lunedì 31 marzo 2014

MOBY: Una contemplazione d'Inverno

Risoluto, William pagò il suo pasto, si avvolse nel mantello e se ne andò. Non pioveva, il che era una buona cosa.
Era gennaio, però, e le giornate erano ancora corte; le ombre si allungavano mentre si avvicinava al limite della marea di persone nel campo che si erano formate intorno all'esercito. Percorse la sua strada superando un gruppo di lavandaie, i loro bollitori tutti fumanti nell'aria fredda e l'odore di fumo e liscivia che incombeva su di loro in una sorta di foschia quasi da streghe.
"Doppio, doppio lavoro e guai", recitò sottovoce, "Il fuoco brucia e il paiolo bolle. Filetto di serpente di palude, nel paiolo bolle e cuoce. Occhio di tritone e dito di zampa di rana, peli di pipistrello e lingua di cane..."* Non riuscì a ricordare ciò che veniva dopo e rinunciò a sforzarsi.

Al di là delle lavandaie, il terreno era smosso, macchie paludose intervallate da parti più alte di terreno, circondate da alberi rachitici e bassi cespugli - e ovviamente fornivano una base, per così dire, per le prostitute per esercitare il loro mestiere.
Si tenne a debita distanza e di conseguenza si trovò a camminare attraverso qualcosa che non era proprio una palude, ma poco ci mancava. Era straordinariamente bella, però, in una sorta di passaggio di chiaroscuro, la luce morente in qualche modo faceva spiccare ogni sterile ramoscello in netto contrasto con l'aria, le gemme spuntate ancora dormienti, ma arrotondate, in equilibrio tra la morte dell'inverno e la vita della primavera. Desiderava avere un momento per poterlo disegnare, o dipingere o scrivere poesie, ma tant'è, poteva solo fermarsi pochi secondi ad ammirarlo.
Mentre lo faceva, però, sentì una forma di stabilità nel suo cuore, la tranquilla convinzione che anche se aveva solo quei pochi secondi, li avrebbe avuti per sempre, sarebbe potuto tornare in quel posto, questa volta nella sua mente.
Aveva ragione, anche se non per i motivi che credeva. 


*dalla scena delle tre streghe di Macbeth di William Shakespeare

domenica 30 marzo 2014

MOBY: A caccia noi andiamo

Jamie prese saldamente la parte posteriore della camicia di Germain, e fece un cenno con la mano libera a Ian, che teneva la torcia. 
"Prima guarda sopra l’acqua, aye?" sussurrò Jamie, alzando il mento allo scintillio nero della palude sommersa. Era bloccato da ciuffi di Spartina all’altezza della vita, e da piccole foglie d’acqua, verde brillante alla luce delle torce. Questo era un punto profondo, però, con due o tre di quelle che i nativi chiamavano "amache", anche se evidentemente intendevano "collinette" – piccole isole, con alberi come cera di mirto e sempreverdi cespugli di agrifoglio, sebbene anche questi fossero di natura spinosa, come tutto il resto in una palude, salvo le rane e i pesci. 
Alcuni degli appuntiti abitanti della palude, tuttavia, si muovevano e non erano qualcosa che vorresti incontrare inaspettatamente. Germain scrutò obbediente nel buio, la sua fiocina tenuta stretta e in alto, pronta per il movimento. Jamie lo sentiva tremare, in parte per il freddo, ma soprattutto, pensò, per l'emozione. 
Un movimento improvviso ruppe la superficie dell'acqua, e Germain si lanciò in avanti, gettando la sua lancia in acqua con un urlo acuto. 
Fergus e Jamie lanciarono grida molto più profonde, afferrando Germain per un braccio e tirandolo indietro sopra il fango, il Cottonmouth (serpente velenoso) irritato che aveva quasi infilzato si girò verso di lui sferzante, abissando la bocca in un bagliore bianco. 
Ma il serpente fortunatamente aveva affari altrove e nuotò con sinuosità arrabbiata. Ian, al sicuro fuori portata, se la rideva. 
"Penso sia divertente, vuoi farlo anche tu?", disse Germain, accigliato fingendo di non tremare. 
"Sì, lo farò", lo rassicurò suo cugino. "Sarebbe stato anche più divertente se foste stati mangiati da un alligatore, però. Guardate lì" Sollevò la torcia e la puntò; a dieci metri di distanza, c'era un’increspatura nell’acqua, tra loro e l'amaca più vicina.

Grazie a Stefania per la traduzione

giovedì 27 marzo 2014

MOBY: Pratica Ginecologica

"Questa è Sophronia. Una delle schiave di mio marito" le labbra della signora Bradshaw compresse e serrate, dalle linee che circondavano la sua bocca, lo faceva continuamente. "Lei - è - ho pensato che forse-" Il suo viso piuttosto insignificante diventò color cremisi, non riusciva a descrivere il problema. 
"So cos’è," dissi, salvandola dalla difficoltà. Feci il giro del tavolo e presi Sophronia per mano, era piccola e molto callosa, ma le unghie erano pulite. Una schiava di casa, allora. "Cosa è successo al bambino?" le chiesi gentilmente. 
Assunse un piccolo e spaventato respiro e guardò di sottecchi la signora Bradshaw, che le diede un altro cenno tagliente, le labbra ancora increspate. 
"E' morto dentro di me", disse la ragazza, così piano che potei a malapena sentirla, anche se non era altro che alla lunghezza di un braccio da me. "Dey l’ha tagliato a pezzi." Questo aveva probabilmente salvato la vita della ragazza, ma sicuramente non aveva aiutato la sua condizione. 
Nonostante l'odore presi un respiro profondo, cercando di tenere le mie emozioni sotto controllo. 
"Ho bisogno di esaminare Sophronia, signora Bradshaw. Se ha delle commissioni, forse le piacerebbe andare e prendervi cura di loro...?" 
Lei aprì le labbra abbastanza da fare un piccolo rumore frustrato. Ovviamente, non avrebbe voluto niente di meglio che lasciare la ragazza e non tornare mai più. Ma altrettanto ovviamente, aveva paura di quello che la schiava avrebbe potuto dirmi se l’avesse lasciata sola con me. 
"Era il bambino di vostro marito?" chiesi senza mezzi termini. Non avevo il tempo di tergiversare, la povera ragazza grondava urina e materia fecale sul pavimento e sembrava disposta a morire dalla vergogna. 
Dubitai che la signora Bradshaw intendesse morire di tale condizione, ma chiaramente la sentiva tanto intensamente quanto Sophronia. Diventò bianca per lo shock, poi il suo viso arrossì di nuovo. Si girò sui tacchi e combattuta andò fuori, sbattendo la porta dietro di sé. 
"Lo prendo come un 'sì', allora," dissi alla porta, e mi voltai verso la ragazza, sorridente di rassicurazione. "Ecco, tesoro. Diamo uno sguardo al problema, va bene?"

