domenica 16 febbraio 2014

MOBY: Senza fiato a Philadelphia

"Dove si trova mio nipote?" Chiese Hal, in grado finalmente di dare peso a qualcosa di diverso dal respiro successivo. "Del resto... dov'è mio fratello?"
"Non lo so," gli dissi, mettendo il bicchiere sul vassoio della signora Figg e afferrando il suo per riempirlo. "Non sto mentendo per nulla a tal proposito. Ma credo tornerà presto." Mi passai una mano sul viso e mi lisciai i capelli all'indietro come potevo. Prima le cose importanti. Avevo un paziente a cui badare.
"Sono sicura che John vuole vedervi tanto quanto voi volete vedere lui. Ma..."
"Oh, ne dubito" disse il duca. I suoi occhi vagarono lentamente su di me, dai piedi nudi ai capelli arruffati, e si formò sul suo volto un debole sguardo divertito. "Dovete dirmi come John... è finito per sposarvi... quando ci sarà tempo."
"Una situazione di disperazione" dissi brevemente. "Ma nel frattempo, dobbiamo portarvi a letto. Signora Figg, la camera da letto sul retro è..."
"Grazie, signora Figg" mi interruppe il duca, "Non ho... la necessità di... " Stava cercando di alzarsi dalla sedia e non aveva abbastanza fiato per parlare. Mi avvicinai a lui e gli lanciai il mio miglior sguardo penetrante da caporeparto.
"Harold", dissi in tono misurato. "Io non sono solo vostra cognata." Il termine mi diede una strana sensazione, ma la ignorai. "Sono il vostro medico. Se voi non...cosa?" Chiesi io. Mi stava fissando con un'espressione molto particolare sul volto, qualcosa tra la sorpresa e il divertimento. "Mi avete invitata ad usare il vostro nome di battesimo, non è vero?"

"L'ho fatto", ammise. "Ma non credo che qualcuno mi abbia mai... davvero chiamato Harold da quando... avevo tre anni." Mi sorrise con un sorriso molto affascinante. "La famiglia mi chiama Hal."
"Hal, allora," dissi, sorridendo di nuovo, ma rifiutando di venir distratta. "State per fare un bel bagno rinfrescante, Hal, e quindi andare a letto."
Lui rise, anche se per poco dovendo ricominciare ad ansimare. Tossì un po', il pugno stretto sotto le costole, e sembrava a disagio, ma si fermò, si schiarì la gola e mi guardò.

"Pensate che io abbia... tre anni. Cognata. Cercando di mandarmi... a letto senza il mio tè?" Si mise con cautela in posizione verticale, mettendosi in piedi. Gli appoggiai una mano sul petto e spinsi. Non aveva alcuna forza nelle gambe e ricadde sulla sedia, stupito e offeso. Ed impaurito, non se n'era accorto, o forse non aveva realizzato - la propria debolezza.

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