venerdì 16 ottobre 2020

Bees: Chiacchiere serali

Era stata una di quelle belle giornate di inizio autunno, quando il sole è luminoso e caldo al suo zenith, ma il freddo si insinua all’alba e al tramonto e le notti sono abbastanza fredde da rendere più che benvenuti un bel fuoco, una coperta pesante e un bell’uomo con tanto corpo caldo nel letto accanto a te.
Il bell’uomo in questione si stiracchiò, gemendo, e ricadde nella lussuria del riposo con un sospiro, la mano sulla mia coscia. Le diedi un colpetto e rotolai verso di lui, smuovendo Adso, che era sceso ai piedi del letto, ma balzò via con un breve mirp! di fastidio a questa indicazione che non volevamo ricadere di nuovo nell’immobilità
“Dunque, Sassenach, che hai fatto tutto il giorno?” chiese Jamie, accarezzandomi il fianco. I suoi occhi erano mezzi chiusi nel piacere sonnolento del calore, ma concentrati sul mio viso.
“Oh, Dio…” L’alba sembrava un secolo fa, ma mi stiracchiai e mi rilassai comodamente al suo tocco. “Faccende domestiche, per la maggior parte… ma un uomo chiamato Herman Mortenson è venuto da Woolam’s Mill in tarda mattinata per farsi incidere e svuotare una cisti pilonidale alla base della schiena; non avevo mai sentito qualcosa di così puzzolente da quando Bluebell si era rotolato in una carcassa di maiale in putrefazione. Ma, poi,” aggiunsi, intuendo che questa poteva non essere la nota giusta con cui cominciare un incontro in una piacevole serata autunnale, “ho passato gran parte del pomeriggio nell’orto, sradicando cespugli di arachidi e raccogliendo gli ultimi fagioli. E parlando con le api, naturalmente.”
“Avevano qualcosa di interessante da dirti, Sassenach?” La carezza si era trasformata in un piacevole massaggio al mio sedere, che aveva il benefico effetto collaterale di farmi inarcare la schiena e premere leggermente il seno contro il suo petto. Usai la mano libera per sciogliermi la sottoveste, prendere un seno e strofinare il mio capezzolo contro il suo, il che gli fece stringere forte il mio sedere e dire qualcosa in gaelico a bassa voce.
“E, um, com’è stata la..tua.. giornata?” chiesi desistendo.
“Se lo rifai, Sassenach, non risponderò delle conseguenze,” disse grattandosi il capezzolo come se fosse stato punto da una grossa zanzara. “Riguardo a quello che ho fatto, ho costruito un nuovo cancello per il porcile da riproduzione. Parlando di maiali.”
“Parlando di maiali…” ripetei, lentamente. “Um… sei andato nel porcile?”
“No. Perchè?”. La sua mano si mosse un po’ più giù, prendendo a coppa la mia natica sinistra. 
“Ho dimenticato di dirtelo, perché eri andato in Tennessee per parlare con Mr. X e il Colonnello Y e non sei tornato per quattro giorni. Ma sono andata lassù…” il porcile era una piccola grotta di calcare più su della casa… “una settimana fa, per prendere un vasetto di trementina che avevo lasciato lì dalla sverminazione, e – sai dove la grotta forma una curva verso sinistra?” 
Annuì, gli occhi fissi sulla mia bocca come per leggermi le labbra.
“Be’, ho girato l’angolo e loro erano lì.”
“Chi?”
“La Scrofa Bianca in persona, con quelle che presumo fossero due delle sue figlie o nipoti… le altre non erano bianche, ma dovevano essere imparentate con lei perché tutte e tre erano della stessa taglia… immensa.” Un maiale selvatico era alto in media circa un metro e venti al garrese e pesante poco meno di novanta chili. La Scrofa Bianca, che non era un maiale selvatico, ma presumibilmente il prodotto di una linea suina allevata per il peso, era molto più vecchia, golosa e feroce della media, e anche se io non ero brava quanto Jamie a stimare il peso del bestiame, avrei detto che pesasse circa centotrenta chili senza un attimo di esitazione. I suoi discendenti non erano tanto più piccoli.

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