Grazie a Stefania per la traduzione

lunedì 24 marzo 2014

MOBY: Ospitalità

"Siete malato? Potrei darvi dello sciroppo di rabarbaro," offrì la signora Hardman. Jamie le riuscì a sorridere scuotendo la testa.
"Vi ringrazio, signora. Non è che una contrattura alla schiena. Quando diminuirà, andrà meglio." Il problema era che fino a che non fosse diminuito, lui era completamente impotente e la realizzazione gli diede un improvviso senso di panico.
"Oh." La donna esitò per un momento, girandosi attorno, ma poi il bambino iniziò a piangere e si voltò a prenderlo. Una bambina, di cinque o sei anni, pensò, una piccola creaturina, strisciò fuori da sotto il letto e lo guardò incuriosita.
"Hai intenzione di rimanere a cena?" Chiese lei ad alta voce, con tono deciso. Lo guardò con un cipiglio indagatore. "Sembri uno che mangia un sacco."
Rivalutò la sua stima dell'età della bambina sugli otto o nove anni, e le sorrise. Stava ancora sudando per il dolore, ma stava migliorando un po'.

"Non prenderò cibo, a nighean," la rassicurò. "In effetti, c'è del buon pane e un po' di carne secca nella mia sacca: sono per te." I suoi occhi si allargarono come monetine e lui aggiunse, "per la tua famiglia, voglio dire."
Guardò con entusiasmo la borsa, deglutendo dolorosamente mentre la sua bocca si riempiva di acquolina; potè sentirla deglutire e gli si strinse il cuore .
"Pru!" Sussurrò, girandosi con urgenza verso il tavolo. "Cibo!"
Un'altra piccola bambina strisciò fuori e si fermò accanto alla sorella. Erano entrambe chiare come le staccionate bianche anche se non si assomigliano molto.
"Ho sentito", disse la sorella appena arrivata e si diede a Jamie uno sguardo solenne.
"Non farti dare dalla mamma lo sciroppo di rabarbaro," gli consigliò. "Mi fa cacare fuoco e se non riesci ad arrivare alla latrina..."
"Prudece!"

Prudence chiuse cortesemente la bocca, anche se continuava a guardare Jamie con interesse. Sua sorella si inginocchiò e frugò sotto il letto tirandone fuori un oggetto di famiglia, un oggetto familiare di terracotta marrone che gli diede da ispezionare.
"Ci giriamo dall'altra parte, signore, se avesse bisogno di..."
"Patience!"

Recensendo La Straniera


Anche se è uscito da qualche tempo, il libro de La Straniera attira sempre molti lettori...assolutamente meritati!

Vi proponiamo qui la recensione di un'Outlander
che è stata catapultata nel mondo di Jamie e Claire attraverso le pagine e le parole di Diana Gabaldon.





Avete un blog e avete scritto la vostra recesione di uno dei libri della serie di Diana Gabaldon, Outlander e Lord John e volete condividerla con noi? Contattateci tramite twitter o facebook e la condivideremo con gli altri Outlanders ;)

sabato 22 marzo 2014

MOBY: la prima cosa che un buon principio fa...

...è uccidere qualcuno

William poteva sentire il sangue raggrupparsi nel ventre e pensava di svenire, ma non per le sue minacce.
"Cosa?", chiese col fiato corto. "Sei una quacchera. Non credi nella violenza. Ergo, non puoi - o almeno non dovresti" si corresse vedendo lo sguardo pericoloso negli occhi di lei "- pugnalarmi. Probabilmente non dovresti nemmeno colpirmi. Allora, cosa hai in mente?"
Lei lo colpì. La sua mano schizzò come un serpente e lo schiaffeggiò abbastanza forte da farlo barcollare.
"Così ora hai condannato un tuo famigliare, ripudiato tuo padre e mi hai fatto infrangere i miei principi. Cos'altro?"
"Oh, dannazione," disse e la afferrò per le braccia, la tirò verso di sé e la baciò. La lsciò andare e fece un passo indietro, in fretta, lasciandola ansimante. Il cane gli ringhiò contro. Lei lo fissò, sputò per terra ai suoi piedi poi si asciugò le labbra con la manica e voltandosi, andò fuori, il cane alle calcagna gli lanciò uno sguardo arrossato a William.
"Sputare sulle persone è uno dei vostri dannati principi?" Le gridò.
Lei si voltò di scatto, i pugni serrati lungo i fianchi.

"E aggredire le donne è uno dei tuoi?" Urlò in risposta, per il divertimento dei commilitoni che erano in piedi per la strada, appoggiati alle loro armi e a bocca aperta per lo spettacolo che veniva loro offerto.
Gettando il suo cappello per terra ai piedi di lui, girò sui tacchi e se ne andò via, prima che potesse dirle altro.


da Written in my Own Heart's Blood

venerdì 21 marzo 2014

Capitoli della sezione 7

I libri di Diana Gabaldon sono sempre stati abbastanza corposi...e anche Written in my Own Heart's Blood (in uscita in America il 10 giugno e in Italia verso la fine dell'anno), non sarà da meno!
I titoli dei capitoli precedenti li potete trovare qui [1-46] - [47-81] - [82-94] - [95-110] mentre questi sono i nuovi 'arrivi' della sezione 7 intitolata 'Ricerca e Soccorso'
 
CAPITOLO 111 : Un lontano massacro
CAPITOLO 112 : Caccia alla luce del giorno
CAPITOLO 113 : Grazie per tutto il pesce* titolo del libro della trilogia di Douglas Adams, 'Guida Galattica per Autostoppisti'
CAPITOLO 114 : La fede è una saggia scommessa
CAPITOLO 115 : A caccia noi andremo
CAPITOLO 116 : In una zona di rovi
CAPITOLO 117 : La seconda legge della termondinamica
CAPITOLO 118 : "Ahimè, povero Yorick!"
CAPITOLO 119 : Un crepitio dei tormenti
CAPITOLO 120 : Camminare sui carboni
CAPITOLO 121 :Terra consacrata

giovedì 20 marzo 2014

MOBY: Non oggi

Quando l'avevo perso la prima volta, prima di Culloden, avevo ricordato. Ogni momento della nostra ultima notte insieme. Piccole cose sarebbero tornate da me negli anni: il sapore del sale sulla sua tempia e la curva del suo cranio mentre gli abbracciavo la testa, i capelli morbidi alla base del collo, spessi e umidi tra le dita... l'improvviso e magico scorrere del suo sangue alle prime luci quando gli avevo tagliato la mano e lo avevo marchiato per sempre come mio. Quelle cose lo avevano tenuto con me.
E quando lo avevo perso quella volta in mare, avevo ricordato la sensazione di lui accanto a me, caldo e solido nel mio letto e il ritmo del suo respiro. La luce attraverso le ossa del suo viso al chiaro di luna e il colore della sua pelle all'alba. Lo sentivo respirare, quando mi stendevo sul letto da sola nella mia stanza a Chestnut Street - lento, regolare, che non si fermava mai - anche se sapevo che si era fermato. Il suono mi confortava e poi mi faceva impazzire con la consapevolezza della perdita, così mi sistemai il duro cuscino sopra la testa in un futile tentativo di chiuderlo fuori -  solo per emergere nella notte della stanza, piena di fumo di legna e di candele e di fioca luce, ed essere confortata dal sentirlo di nuovo.
Se questa volta... ma lui si girò, all'improvviso, come se avessi chiamato il suo nome. Mi si avvicinò rapidamente, mi afferrò per le braccia e mi disse a bassa voce, "Non sarà neanche oggi".
Poi mi strinse tra le braccia e si avvicinò in punta di piedi in un profondo, morbido bacio. Riuscii a sentire delle brevi esclamazioni dagli uomini nelle vicinanze, ma non mi importava. Anche se fosse stato oggi, avrei ricordato.

