Scusa Chiarlie, i tuoi giorni sembrano probabilmente contati. Dato che sembra che la storia stia andando a rivelarsi proprio come doveva essere prima con la sanguinosa battaglia di Culloden, la caduta dei Giacobiti e il mancato ritorno di un regno Stuart, noi stiamo ipotizzando che forse questo significa che Andrew Gower, l’attore che interpreta il re ribelle, non resterà a lungo nel modo di Outlander
Con la seconda stagione che sia avvia alla conclusione la prossima settimana abbiamo rintracciato Gower in Inghilterra – dove sta facendo uno spettacolo teatrale e era contento di tagliarsi i capelli – per chiedergli di tutto di Bonnie, dalle parrucche e frasi fatte, gare di bevute a come ha studiato la parte e le sue scene preferite.
Quanto eri in confidenza con Outlander prima di ottenere il lavoro?
Sono stato abbastanza fortunato a lavorare con Stephen Walters in Marocco l’anno scorso. Aveva parlato di questa serie nella quale lavorava che aveva un meraviglioso e attento pubblico e una storia molto interessante. Restammo in contatto, essendo entrambi di Liverpool. Quando sono tornato a casa, magicamente ho trovato una riunione per interpretare Bonnie Prince Charlie nel mio account email e il resto è storia. E io e Stephen siamo stati abbastanza fortunati a condividere un piccolo momento insieme nell’Episodio 10. È molto interessante come può essere piccola l’industria e quanto è fatta di coincidenze.
Com’è cambiata la sua vita da quando sei entrato a far parte di uno shows con una così attenta fanbase? La gente ti riconosce quando vesti in modo moderno?
Stephen mi ha detto quanto siano fedeli gli ammiratori e io sono stato fortunato a sperimentarlo di persona. Mi sembra legittimo, io non sono riconosciuto in strada, dovrei essere preoccupato se lo fossi, dato che indosso una parrucca per tutta la durata dello show e ho anche un guardaroba differente e le espressioni del viso che assumo sempre. Il giorno in cui comincerò ad essere riconosciuto come Charlie sarò preoccupato. Non c’è stato niente di tutto questo. Ma virtualmente su Twitter è tremendamente cambiato. Ho molti più follower ora. E tutte buone interazioni. Sono molto contento di poter ancora camminare in strada ogni giorno anche con un paio di pantaloni da jogging e il mio cappello di lana e nessuno sa chi sono. È bello.
Tu interpreti una figura storica, Bonnie Prince Charles Stuart. Hai fatto molte ricerche su di lui?
Moltissime. La biografia di Frank McLynn è diventata la mia bibbia fino a poco fa, quando l’ho persa su un volo tra Edimburgo e Londra. È stato molto importante leggere le sue lettere e sapere di più sul suo legame con il padre e sul suo periodo in Italia e a Parigi. Quando stai interpretando qualcuno che è esistito e ci sono buone fonti materiali su di lui, che sia una biografia o archivi o esperti, saresti stupido a non fare ricerche. Ma c’è un punto nel processo in cui lasci i libri e invece ti concentri sul copione e crei la tua versione.
Qual è stata la cosa più interessante o più sorprendente che hai scoperto?
Devo essere onesto, prima che ottenessi il lavoro, a parte il nome e le cose basilari, non avevo nessuna reale idea di come si inserisse storicamente, non conoscevo i Giacobiti o le loro battaglie. Essendo cresciuto a Liverpool, abbiamo studiato la parte inglese della storia e abbiamo appena toccato la storia scozzese. Perciò tutto per me era una grande rivelazione. Il fatto che egli fosse nato in Italia è stata una bella scoperta. Andò in guerra quando aveva 15 anni. Era solito ballare davanti a gruppi di soldati per intrattenerli.
Come lo descriveresti alla gente? A me sembra che abbia un problema con suo padre. Sembra che abbia bisogno di compiacerlo vincendo questa ribellione.
Del tutto un figlio di papà. Io penso che lui stia avendo una crisi d’identità. Non sa da dove viene o a chi appartiene. Aspira a sedere sul trono britannico e pensa che la via per questo sia questa guerra, ma nei limiti di chi è. Io penso che lui combatta con questo. Si schiera sempre con persone differenti e convinzioni diverse per riuscire a capire il modo di ottenere il potere, ed è veramente devoto in questo senso al punto che crede che sia Dio a volere che lui diventi Re.
