mettere in pratica la sua minaccia.
«Se n’è andato, comunque,» disse ancora furiosa al pensiero. «E io sono scappata.»
Sentendo tutto questo, gli era venuto in mente un pensiero preoccupato.
«Ascoltami, a nighean ruaidh,» disse, e lei si irrigidì un poco. Prese un respiro profondo, ma doveva dirlo. «Mi hai chiesto di portarti via solo perché non volevi restare per diventare la moglie di Malcolm Grant e pensavi che lo avrei fatto? O… mi volevi? Perché ti dico la verità, ragazza, non prenderò la tua verginità, se è solo perché provi rancore per Grant.»
Era davvero pazzo come diceva Murtagh? Pazzo per aver avuto fiducia in lei, ancora più pazzo per averla portata via.
L’enormità di ciò che aveva fatto stava cominciando a diventargli chiara.

martedì 29 luglio 2025

Libro 10: Ardo per te, Sassenach

[Jamie, William e Claire nell'atrio vicino alla porta d'ingresso aperta, gli uomini in procinto di partire.]
«Vai avanti e saluta Frances, aye?» disse Jamie. «Sta aspettando vicino ai cavalli». William sembrò momentaneamente sorpreso, ma i suoi occhi si spostarono verso Claire e di nuovo verso Jamie. Il ragazzo fece un passo avanti, prese la mano di Claire e si inchinò su di essa.
«Grazie per la tua gentilezza, Madre Claire», disse, e le baciò leggermente le nocche. «Non preoccuparti; lo riporterò indietro sano e salvo». Senza guardare Jamie, si voltò e scese i gradini, due alla volta.
Claire stava sorridendo della sua impudenza, un vero sorriso, e Jamie benedisse il ragazzo per questo. Prima che lo sguardo di terrore potesse tornare in lei, la strinse a sé, le tolse la cuffia e la baciò. Il suo corpo gli venne subito incontro, e le cose furono come dovevano essere, anche se solo per un momento.
«Tha mi a ' losgadh dhut, a Sassunaich», disse. La sua mano era sulla nuca di lei e i suoi capelli, liberati dalla cuffia, gli cadevano sulle nocche, caldi e pesanti. «Agus bidh mi an-còmhnaidh.»
«Hai appena detto che i miei capelli hanno un odore strano?» chiese, tirandosi indietro per guardarlo. Si toccò i capelli, aggrottando un po' le sopracciglia.
«Davvero?» La strinse di nuovo a sé e inspirò ostentatamente. I suoi capelli sapevano del fumo della colazione e dell’odore muschiato delle lenzuola. Fece scorrere delicatamente la mano su di essi, lisciandoli - per quanto era possibile - e infilandoli dietro le orecchie.. Le sue orecchie non sporgevano, ma lui le notò: erano delicate ed eleganti e improvvisamente avrebbe voluto mordicchiarne una e farla squittire, ma non lo fece, dato che sentì la porta del suo ambulatorio aprirsi, a pochi metri di distanza.
Era Frances, che non era fuori con i cavalli. Lei lo guardò, e la cuffia di Claire che aveva in mano, ma poi si guardò oltre la sua spalla e si illuminò al suono dei passi di William sotto il portico.
«Mr. Fraser?» L'ombra di William cadde attraverso la luce del mattino, allungata sulle assi del pavimento, e Jamie chinò la testa e baciò di nuovo sua moglie, prima che potesse pensare che era un addio.
[fine sezione]