mercoledì 19 marzo 2014

MOBY: Maschio Fraser

La conversazione a cena era leggera e a portata di bambino; Gail chiese a Mandy se le piaceva Barbie e se avesse una con le scarpe si potevano togliere e Joe parlava di calcio e di baseball - Jem era un grande tifoso dei Red Sox ed era autorizzato a rimanere alzato fino ad ore assurde per ascoltare le rare trasmissioni radio con la madre. Brianna contribuiva con niente di più che un sorriso di circostanza e sentì la tensione che lentamente le lasciava collo e spalle.
Era tornato, anche se con meno intensità, quando finì la cena e Mandy - mezza addormentata con il braccio nel suo piatto - venne portata a letto da Gail canticchiando "Jesu, Joy of Man’s Desiring" con una voce simile ad un violoncello. Bree si alzò per raccogliere i piatti sporchi, ma Joe la fermò alzandosi dalla sedia.
"Lasciali, tesoro. Vieni a parlare con me nello studio. Porta il resto del vino", aggiunse, poi sorrise a Jem. "Jem, perchè non sali a chiedere a Gail se vi và di guardare la TV in camera?"

Jem aveva una macchia di sugo degli spaghetti all'angolo della bocca e i capelli gli sporgevano su un lato come aghi di porcospino. Era un po' pallido per il viaggio, ma il cibo lo aveva rinvigorito ed i suoi occhi luccicarono in allerta.
"No, signore" disse rispettosamente e spinse indietro la propria sedia. "Starò qui con mia mamma."
"Non ce n'è bisogno, tesoro," disse. "Zio Joe ed io dobbiamo parlare di cosa da adulti. Tu..."
"Io resto".

Lei gli rivolse uno sguardo duro, ma riconobbe subito con una combinazione di orrore e fascino, un maschio Fraser dalla mente decisa.
Il labbro inferiore gli tremò solo un po'. Chiuse la bocca forte per fermarlo e guardò solennemente prima lei poi Joe e viceversa.
"Papà non è qui", disse e deglutì. "E neanche il Nonno. Io... io resto."

Lei non riusciva a parlare. Joe annuì, anche se, solennemente come Jem, prese una lattina di Coca Cola dal frigorifero e fece strada verso lo studio. Lei li seguì stringendo la bottiglia di vino e i due bicchieri.

Lá na nAithreacha sona duit

"Mi chiamo Brianna", rispose. Lo vide corrugare la fronte, incerto, e poi i suoi occhi ebbero un guizzo. Lo sapeva! Aveva già sentito quel nome e significava qualcosa per lui. Deglutì a fatica, sentendosi avvampare le guance come se se le fosse scottate alla fiamma di una candela.
"Sono tua figlia", dichiarò, con una voce che suonò strozzata alle sue stesse orecchie. "Brianna."
Lui rimase immobile, senza cambiare minimamente espressione.
L'aveva sentita, tuttavia; impallidì, dopodiché un intenso, doloroso rossore gli salì su dalla gola e gli inondò il viso, improvviso come un fuoco tra le stoppie e altrettanto vivido di quello di lei.
[..] "Puoi... chiamarmi Pa' ", le suggerì. La sua voce era roca; si fermò per schiarirsela. "Se... se vuoi, cioè", soggiunse schivo.
"Pa' ", ripetè lei, e si sentì spuntare un sorriso spontaneo sulle labbra, non sciupato dalle lacrime. "Pa'. È gaelico?"
Lui ricambiò il suo sorriso, con gli angoli della bocca appena tremolanti. "No. È solo... semplice."
E di colpo tutto fu semplice. Lui allargò le braccia, lei gli andò incontro e scoprì di essersi sbagliata: era davvero grande e grosso come si era immaginata, e il suo abbraccio la strinse con una forza quale non aveva mai osato sperare.


da Passione oltre il Tempo

martedì 18 marzo 2014

MOBY: Il giorno della battaglia

Jamie si diresse verso le compagnie in attesa, liberamente assemblate vicino al fiume. Il respiro dell'acqua e la nebbia che vi salivano lo consolarono, avvolgendolo un po' più a lungo nella pace della notte e il senso profondo dei suoi uomini, alle sue spalle. Aveva detto a Ian Mòr di stare con Ian Òg, come era giusto, ma aveva la strana sensazione che ci fossero altri tre uomini con lui. 
Aveva bisogno della forza della sua morte. Trecento uomini e li aveva conosciuti da meno di tre giorni. Prima, quando aveva preso gli uomini in battaglia, erano uomini del suo stesso sangue, del suo clan; uomini che lo conoscevano, che si fidavano di lui – lui li conosceva e si fidava di loro. Questi uomini erano sconosciuti per lui, eppure le loro vite erano nelle sue mani. 
Foto di Matt Roberts
Non era preoccupato per la loro mancanza di preparazione, erano agitati e indisciplinati, una mera marmaglia in contrasto con gli Regolari Continentali che aveva addestrato per tutto l'inverno sotto von Steuben - il pensiero del piccolo Prussiano a forma di botte lo fece sorridere - ma le sue truppe erano sempre formate da questo tipo di uomini: agricoltori e cacciatori, prelevati dalle loro occupazioni quotidiane, armati di falci e zappe più che con fucili o spade. Avevano combattuto come demoni per lui - con lui - e si fidavano. 
"Come va, allora, reverendo?" Disse piano al ministro, che aveva appena benedetto il suo gregge di volontari ed era curvo tra loro nel suo cappotto nero, con le braccia ancora per metà aperte come uno spaventapasseri protegge il suo campo nebbioso all'alba. Il volto dell'uomo, dall'aspetto sempre piuttosto severo, si illuminò vedendolo, e si rese conto che il cielo aveva cominciato a brillare. 
"Tutto bene, Sir", disse burbero Woodsworth. "Siamo pronti".

da Written in my Own Heart's Blood
Grazie a Stefania per la traduzione

Piccoli incidenti sul set

Il Capitan Darling attaccato da un branco di 'enormi' cani durante le riprese in Scozia

Diana supporta la protesta

Forse alcuni non sanno che da qualche tempo in Scozia è in atto una protesta contro un progetto edilizio che prevede la costruzione di un complesso residenziale nelle immediate vicinanze del campo di battaglia di Culloden.
In molti sono sono schierati a difesa di questo luogo di importanza storica...e ora anche Diana ha preso le parti di questa (giusta) protesta:

L'autrice di best-seller Diana Gabaldon ha aderito alla manifestazione e ha parlato contro i piani per le nuove costruzioni di case vicino al famoso campo di battaglia di Culloden.

