Rachel era seduta su una sedia a dondolo sulla veranda in sottoveste, quando William entrò nel boschetto di pioppi dove si trovava il capanno dei Murray. Lei sentì i suoi passi e alzò lo sguardo, la faccia illuminata. Poi vide chi era, e mentre la luce non lasciò i suoi occhi, il suo sorriso cambiò completamente, e prese lo scialle piegato sul bracciolo della sedia dondolo.
«William!» disse, e si alzò, lo scialle stretto sul petto. «Da dove diavolo arrivi?» Il sorriso era caldo e spontaneo – ma sapeva di non essere l’uomo che lei stava aspettando.«Mrs. Murray,» disse, e si inchinò, sorridendo a sua volta. «Servo vostro, ma’am.»
Lei rise.
«Nessun uomo è il servo di un altro, William e so che tu ne sei consapevole.»
«Sono al corrente che gli Amici pensano questo, sì. Ma certamente non mi priverete del piacere di offrirvi i miei miseri servizi –_come_ amico?» Si guardò intorno in cerca di qualcosa da fare; il suo cuore aveva fatto un salto quando l’aveva vista, e non era tornato del tutto al suo posto. Un cestino di verdi baccelli di piselli appena raccolti stava vicino alla sua sedia a dondolo con una ciotola di terracotta gialla, piena per metà di piselli sgranati.
«Sedetevi,» disse. «Ci penso io.»
Si sedette vicino a lei, le gambe che penzolavano oltre il bordo della veranda, e tirò il cestino verso di sé.
Era consapevole di un mucchio di cose al momento, tutte riguardo a Rachel. I suoi capelli scuri erano sciolti, piuttosto scompigliati, e le sue lunghe gambe erano nude e abbronzate sotto l’orlo della sottoveste. Incrociò le caviglie – molto eleganti – quando vide la sua occhiata e lui distolse lo sguardo non volendola mettere in imbarazzo, anche se voleva ancora guardare.
Era sola; la porta del capanno era aperta e non c’era segno di nessuno all’interno.
Nella lunga scalata verso il capanno, non aveva ammesso con sé stesso che sperava di trovarla da sola… ma lo aveva fatto. L’ultima volta che l’aveva incontrata, lei lo aveva schiaffeggiato, dato un calcio nello stinco e chiamato galletto. Non aveva inteso nessuno di questi come un complimento, e lui sperava di fare ammenda.
Comunque, era stato quasi tre anni prima, e lei sembrava abbastanza ben disposta verso di lui al momento… ed era tranquillamente sposata adesso.
«Le mie scuse,» disse, «Avrei dovuto pensare di portarvi qualcosa dal banchetto — c’era un’immensa quantità di cibo; abbastanza da evitare la fame a tutto il Ridge per tre mesi, almeno. Un sacco di pollo fritto, pasticci di tutti i tipi, qualcosa che mi hanno detto era corn fufu — e dal momento che è stata mia sorella a dirmelo, sono incline a crederle — patate dolci con mele e cipolle, e un maiale gigantesco. Hanno detto che è stato arrostito sottoterra per giorni, fino a che la carne non si è staccata dall’osso — l’odore copriva tutto il fianco della collina e il resto della carcassa avrebbe sfamato —
Rachel si alzò in piedi all’improvviso, afferrò il palo che reggeva il tetto della veranda e vomitò fuori dal bordo del porticato.
«Miss Hunter! Voglio dire…Mrs…Mrs…» Nell’agitazione del momento il suo nome da sposata era sparito. «Rachel!» Era scattato quando lei si era alzata, e ora le afferrò il gomito per evitare che cadesse oltre la veranda.
Lei emise un suono inarticolato, facendo un gesto della mano per tenerlo lontano, e poi vomitò di nuovo, in abbondanza. Sembrava malferma anche se stava aggrappata al palo con entrambe le mani ora, e lui le mise un braccio intorno alla vita per stabilizzarla.
«Oh, Gesù!» disse, allo stesso tempo sollevato e sconvolto dal piccolo rigonfiamento rotondo che aveva toccato sotto la sua sottoveste. «Siete incinta!»
Nonostante la sua evidente infermità, gli lanciò un’occhiata che fortunatamente non venne tradotta in inglese.
«Perdonatemi, madam,» disse togliendo con cautela la mano dalla sua cintola.
Lei sventolò una mano, collassando sulla sedia con una forza che la fece oscillare avanti e indietro brevemente. I suoi occhi erano chiusi, la faccia lucida per il sudore ed era diventata del colore del latte cagliato.
«C’è…qualcosa…?» disse, anche se la situazione sembrava del tutto oltre le sue capacità.
La sua gola lunga e delicata si mosse mentre deglutiva e fece una smorfia.
«Sottaceti», disse. «Sottaceti…Latticello» Fece un gesto con una mano molle verso la porta aperta.
Il suggerimento di sottaceti con il latticello lo fece sentire quasi nauseato, ma andò subito dentro e rovistò nella dispensa, dove c’era un piccolo vaso di cetriolini che, dall’odore, erano stati conservati in aceto, aneto, aglio e pepe nero. Sembravano difficilmente adatti a qualcuno con una digestione folle, ma Amaranthus una volta gli aveva raccontato le cose che aveva trovato commestibili durante la gravidanza, tutte peggiori dei cetrioli che sapevano di aglio. E i sottaceti con l’aneto funzionavano contro il mal di mare…