domenica 24 novembre 2019

Bees: Mrs. Cunningham

Mi sporsi con il fermaglio della persiana in mano, comunque, e vidi un’alta figura nera che si affrettava verso il davanti della casa, le gonne e il mantello che volavano nel vento.
“Tu e il tuo piccolo cane, pure,” mormorai, e arrischiai un’occhiata alla foresta, nell’eventualità di scimmie volanti. Un soffio di aria proruppe nell’ambulatorio oltre me, facendo tintinnare la vetreria e girando le pagine del Manuale Merck che avevo lasciato aperto sul bancone. Fortunatamente avevo preso la precauzione di rimuovere la pagina del copyright.
“Cosa avete detto?” Fanny mi aveva seguita e stava in piedi sulla porta dell’ambulatorio, Blubell che sbagliava dietro di lei.
“Sta arrivando Mrs. Cunningham,” dissi lasciando le persiane aperte e chiudendo la finestra. “Vai e falla entrare, vuoi?” Mettila nel salotto e dille che arrivo subito; forse è venuta per la corteccia di olmo in polvere che le avevo promesso.”
Per quanto riguardava Fanny, Mrs. Cunningham probabilmente era la Malvagia Strega dell’Ovest, e le sue maniere nell’invitare la donna dentro riflettevano tutto questo. Con mia sorpresa, sentii Mrs. Cunningham rifiutare di sedersi in salotto, e in un attimo era sulla porta dell’ambulatorio, scarmigliata come un pipistrello, e pallida come il burro fresco.
“Ho bisogno…” Ma si stava afflosciando verso il pavimento mentre parlava, e cadde tra le mie braccia prima di riuscire a sussurrare, “aiuto”.
Fanny sussultò, ma afferrò la signora Cunningham attorno alla vita e insieme la issammo sul mio tavolo operatorio. Teneva stretto il suo scialle nero con una mano, tenendolo disperatamente. Lo teneva così stretto contro il vento che le sue dita erano bloccate, e fu un lavoro liberare lo scialle.
“Cazzo,” dissi ma leggermente, vedendo qual era il problema. “Come ve lo siete fatto? Fanny, portami il whisky.”
“Sono caduta,” Mrs. Cunningham parlò con voce stridula, cominciando riprendere fiato. “Sono inciampata nel secchio per il carbone, come una stupida.” La sua spalla destra era gravemente lussata, l’omero spostato e il gomito spinto contro le sue costole, l’apparente deformità aggiungeva molto all’impressione della strega.
“Non preoccupatevi,” le dissi, cercando un modo per allentarle il corsetto per ridurre la slogatura senza strappare il tessuto. “Posso sistemarlo.”
“Non avrei barcollato per due miglia in discesa attraverso dei dannati rovi se non avessi pensato che potevate,” sbottò, il calore della stanza cominciava a rianimarla. Sorrisi, e prendendo la bottiglia da Fanny, la stappai e la porsi a Elspeth, che se la mise tra le labbra e prese diversi lenti, profondi sorsi, fermandosi per tossire nel mezzo.
“Vostro marito… conosce…il suo mestiere,” disse con voce roca, restituendo la bottiglia a Fanny.
“Diversi,” concordai. Avevo sciolto il corpetto, ma non riuscivo a liberare la cinghia del corsetto e preferii tagliarlo con un colpo di Damocle del mio bisturi. “Tienila stretta per il petto, per favore Fanny.”
Elspeth Cunningham sapeva esattamente cosa stavo cercando di fare, e digrignando i denti, rilassò deliberatamente i suoi muscoli per quanto poteva - non molto, date le circostanze, ma ogni pezzetto aiutava. Immaginai che dovesse averlo visto fare sulle navi di Sua Maestà – che doveva essere l’origine del linguaggio che stava usando mentre manovravo il suo omero alla giusta angolazione. Fanny sbuffò divertita a “stronzo mangia erba di un fottuto STRONZO!” mentre ruotavo il braccio e la testa dell’omero tornava con un colpo al suo posto.
“È da molto tempo che non sentivo un linguaggio come questo,” disse Fanny, le sue labbra che si arricciavano.
“Se hai a che fare con i marinai, giovane donna, acquisisci le loro virtù e i loro vizi.” La faccia di Elspeth era ancora bianca e lucida come un osso pulito sotto uno strato di sudore, ma la sua voce era ferma e il suo respiro stava ritornando. “E dove, se posso chiedere, hai sentito un linguaggio come questo?”
Fanny mi lanciò un’occhiata, ma io annuii e lei disse semplicemente, “Ho vissuto in un bordello per un certo periodo, ma’am.”
“Davvero.” Mrs. Cunningham tolse il polso dalla mia presa e si mise a sedere, piuttosto traballante, ma si sostenne con la mano buona sul tavolo. “Immagino che anche le sgualdrine debbano avere sia virtù che vizi, allora.”
“Non sono esperta di virtù,” disse Fanny dubbiosa. “A meno che non contiate essere capace di far venire un uomo in due minuti di orologio.
Avevo preso un goccetto di whisky anche io, e mi strozzai.
“Penso che quella potrebbe essere classificata come una competenza, piuttosto che una virtù,” disse Mrs. Cunningham a Fanny. “Anche se una di valore, oserei dire.” 
“Bene, tutti abbiamo i nostri punti forti,” dissi, volendo mettere fine alla conversazione prima che Fanny dicesse qualche altra cosa. La mia relazione con Elspeth Cunningham era diventata cordiale dopo la morte [di X] – ma solo fino a un certo livello. Ci rispettavamo, ma non potevamo essere del tutto amiche, a causa della reciproca ma non riconosciuta consapevolezza che a un certo punto la realtà politica avrebbe potuto obbligare mio marito e suo figlio a tentare di uccidersi a vicenda.

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