Supporto ad una Outlander iniziativa

Vi riporto qui una petizione organizzata dal nostro blog amico Forastera-Outlander per chiedere alla casa editrice spagnola una stampa 'consona' dei libri della saga di Diana Gabaldon.
Infatti, molti dei loro libri sono stati martoriati (dalla foto potete vedere quale sia il grado del taglia-cuci) e avendo provato sulla nostra pelle cosa si prova ad avere un'edizione a pezzi e bocconi (Ovunque nel tempo ci ha segnato un pò tutti), un'aiuto è d'obbligo.
Per firmare la peritizione, cliccate su questo link

Per chi se lo stesse domandando, ci stiamo organizzando per una petizione pro Lord John e cercare di sensibilizzare la pubblicazione dell'ultimo libro della trilogia a lui dedicata in Italia (stiamo lavorando per capire se percorrere questa strada possa portare effettivamente la Corbaccio a prendere in considerazione la cosa ;) )

sabato 15 marzo 2014

Wentworth, qualcosa da spiegare

La scena della prigione di Wentworth che ci viene raccontata da Jamie è forte, cruda e strazia il cuore. 
Il perchè di questa scena viene spiegato direttamente da Diana a seguito di una domanda 'ma perché far passare al nostre eroe tanto dolore e sofferenza?' da parte di un lettore Justin Brady ( @ RandomAngst su Twitter, che gestisce il sito di recensioni/valutazioni di libri Random Angst www.randomangst.com ).
Questa è stata la sua risposta

La risposta più semplice è che questo doveva accadere, ma non è abbastanza per un
lettore. Csempre un motivo per cui le cose accadono o sono necessarie. Quindi che motivo c'è qui?
In parte, è perché è una storia di grande interesse. Quasi tutti capiscono che bisogna avere qualcosa di particolare interesse in una storia perchè sia buona. E troppi thriller e romanzi  danno per scontato che sia colpa del Fato dell'Universo Conosciuto, questi autori sbagliano scala di intensità. Non importa quale sia la storia generale, una storia che si concentra sull'impatto degli eventi sulle vite di uno o due sarà - in generale - molto più coinvolgente ed emotivamente intenso di quello in cui tutti correre su e giù cercando di salvare il pianeta o mettere le mani sulla bomba fortunium che potrebbe distruggere tutto!
Quindi, Outlander è una storia di Grandi Interessi - a livello individuale - in tutto. E' una storia d'amore, certo, e su tutto su ciò che la gente fa per amore dell'amore. Claire, per esempio, sceglie di abbandonare la vita che conosceva, la sicurezza del 20° secolo ed il marito aveva amato. Sceglie la scomodità, il pericolo e il dolore emotivo per poter stare con Jamie.
Ma il loro amore è sempre reciproco. Non si tratta di un partner che fa un sacrificio per il bene dell'altro. In tutta la storia, si salvano a vicenda. E la posta in gioco è alta. Jamie sposa Claire inizialmente per salvarla da Black Jack Randall. Avrebbe fatto una cosa così sorprendente se Jack Randall non fosse davvero una seria minaccia? Lui è una seria minaccia, lo apprendiamo dalla storia di Jamie. L'uomo è un vero sadico psicopatico che ha sostanzialmente ha distrutto la famiglia di Jamie e li ha gravemente feriti, sia fisicamente che emotivamente. Ed è qui che Jamie giura di dare a Claire tutto ciò che ha, la protezione del suo nome e del suo clan - e la protezione del suo corpo - per salvarla da quest'uomo.
Poi lei viene salvata, fisicamente e subito, da Randall, quando Randall la cattura e la aggredisce a Fort William - anche se, così facendo, mette non solo se stesso, ma tutti quanti con lui in grave pericolo e lo fa con un costo emotivo oltre che fisico. 


"Be’, io ero legato a quel palo, legato come un animale, e sono stato frustato a sangue! Ne porterò le cicatrici fino alla morte. Se non avessi avuto una fortuna sfacciata, oggi pomeriggio, questo era il meno che potesse capitarmi. Mi avrebbero di nuovo spellato vivo, e poi impiccato. Io lo sapevo, eppure non ho esitato un attimo a venire a cercarti." 

La posta in gioco è più alta, la minaccia di Jamie (e Claire) da parte del capitano Randall è aumentata.
Uno, due, tre. La Regola del Tre. E' uno dei più importanti schemi di chi scrive storia; un evento può essere sorprendente. Gli eventi successivi correlati creno risonanza. Ma la terza ti porta alla base - WHAM. ( Cioè perché le fiabe classiche coinvolgono sempre tre fratelli, tre sorelle, tre fate, ecc - e perché la classica forma per una barzelletta inizia sempre con 'un prete, un ministro e un rabbino...' Il culmine del storia, la battuta finale della barzelletta arriva sempre sulla terza iterazione.) Il terzo incontro con Black Jack Randall è l'apice, il punto in cui la posta in gioco è più alta. Jamie è stato catturato e ferito in modo grave, Claire va a salvarlo, ma Randall si riprende e la fa sua prigioniera minacciando la sua vita.
OK. Questa è una minaccia credibile. Ergo, dobbiamo vedere (e sentire) il vero danno che Randall ha fatto a Jamie finora, non dobbiamo avere alcun dubbio che avrebbe fatto davvero un danno a Claire. Non possiamo dire, " Oh, lui è una persona bruttissima, da non credere... " C'è la reale necessità di capire e quindi apprezzare che quello che Jamie sta facendo quando scambia il tempo che resta della propria vita per Claire.
E perché lo si possa credere che condividiamo sia la disperazione di Jamie e la disperazione di Claire.
Quindi, OK. In tutto il libro abbiamo visto che l'amore ha un costo. Jamie e Claire hanno costruito un rapporto tramite uno sforzo onesto, un rapporto che vale ciò che è costato loro. Questa è la sfida finale e Jamie è disposto a pagare quello che a quanto pare sarà il costo finale.
Perché dovrei buttare via tutto? Farlo scappare da stupri e torture (lui - e noi - sappiamo quello che sta per accadere) per il rotto della cuffia sarebbe come sottostimare il suo sacrificio, per renderlo solo di un momento.