Sembra anche essere molto ambizioso, almeno prova a pensare a lungo termine con le sue teorie su come dovrebbero essere trattati i britannici.
Essendo stato scacciato dalla società Britannica e vivendo in Europa, non capisce la linea di demarcazione. C’è un’ingenuità in lui, essendo stato isolato in Italia per tutta la sua infanzia. Quando arriva nelle Highlands, c’è una sorta di innocenza infantile su come sia la politica britannica al momento e non capisce quanta rabbia c’è da parte degli Scozzesi verso i Britannici.
Sembra anche, specialmente negli ultimi episodi, come se lui realmente abbia il desiderio di scendere in battaglia e stare al fianco dei suo uomini. Anche se quando alla fine decidono di farlo partecipare in questo episodio, si perde e fa fallire il loro attacco a sorpresa durante un compleanno.
Sicuramente ha buone intenzioni ma non si mette bene per lui. Penso che aveva il desiderio di fare la sua parte, ma è lontano dall’essere un guerriero. Mi è piaciuto molto che i dettagli della ribellione e delle battaglie siano stati accurati dal punto di vista storico – cose come il sentiero segreto, le condizioni, l’introduzione dei generali – ma anche che lo spettacolo abbia costruito la loro storia all’interno di questo quadro e si sia preso alcune libertà artistiche per il bene della storia. Mi sono preso alcune libertà con Charles, e spero che le persone apprezzino che stiamo cercando di legare l’inizio della serie con la fine della serie.
Mi chiedo se la frese “Mark me” sia basate su ricerche o se sia qualcosa che deriva dai libri o dalla mente degli sceneggiatori?
Non c’è nessun riferimento a questa particolare frase nella mia bibbia su Charlie. È diventata una parte del personaggio. Molto interessante, era nella prima stesura e l’ho letta da cima a fondo per la mia prima apparizione in Outlander. C’era un discorso nel bordello e da quel punto ho voluto aggiungerla. Ho mantenuto l’aggiunta un po’ di più “Mark me” perché sento che è il suo modo di chiedere l’attenzione e dire ”questo è il mio momento. Datemi attenzione” Ho pensato anche che fosse una frase molto militaresca e lui è un tipo interessato a questo come in “Mark my gun” o Mark my sword”. In un certo senso, per me provando a interpretare qualcuno con una mancanza di identità, volevo dargli una frase che usasse in maniera abituale a che dicesse chi è. Le scene dove non l’ho usata, ero un po’ crudo e emotivamente conciato male. Mi è piaciuta la collaborazione con i registi e con gli sceneggiatori nel decidere quando metterne una dentro o quando toglierla. È stata una bella cosa da aggiungere al personaggio.
Hai mai contato quante volte l’hai detta?
Non l’ho fatto. Ma ho sentito che è diventato una gara di bevute. Mi preoccupo che la gente deve bere con ogni mark me. Sono preoccupato per loro la domenica mattina.
Hai una scena preferita nella stagione 2?
Senza dubbio la scena in camera da letto dove io mi arrampico sulla finestra e ho sono stato morso da una scimmia. È stato un adattamento diretto di una scena del libro. È stata una scena divertente da filmare. Un’altra scena che ho amato molto è un episodio intero. Ho amato l’episodio 10, dove ero vestito con il mio tartan e comandavo i miei scozzesi e guardavo gli inglesi. Lavorare di fronte a Dougal (Graham McTavish) e agli altri scozzesi è stato fantastico.
Cosa ha richiesto più tempo per abituarsi – la parrucca, il kilt, i nodi a collo alto e i volant?
La parrucca. Senza dubbio la parrucca. Anche se non ho le ginocchia per il kilt. Se dovessi tornare indietro, lavorerei sulle gambe. Le gambe di Sam Heughan fanno vergognare le mie.
Puoi anticipare qualcosa del finale?
Sto per darvi indizi molto brevi e misteriosi: cera, un combattimento incompiuto e molto Dio.Sarà un grande grande episodio. Da non perdere.
Traduzione di Iolanda
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1 comments:
La somiglianza con Carlo Edoardo è notevole
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