Frances ed io stavamo insieme sotto il portico, salutando mentre Jamie e Willie se ne andavano, con il cappello, gli stivali e gli speroni, alti sulle loro selle, armati fino ai denti e con l'aria di essere capaci  di quasi tutto.
Frances sospirò. Anch'io, ma non del tutto, per la stessa ragione. Da tempo avevo perso il conto delle occasioni in cui era partito per fare qualcosa di pericoloso, e allo stesso modo di quante volte ero stata presa dal terrore quando lo aveva fatto. Un terrore che di tanto in tanto era stato giustificato, ma scacciai quel pensiero.
«Be', c'è del sapone da fare», dissi, sperando di sembrare vivace e allegro.
«Che schifo» disse Frances, ma distrattamente, continuando a fissare il sentiero vuoto. Sospirò di nuovo. «Spero che mio marito mi dica cose del genere. Quando ne avrò uno, intendo», aggiunse.
«Cose come cosa?»
Mi guardò, sorpresa.
«Quello che vi ha appena detto Mr. Fraser nell'atrio. In gaelico».
«Cosa…? Che i miei capelli puzzavano di salsiccia bruciata?»
Rise e le sue guance divennero rosa.
«Non è quello che ha detto».
La guardai pensierosa. Ovviamente, Cyrus le aveva insegnato più di quanto pensassi.
«Che cosa ha detto, allora?»
Le sue guance divennero notevolmente più rosa, ma rispose prontamente.
«Ha detto: 'Ardo per te, donna inglese'». Emise un piccolo suono in gola e si guardò i piedi, aggiungendo dolcemente: «E lo farò sempre».
[fine sezione]

Fu solo quando uscii all'aperto per accendere il grande bollitore per fare il sapone che il vento mi soffiò i capelli negli occhi e sentii la mancanza della mia cuffia.
«Frances!» Chiamai. «Andresti a dare un'occhiata all'ingresso? Devo aver lasciato cadere la cuffia sul pavimento».
«No, non lo avete fatto» disse, sbuffando mentre posava un carico di piccoli tronchi. «Mr. Fraser se l'è messa in tasca».
[fine sezione]
*Ritratto di Jean-Baptiste-Simeon Chardin, ca. 1733.

lunedì 14 luglio 2025

Libro 10: Claire & Minnie

[No, non vi dirò dove - o precisamente – quando ha luogo questo estratto. Fuirich agus chi thu che significa “Aspettate e vedrete”, in Gaelico]

«Ho conosciuto vostro marito, tempo fa,» disse la duchessa, con naturalezza, porgendomi un bicchiere di cristallo con del vino rosso frizzante. «Era bello e affascinante, ed ero pazzamente innamorata di lui. O così pensavo.»
Non mi ero mai imbattuta nello champagne rosso prima, se si trattava di questo, ma il bicchiere era pesante nella mia mano, e il contenuto aveva un profumo divino.
«Ho conosciuto vostro marito poco tempo fa,» risposi tranquillamente. «Era un completo idiota, ma non senza un certo fascino.»
Si diede un colpetto della mano sulla bocca, e uno spruzzo di bollicine rosse le uscì dal naso.
Risi anch’io, ma trovai un fazzoletto in tempo per raccogliere il vino che mi scorreva lungo il mento. «Ecco,» dissi, porgendoglielo. Fece un cenno della testa in ringraziamento, tossendo un poco, si tamponò la faccia e me lo restituì.
«Grazie,» disse, «Sì, lo è, cosa che è un vantaggio a metà. Fastidiosamente testardo, ma smuoverebbe cielo e terra per fare ciò che pensa sia giusto, a prescindere da quanto gli costi personalmente. O a chiunque altro.»
«So perfettamente cosa intendete,» dissi mestamente. «Uomini del genere sono pericolosi.»
«Vero,» disse. «Ma mai noiosi. » Ebbi la chiara impressione, dal suo tono di voce, che non vedesse di buon occhio gli uomini noiosi.
«Devo ammettere che un uomo noioso non è molto bravo in un salotto,» dissi, lanciando un’occhiata a un grande vaso di rose rosse su un tavolino con il ripiano di marmo vicino alla porta. 
«E neanche in camera da letto,» concordò
«Fortunatamente non ne ho mai incontrato uno in simili circostanze,» dissi educatamente, «ma quello che voglio dire è che l’essere noioso non è di per sé senza valore. Un uomo noioso mi ha salvato la vita una volta.»
«In virtù dell’essere noioso?» Si sporse in avanti interessata, e versò altro vino nel suo bicchiere, poi sollevò un sopracciglio, e al mio cenno di assenso, riempì anche il mio.
«Esattamente. Rischiavo di essere bruciata come strega – in Scozia,» aggiunsi, e lei annuì come se questo spiegasse tutto, e così fu. «Era un avvocato. Respinse le accuse degli inquisitori della Chiesa, parola per parola, frase per frase, letteralmente per ore. Io stessa, sono quasi morta per la noia,» aggiunsi sinceramente. «ma li trattenne abbastanza  a lungo perché mio marito arrivasse e, ehm, si rendesse conto della cosa.»
«Oh, avrei volute vederlo! Sia la performance del vostro galante avvocato che l’arrivo giusto in tempo di vostro marito.» Sembrava sinceramente dispiaciuta. Sorrisi, ma per un istante sentii il vento freddo del lago e trasalii, aspettandomi un altro colpo sulla schiena nuda.
«Quando è successo?» chiese. «Non siete veramente una strega, suppongo?» Sembrava speranzosa e io risi.
«Alcuni anni fa,» dissi, «e quanto all’essere una strega, sembra essere discutibile, ma no.» Bevvi un sorso piuttosto abbondante. Andò giù liscio, ma con un tocco di insolita acidità. Mi schiarii la gola. «Ehm. Avete visto mio marito di recente?»
«L’ho visto proprio là, ieri pomeriggio,» disse, indicando il tappeto con il motivo a margherite. «Gli ho offerto un letto, naturalmente.»
«Ovviamente,» con un’attenta mancanza di enfasi. «Molto ospitale da parte vostra.»
Mi rivolse un largo sorriso, e mio malgrado, sorrisi a mia volta. La Duchessa di Pardloe era piccola, bionda, elegante – e senza dubbio, una peste. Inoltre, era evidente – non lo stava nascondendo – che amava suo marito ed era preoccupata per lui.
«E dal momento che immagino che attualmente mio marito non sia in nessuno dei vostri letti, vi ha per caso detto dove stava andando?»
[fine dell’estratto]