In questo modo l'amore ha un costo ed è un costo vero. Ma si salvano a vicenda e Claire salva non solo la sua vita, la sua amina. La sua anima non sarebbe stata in pericolo se non ne fosse davvero uscito quasi distrutto da il suo sacrificio.
Voglio dire, aveva Claire che gli infondeva forza nel momento giusto e l'ha salvato prima che venisse sopraffatto da tutto quel dolore e sofferenza.... beh, sarebbe stata una bella e commuovente storia dove l'eroe e l'eroina vincono sul male e cavalcano verso il tramonto insieme. Ma non avrebbe avuto la metà della potenza di una storia in cui Jamie e Claire combattono realmente il vero male e quindi mostrano ciò che è l'amore vero. Il vero amore ha dei costi...e ne valgono la pena.
Ho sempre detto che tutti i miei libri hanno una forma geometrica interna e OUTLANDER è costituito da tre triangoli leggermente sovrapposti. Il vertice di ogni triangolo è uno dei tre climax emotivi del libro 

1. quando Claire fa la sua scelta lacerante nella scena delle pietre 
2. quando salva Jamie da Wentworth 
3. quando salva la sua anima all'Abbazia
Sarebbe stata comunque una buona storia, se avessi avuto solo i punti 1 e 2 ,ma c'è la Regola del Tre. Una storia che ha l'1, il 2 e il 3 è molto più d'impatto di un semplice uno-due.


venerdì 14 marzo 2014

MOBY: Preparazione di un Matrimonio

"Bene", disse alla fine. Si fermò per un attimo, pensieroso, e Jamie aspettò pazientemente. Nathanael Greene era un uomo dalle forti convinzioni, ma non mise loro fretta. Jamie si domandò cosa ci fosse da considerare nella sua domanda - che i quaccheri avessero abitudini più strane di quanto lui stesso pensasse?
"Bene", disse Green di nuovo ed espirò raddrizzando le spalle. "Devo dirle, Colonnello, che io stesso considero me stesso un Amico, essendo cresciuto in quel Gruppo." Lanciò a Jamie uno sguardo tagliente. "E devo anche dirvi che la causa della mia partenza è stata per la disapprovazione delle loro mentalità ristrette e supertiziose. Se vostro nipote ha intenzione di diventare un quacchero, signore, vi consiglierei di fare del vostro meglio per dissuaderlo."
 "Ah. Beh, questo è il problema, ne deduco," Jamie rispose tranquillamente. "Non intende diventare quacchero. E penso sia una decisione saggia; non è per nulla la persona adatta".
Greene si rilassò un poco sentendolo e arrivò anche a sorridere, anche se ironicamente.

"Sono contento di sentirlo. Ma non ha alcuna obiezione che la moglie rimanga un'affiliata?"
"Penso che lui abbia più buonsenso che suggerire il contrario."
La cosa fece ridere Greene.
"Forse gestirà il matrimonio abbastanza bene, allora."
"Oh, sarà un ottimo marito per la ragazza, non ho dubbi in proposito. E' il farli sposare che sembra difficile".
"Ah. Sì". Greene guardò intorno alla fattoria, asciugandosi il viso bagnato con un fazzoletto appallottolato. "Potrebbe in realtà essere molto difficile, se la giovane ... beh. Fatemi pensare un attimo. Nel frattempo... il pozzo è buono, ma non possiamo immagazzinarci la polvere; non è rimasto molto del tetto e mi hanno detto che questo tempo spesso preannuncia spesso temporali".
"C'è qualcosa di simile ad una cantina sul retro," suggerì Jamie.

C'era. La porta era andata ed un groviglio di sottili rami di vite era germogliato da un sacco di patate abbandonati in un angolo, con i viticci che strisciavano con lenta disperazione verso la luce.
"Si farà", decise Greene e prese un appunto a matita sul piccolo libricino che si portava ovunque. "Andiamo avanti, quindi."

giovedì 13 marzo 2014

MOBY: Sbrigliamento*


"Ho bisogno di più luce," dissi rivolgendomi al servo. "E un sacco di bende." Lui annuì, evitando di guardare l'uomo sul letto, ed uscì.
Lavorammo per qualche minuto, mormorando a Tench occasionalmente degli incoraggiamenti. Ad un certo punto, Jamie tirò il pitale fuori da sotto il letto, si scusò con una parola, e se lo portò nel salotto, dove sentii dei conati di vomito. Tornò pochi istanti dopo, pallido e olezzante, e ricominciò il delicato lavoro di scoprire ciò che sarebbe rimasto del volto di Tench.

"Puoi aprire quest'occhio, ragazzo?" Chiese sfiorandogli il lato sinistro. Guardai oltre la sua gamba dalla mia postazione, per vedere che la palpebra era integra, ma gonfia e piena di vesciche con le ciglia bruciacchiate.
"No." La voce di Tench era cambiata e mi spostai bruscamente alla testa. Sembrava quasi addormentato, la sua voce indifferente. Posai il dorso della mano sulla sua guancia, era fresca e umida. Dissi qualcosa di molto brutto ad alta voce e il suo occhio buono si spalancò fissandomi.
"Oh, qundi ci sei," dissi molto sollevata. "Pensavo che stessi andando in stato di shock."
"Se non è sconvolto da ciò che già gli è capitato, nulla lo farà, Sassenach", disse Jamie avvicinandosi per guardare. "Credo sia solo distrutto dal dolore, aye? A volte riesci solo a preoccuparti di allontanarlo, ma non sei pronto per morire, così ti ci allontani per un po'."
Tench sospirò profondamente e fece un piccolo convulso cenno del capo.
"Se si può... solo fermarsi un attimo?  Sussurrò. "Per favore."

"Sì", disse piano Jamie e accarezzandogli il petto, sistemando le lenzuola macchiate sopra di lui. "Riposta un po', a charaidh."



*tecnica chirurgica per la pulizia di una ferita tramite asportazione del tessuto necrotico o infetto

Il prologo di un misterioso personaggio

Chi o cosa è Mastro Raymond?
Leggendo L'amuleto d'Ambra (la prima parte di Dragonfly in Amber, nella versione originale) un pò ce lo saremo domandati tutti.
Secondo quanto spiegato da Diana stessa, Mastro Raymond è un viaggiatore del periodo preistorico; probabilmente originario da qualche parte intorno al 400 aC o forse anche prima e il 18° secolo non è stata la sua prima tappa.
E', o era, uno sciamano, nato con la capacità di guarire attraverso l'empatia. Vede chiaramente le auree e tutti quelli con un potere simile al suo sono caratterizzati da una luce blu mentre chi nasce guerriero ha un colore rosso. Ha un'avversione piuttosto forte per i Vichinghi a causa degli eventi accaduti nel suo tempo, questo spiega il perchè è nervoso quando vede Jamie. Ne ha paura, ma si rende anche conto di quanta forza vitale abbiano...questa è la ragione per cui fa invocare Jamie a Claire (usando sia un collegamento di titpo sessuale che emotiva tra i due) per guarirla.

mercoledì 12 marzo 2014

Outlander su The Daily Record

Sam Heughan, che ha raggiunto la fama interpretando il calciatore Andrew Murray del Livingston FC in River City, è già stato assalito da migliaia di appassionati dei libri best-seller di Diana Gabaldon ai fan events. Ha milioni di fan in tutto il mondo, i costi per la realizzazione sono stati più di 50 milioni di sterline, è stato girato in tutta la Scozia e ha fatto diventare un rubacuori l'attore di River City
Ma la maggior parte delle persone qui non ha mai sentito parlare di Outlander, la serie fantasy romance definita Il Game of Thrones Scozzese. Farà entrare l'ex attore di River City, Sam Heughan nel grande giro quando sarà sugli schermi del canale americano Starz entro la fine dell'anno. Nonostante sia stato rilasciato solo un breve trailer, Sam è già stato assalito da migliaia di fan dei libri di Diana Gabaldon ai vari eventi. E non è solo il profilo dell'attore a essere alle stelle. I fan della serie stanno già volando da tutto il mondo per incontrare l’ altra stella dello show - La Scozia

Outlander su The Herald

Le note della visita di Phil Miller al set della serie Outlander al Castello di Doune, luogo fondamentale per la nuova serie TV statunitense.
Siamo arrivati ​​a Doune Castle, Perthshire, in una bella giornata. Le riprese, per la quarta o quinta puntanta della serie tv in 16 episodi, stava avendo luogo dietro il castello, lungo un pendio. L'azione sembrava coinvolgere i cani, forse cani selvatici, in quanto vi era una breve discussione sul set sul come renderli più sporchi di fango o polvere.

