Si udirono mormorii indistinti dalla cabina, seguiti da risate. Jamie uscì e si diresse verso poppa, scavalcando accuratamente mucchi di bagagli come un cavallo da tiro in un campo di rane, con una grossa cassetta di legno tra le braccia.
Dopo avermela posata delicatamente in grembo, si tolse scarpe e calze e si sedette accanto a me, immergendo i piedi in acqua con un sospiro di piacere al fresco contatto.
«Che cos’è?» Feci scorrere la mano sopra la cassa, curiosa. «Oh, solo un regalino». Benché non mi guardasse, la punta delle sue orecchie acquistò una tinta rosata. «Aprila, hm?».
Era pesante, larga e profonda. Di uno scuro legno massiccio a grana fine, portava i segni di un lungo uso: tacche e ammaccature che ne avevano stagionato ma non danneggiato la lustra bellezza. Poiché del lucchetto era rimasta solo la patta incernierata, il coperchio si sollevò con facilità sui cardini oliati di ottone, lasciando uscire uno sbuffo di canfora vaporoso come un genio della lampada.
Gli strumenti luccicarono sotto il sole caliginoso, brillanti malgrado la patina dovuta al disuso, ciascuno accuratamente sistemato nella sua tasca di velluto verde.
Una piccola sega finemente dentellata; forbici, tre bisturi: con lama arrotondata, diritta, a paletta; la lama d'argento di un abbassalingua, un tenacolo...
«Jamie!» Incantata, estrassi una corta barretta di ebano al termine della quale era fissata una palla di lana avvolta in un velluto piuttosto tarlato. Ne avevo vista una simile, a Versailles: la versione da diciottesimo secolo di un martelletto per saggiare i riflessi. «Oh, Jamie! Che meraviglia!» Agitò i piedi, compiaciuto.
«Ti piace sul serio?».
«Tantissimo! Oh, guarda... c'è dell'altro nel coperchio, sotto questo risvolto...» Fissai per qualche istante l'insieme sconnesso di tubi, bascule e specchietti, finché, dopo averli mentalmente rimescolati, non riuscii a vederli assemblati nel loro giusto ordine. «Un microscopio!» Lo toccai con riverenza. «Mio Dio, un microscopio!».
«Non è finita», mi fece notare, ansioso di mostrarmi il resto. «Il davanti si apre, e dentro ci sono tanti cassettini».
«Oh, sono bellissimi!» esclamai maneggiando con soggezione il minuscolo bisturi, il cui manico dal legno lucido si adattava perfettamente alla mia mano, quasi fosse stato fatto su misura per me, con la lama bilanciata in mirabile equilibrio. «Oh, Jamie, grazie!».
«Ti piacciono davvero, allora?» Le sue orecchie erano ormai diventate rosso fuoco per la soddisfazione.
«Ti piacciono davvero, allora?» Le sue orecchie erano ormai diventate rosso fuoco per la soddisfazione.
«È un regalo meraviglioso. Dove lo hai trovato?».
A quel punto sorrise, di rimando. Il sole ardeva basso all’orizzonte, una brillante palla arancione che di tanto in tanto faceva capolino tra le cime degli alberi.
«Ho visto la cassetta quando sono andato nella bottega dell'orefice: l'aveva conservata sua moglie. Ci sono tornato ieri con l'intenzione di comprarti un gioiello, magari una spilla; mentre la signora mi mostrava i vari ninnoli, ci siamo messi un po' a chiacchierare di questo e di quello, e poi mi ha raccontato del Dottore, e...» Strinse le spalle.
«Come mai volevi comprarmi un gioiello?» Lo guardai, perplessa.
«Ho visto la cassetta quando sono andato nella bottega dell'orefice: l'aveva conservata sua moglie. Ci sono tornato ieri con l'intenzione di comprarti un gioiello, magari una spilla; mentre la signora mi mostrava i vari ninnoli, ci siamo messi un po' a chiacchierare di questo e di quello, e poi mi ha raccontato del Dottore, e...» Strinse le spalle.
«Come mai volevi comprarmi un gioiello?» Lo guardai, perplessa.
«Oggi sono ventiquattro anni che ti ho sposata, Sassenach», sussurrò. «Spero che tu non abbia ancora avuto motivo di pentirtene».
Tamburi d'Autunno