*Ritratto: Pierre-Auguste Renoir: Confidenze, 1878 


domenica 22 giugno 2025

Libro 10: Pensieri su Hal

[Claire, nel suo ambulatorio, sta cominciando a fare I bagagli. NOTA PER EVITARE CONFUSIONE – NON STA PARTENDO PER CERCARE HAL; I SUOI PREPARATIVI (PER ANDARE A TROVARE QUALCUNALTRO – O ALCUNI ) SEMPLICEMENTE LE FANNO PENSARE A LUI]
Come preparare i bagagli per un'operazione di salvataggio in cui non si ha idea di dove ci si troverà, per quanto tempo o in quali circostanze?
Vestiti… certo, la possibilità di dover socializzare con il tipo di persone che poteva essere scontenta del mio normale guardaroba era remota, ma non potevo neanche non essere presa in considerazione del tutto. Avremmo potuto avere bisogno della buona volontà di qualcuno influente.
Avevo due abiti da sera che potevano essere definiti decenti, uno dei quali aveva bisogno di essere rammendato… ma il pensiero di qualcuno influente ineluttabilmente deviò il mio ingranaggio mentale verso pensieri su Hal.
Dov’era quel dannato uomo? William pensava che suo zio fosse diretto a New York con l’intento di trovare il suo figlio maggiore errante, vivo o morto e … per fare cosa?
Avevo abbastanza familiarità con  sua Grazia, il Duca di Pardloe, da pensare che mentre era testardo quasi quanto Jamie, i suoi sentimenti verso la sua famiglia erano quasi altrettanto esigenti. Dovendo scegliere tra essere fucilato per diserzione e lasciare il suo figlio maggiore in una posizione pericolosa, molto probabilmente, Hal avrebbe scritto a Sir Henry Clinton una lettera in cui dichiarava il suo intento immediato di lasciare l’esercito per un impegno personale, e proseguito con una nota concisa indirizzata a “A chi di dovere” dichiarando che sarebbe stato felice di presenziare alla corte marziale quando era più comodo all’esercito, al suo ritorno.
Che avrebbe fatto quel maledetto uomo se avesse avuto un altro attacco di asma, per strada? Be’ gli avevo insegnato come respirare durante un attacco, così sarebbe potuto sopravvivere…
Sospirai, recitai una breve preghiera per Harold, Duca di Pardloe, stupido e padre, e allungai la mano per prendere un pacchetto di rametti di Ephedra dal secondo scaffale. Per ogni eventualità.