Anche sul set da (circa) 50 milioni di sterline di una serie TV come Outlander, c'è un bel po' di movimento: c'erano circa 20 comparse, splendidamente vestiti in abiti d'epoca - con kilt, con spade e cappello, con gonne lunghe e capelli - in attesa di essere chiamati davanti al castello. C'erano anche gli animali: le capre nel cortile del castello che aveva l'aspetto di essere state catapultate indietro al tempo medievale - bancarelle con prodotti alimentari, un sacco di fieno, fango e carrozze. C'erano anche cani e sono arrivati anche due grandi cavalli ​ad un certo punto.

Outlander su The Scotsman

Doune Castle nel Perthshire accoglie frotte di americani devoti di Outlander, lo show definito come la risposta Scozzese a "Game of Thrones", dopo essere stato scelto come location principale all'aperto, si sostituisce per finzione a Castle Leoch all’epoca della rivolta giacobita. 
Outlander ha procurato all’attore scozzese Sam Heughan e all’attrice irlandese Caitriona Balfe enormi eserciti di fan - che si definiscono rispettivamente Heughligans e Caitriots - in tutto il mondo dopo essere stati lanciati nello show, grazie al grande successo dei libri fantasy dei viaggi nel tempo della scrittrice americana Diana Gabaldon, che sono inizialmente ambientati nelle Highlands. Più di 25 milioni di copie dei libri di "Jamie e Claire" sono stati venduti fino ad oggi. 

martedì 11 marzo 2014

The Space Between

The Space Between è la novella che ha per protagonisti Michael, fratello del giovane Ian, Joan, sorella di Marsali, Madre Hildegarde e a sorpresa anche il Conte di St.Germain e che fino ad ora era contenuta nella raccolta 'Trial of Fire', ma dal 15 aprile sarà disponibile come singolo eBook (in lingua esclusivamente inglese)
Cliccate qui per pre-ordinare l'eBook ;)

Joan MacKimmie è sulla strada per Parigi per prendere i voti come monaca. Eppure la sua decisione non è tanto una questione di fede, ma di paura; Joan è perseguitata da misteriose voci che le parlano del futuro e da visioni che indicano chi sta per morire. Il convento le promette una tregua da queste visite indesiderate... o almeno così spera. Il suo accompagnatore è Michael Murray, un giovane vedovo che, anche se piange ancora la morte della moglie, si ritrova fortemente attratto dal suo incarico. Ma quando il viaggiatore del tempo, Conte di St. Germain viene a sapere della presenza di Joan a Parigi e del suo legame con Claire Fraser - La Dame Blanche - Murray verrà coinvolto in una battaglia la cui posta in gioco non è solo la vita, ma l'anima della ragazza scozzese che, senza nemmeno provarci, ha conquistato il suo cuore.

 Se siete curiosi e volete leggere un estratto, cliccate qui e leggete qui sotto per leggerne un altro 

Dove incontriamo il Conte

"Dimmi" chiese il Conte incuriosito, "perché mi avete parlato al mercato quel giorno?"
"Vorrei non averlo fatto," rispose brevemente Joan. Non si fidava per nulla di lui, tanto meno da quando le aveva offerto il brandy. E non le era venuto in mente che lui potesse essere davvero uno dell'Antico Popolo. Potevano camminare tra le gente sembrando persone normali. Sua madre ne era convinta da anni...così come alcuni dei Murray pensavano che la moglie di Papà, Claire fosse una di loro. Lei stessa non ne era sicura; Claire era stata gentile con lei, ma nessuno le aveva detto che il Popolo non potesse esserlo, se volevano.
La moglie di Papà. Un pensiero improvviso la paralizzò; il ricordo del suo primo incontro con Madre Hildegarde, quando aveva dato la lettera di Claire alla Madre Superiora. Le aveva detto: "Mia madre," incapace di pensare ad una parola che potesse significare "matrigna". Perché a qualcuno dovrebbe importare?
"Claire Fraser," disse ad alta voce guardando attentamente il Conte. "La conoscete?"
I suoi occhi si spalancarono, mostrando la parte bianca. Oh, sì, la conosceva, va bene!
"Si,la conosco" disse sporgendosi in avanti. "E' tua madre, vero?"
"No!" disse Joan, con grande vigore e lo ripetè in francese diverse volte per enfatizzarlo. "No, non lo è!"
Ma notò, con un tuffo al cuore, che tutta la sua forza se n'era andata. Lui non le credeva; lo vedeva guardandolo in faccia. Pensava che lei stesse mentendo per allontanarlo.



lunedì 10 marzo 2014

MOBY: Apparizione alla luce del giorno

Questo era diverso. Aveva il sentore di una malizia raffinata ed intelligente e sentii improvvisamente la presenza di Jack Randall alle mie spalle, così forte che mi bloccai bruscamente e mi guardai intorno.
La strada era affollata, ma non c'era nessuno dietro di me. Nessuna giubba rossa in vista da qualche parte, anche se vi erano qua e là degli ufficiali Continentali, in blu e marrone.

"Fanculo, Capitano," dissi sotto voce. Non abbastanza piano; ricevetti uno sguardo dagli occhi spalancati di una piccola donna rotonda che vendeva pretzels da un vassoio attaccato al collo. Si guardò alle spalle per vedere di chi stessi parlando, poi si voltò verso di me con uno sguardo preoccupato.
"State bene, signora?", disse con un pesante accento tedesco.
"Sì," dissi imbarazzata. "Sì, tutto a posto. Grazie".
"Prendete," disse gentilmente porgendomi un pretzel. "Penso che lei abbia fame." E agitando la mano al mio tentativo di pagarla, se ne andò giù per la strada, muovendo i fianchi larghi e agitando un bastone dove erano impilati i pretzels come nel gioco degli anelli e gridando, "Brezeln! Heißen Brezeln!"
Sentendo improvvisamente le vertigini, mi appoggiai contro la facciata di un edificio, chiusi gli occhi e morsicai il pretzel. Era gommoso, fresco e spolverato con il sale e scoprì che quella donna aveva ragione. Avevo fame. Affamata, in effetti.
Il pretzel prima colpì il mio stomaco e poi il mio sangue con un immediato senso di stabilità e benessere ed il panico momentaneo che avevo sentito, evaporò tanto velocemente da poter quasi credere che non fosse successo nulla. Quasi.


Frank&Claire

Avevamo scelto le Highlands, come meta di vacanze prima che Frank cominciasse il suo incarico di professore di storia a Oxford, per via del fatto che la Scozia era stata un po’ meno danneggiata dagli orrori della guerra rispetto al resto dell’Inghilterra, e meno soggetta alla frenetica euforia da dopoguerra che aveva contagiato luoghi di villeggiatura più alla moda.
E, pur senza averne parlato, credo che a entrambi sembrasse un posto simbolico per ricominciare il nostro matrimonio; appena sposati avevamo trascorso due giorni di luna di miele nelle Highlands, poco prima dello scoppio della guerra, sette anni addietro. Un rifugio tranquillo dove dedicarci alla riscoperta reciproca, pensavamo, senza renderci conto che, se il golf e la pesca sono gli sport più diffusi all’aria aperta, quello del pettegolezzo è lo sport più praticato nei luoghi chiusi. E quando piove così tanto come in Scozia la gente passa un sacco di tempo al chiuso.
"Dove te ne vai?" chiesi a Frank, mentre metteva bruscamente i piedi giù dal letto.
"Non vorrei che la cara vecchietta restasse delusa", rispose lui. Sedutosi sulla sponda del letto, si mise a rimbalzare dolcemente su e giù, producendo un cigolio penetrante e ritmico. L’aspirapolvere in corridoio si arrestò all’istante. Dopo un minuto o due di rimbalzi, Frank emise un lamento sonoroe teatrale e crollò all’indietro, con grande stridore di molle. Cercai di soffocare una risata nel cuscino, per non interrompere il silenzio che era calato all’improvviso dietro la porta. 

da La Straniera

sabato 8 marzo 2014

BUONA FESTA DELLA DONNA OUTLANDERS!

Jamie mi aveva raggiunto, e ora stava in piedi accanto alla finestra. Con lo sguardo che vagava assente sulla pioggia, disse: "C’era un altro motivo. Il principale".
"Motivo?" chiesi stupidamente.
"Per cui ti ho sposata."
"E sarebbe?" Non so cosa mi aspettassi che dicesse, forse qualche altra rivelazione sulle contorte faccende della sua famiglia. Quello che mi rivelò invece mi procurò un’emozione ben più forte, in un certo senso.
"Perché ti desideravo." Si girò dalla finestra per guardarmi in viso. "Più di quanto avessi mai desiderato nessun’altra cosa in vita mia", aggiunse sottovoce.
Continuai a fissarlo, ammutolita. Qualunque rivelazione mi fossi aspettata, non era questa. Vedendo la mia espressione stupita, continuò in tono leggero. "Una volta chiesi a mio padre come avrei fatto a capire quale sarebbe stata la donna giusta, e lui mi rispose che, arrivato il momento, non avrei avuto dubbi. E infatti non ne ho avuti. Quando mi svegliai al buio sotto quell’albero, sulla strada per Leoch, con te seduta sul mio petto, che mi insultavi perchè ero quasi morto dissanguato, dissi a me stesso: “Jamie Fraser, malgrado la faccia che ha in questo momento, e malgrado pesi quanto un buon cavallo da soma, questa è la donna giusta”
Gli feci lo sgambetto e gli atterrai con le ginocchia sullo stomaco, dopo averlo fatto crollare a terra con uno schianto che scosse la casa fin nelle fondamenta. "Vuoi dire che mi hai sposato per amore?" gli domandai. Lui inarcò le sopracciglia, respirando a fatica.
"Non ho forse… appena detto… questo?"
da La Straniera 

MOBY: Ian e William

Onestà di Marito

Rimasero per un po' in silenzio, e Ian sentì il suo cuore, stretto per il dolore al pensiero di sua madre, alleggerirsi con la compagnia comprensiva di Rachel. Non l'aveva detto, ma ciò che più lo rammaricava non era stata l'impossibilità di mostrare a sua madre le bellezze dell'America, ma il fatto di non poterle presentare la sua Rachel.
"Ti sarebbe piaciuta", disse. "Mia madre".

"Spero di si", disse Rachel, anche se con una punta di dubbio. "Le hai detto di me, in Scozia? Che sono un'Amica, voglio dire. Alcuni cattolici ci trovano scandalosi".
Ian cercò di ricordare se ne aveva fatto menzione alla madre, ma non ci riuscì. Non faceva differenza, comunque, e si strinse nelle spalle allontanando il pensiero.
"Le ho detto che ti amavo. Mi sembrava abbastanza. Ora che ci penso...mio papà mi ha fatto diverse domande su di te; voleva sapere tutto ciò che poteva. Sapeva che eri una quacchera, quindi significa che anche lei lo sapeva." Le prese il gomito per aiutarla a scendere dalla roccia.

Lei annuì, pensierosa, ma mentre lo seguiva fuori dalla radura, la sentì chiedergli alle spalle, "non pensi che una coppia sposata dovrebbe avere completa fiducia uno nell'altra - condividere non solo le loro storie, voglio dire, ma anche ogni pensiero?"
Quelle parole gli facero correre un brivido lungo la spina dorsale con la sensazione di un topo con le zampette fredde, e fece un respiro profondo. Amava Rachel con ogni fibra del suo essere, ma trovava la sua apparente capacità di leggergli dentro come un libro - se non addirittura di sentire i suoi pensieri e qualche volta era certo lo avesse fatto - sconvolgente.
Infatti aveva suggerito di camminare insieme fino a Marston’s Ford e incontrare lì Denzell con il carro, piuttosto che andare con lui da Valley Forge, così da poter avere il tempo e la discrezione sufficiente per dirle alcune cose importanti. Avrebbe preferito essere torturato da Abenakis piuttosto che dirle qualcuna di queste cose, ma era giusto che lei le sapesse, non importava quale sarebbe stato il risultato.

Memorie di Sangue

E cinque minuti dopo, afferrate le tozze corna del giovane maschio con una mano, con l'altra tagliò la gola del cervo, l'eco del suo sparo ancora riecheggiava nella scarpata rocciosa sopra di lui.
Era successo così in fretta che sembrava a malapena reale nonostante la sensazione di caldo e freddo del sangue che gli inzuppava le calze e il suo odore denso. C'era una zecca attaccata appena sotto il rotondo occhio vitreo del cervo come un acino d'uva. Si sarebbe staccata, si chiese? O era rimasto abbastanza sangue per poter continuare a nutristi ancora per qualche tempo?
Il cervo tremò violentemente, spingendo il palco forte contro il suo petto, richiudendo convulsamente le zampe come se stesse per fare un grande salto e poi morì.
Lo tenne per qualche istante, il velluto tagliuzzato ancora sui palchi come ruvida pelle scamosciata sotto il palmo sudato, il peso della groppa dell'animale improvvisamente pesanta sul suo ginocchio.
"Grazie," sussurrò e si lasciò andare. Ricordava che era stato Mac lo stalliere a dirgli di ringraziare sempre una creatura che ti aveva dato la sua vita...ed era stato James Fraser, alcuni anni più tardi, che aveva ucciso un enorme alce di fronte a lui e detto quella che disse essere una "preghiera della caccia" in gaelico prima di macellare la bestia. Ma con il sangue del cervo sulla sua pelle e la brezza che si muoveva nel bosco intorno a lui, per una volta non riuscì ad allontanare quei ricordi.


venerdì 7 marzo 2014

L'inizio degli inizi

Il 6 marzo del lontanto 1988...sembra una data come un'altra e invece tutto è iniziato lì.
Si, perchè proprio in quella data Diana Gabaldon ha cominciato la stesura del primo libro della saga de La Straniera e sul suo account ha postato una lettera a tutti i suoi fan proprio in occasione di questa data

Miei cari,
 

Il 6 marzo del 1988, ho iniziato a scrivere un romanzo. Non avevo intenzione di dire a nessuno ciò che stavo facendo, figuriamoci a provare a pubblicarlo. Volevo solo imparare a scrivere un romanzo, ed ero giunta alla conclusione - avendo scritto tutti i tipi di saggistica a quel punto - che l'unico modo per farlo era in realtà scrivere uno. (e la mia ipotesi non era sbagliata, tra l'altro)
Ora, come effetto collaterale (e piuttosto contorto) del mio lavoro, ero diventata un'esperta nel calcolo scientifico (è molto facile diventare un esperto quando ci sono solo 6 persone nel mondo che fanno ciò che fai, e quella era la mia situazione nei primi anni 80), e ancora più strano come effetto collaterale, ero diventata un membro di "Compuserve Books and Writers Community" (che allora si chiamava "Literary Forum"), alla fine del 1986.
Beh, quando ho deciso di imparare ad essere una scrittrice scrivendo un romanzo, ho anche deciso un paio di altre cose:

1) Di non dire a nessuno quello che stavo facendo. Oltre alla sensazione di una grande faccia tosta, non volevo che un sacco di gente mi desse la loro opinione su ciò che avrei dovuto fare prima di avere la possibilità di farle da me (come ho detto, aveva già scritto molte cose di saggistica in quel momento, e nessuno mi aveva detto come farlo). Inoltre non volevo un mucchio di ficcanaso (nella mia vita personale) che mi dessero le loro idee, che mi chiedessero quando avrei finito, e quando sarebbe stato pubblicato, e così via - dato che io stessa non avevo idea di come avrei potuto finire un libro.


2) Finire il libro. Non importava quanto pensassi fosse brutto, non volevo fermarmi e abbandonare i tentativi. Avevo bisogno di sapere quello che serviva, in termini di disciplina quotidiana, impegno mentale, etc per scrivere qualcosa di simile ad un romanzo. (Avevo scritto delle cose lunghe prima - una tesi di 400 pagine per il dottorato dal titolo "La scelta del luogo della nidificazione in Pinyon Jay, Gymnorhinus cyanocephalus," - o, come dice mio marito, "Perché gli uccelli costruiscono nidi dove li fanno, e chi se ne frega comunque?"- una monografia di 800 pagine su "Le abitudini alimentari degli uccelli della valle del fiume Colorado", etc) ma non avevo mai scritto di narrativa, se non brevi racconti noiosi per le lezioni di inglese.E
 

3) Avrei fatto in assoluto ciò che meglio potevo con la scrittura, ogni giorno. Anche se era un libro di prova che non avrei mai fatto vedere a nessuno, non importava. Se non avessi dato del mio meglio, come avrei mai potuto sapere se ne ero capace, e, soprattutto, come avrei potuto migliorare?

(A questo proposito, ho avuto alcune prove per andare avanti. Ho letto -enormemente- per tutta la mia vita e ho notato che nella maggior parte dei casi, anche se mi sono piaciuti tutti i libri di un autore, compreso il primo, i libri migliorano notevolmente quando lo scrittore continua a scrivere. Così, ho concluso, con una logica perfetta, che la scrittura era come la danza classica o il suonare il pianoforte: se si fa pratica, si migliora. Non mi sono sbagliata con questa conclusione).
Quindi, in ogni caso, il libro che ho scritto per prova era OUTLANDER-LA STRANIERA, ed eccoci qui, 26 anni e (quasi) 14 libri dopo. Volevo solo riconoscere il ruolo del Forum e dei miei amici lì dentro, in quel processo.
 

Come è successo dato che avevo deciso di non dire a nessuno quello che stavo facendo? Beh, ero ferma su questa decisione (non l'avevo nemmeno detto a mio marito), ma dopo circa sei mesi di scrittura, mi collegavo ad intermittenza a tarda notte, raccogliendo i messaggi e postando le risposte, e scoprì di essere stata coinvolta in una discussione con un signore (di nome Bill Garland, RIP) sul come ci si senta ad essere incinta. <cough>
"Oh, so come ci si sente," mi assicurò Bill. "Mia moglie ha avuto tre figli!" <pausa per permettere alle signore di rotolare sul pavimento per un attimo>
"Sì, giusto," dissi. "Io ho avuto tre figli, caro mio".
Così mi chiese di descrivere come ci si sentisse.

Piuttosto che cercare di stipare una descrizione simile in un messaggio limitato a trenta righe, dissi: "Ti dico una cosa, ho questo... pezzo... in cui un giovane donna racconta a suo fratello cosa vuol dire essere incinta. Lo metto tra i dati della libreria per te."
Così, con le mani tremanti e il cuore in gola, postai un piccolo pezzo (tre o quattro pagine, da quel che ricordo) del libro che stavo chiamando CROSS STITCH. E alla gente è piaciuto. Hanno commentato. Volevano vedere di più!
A parte alcuni momenti privati con mio marito e la nascita dei miei figli, questa è stata l'esperienza più estatica che avessi mai avuto. E così, ancora tremando ogni volta che postavo qualcosa, molto lentamente cominciai a mettere di più.

Ora, io non scrivo con un profilo e non scrivo in linea retta, così i miei pezzi non erano capitoli, non erano contigui, e generalmente non erano collegati tra loro. Ma avevano gli stessi personaggi - e alla gente sono piaciuti.
Ci sono state (e ci sono) un sacco di persone molto gentili ed incoraggianti che hanno frequentato il Forum - alcuni di loro ci sono ancora: Alex, Janet, Margaret, Marte... e molti che non ci sono, come Karen Pershing e John Kruszka (RIP), Mac Beckett, Michael Lee West - e Jerry O'Neill, che considero il mio primo fan e capo cheerleader, sempre lì a leggere ciò che postavo e dire le cose più meravigliose, una delle persone più gentili che io abbia mai conosciuto.
Così, nel corso dell'anno successivo o giù di lì, queste persone mi hanno spronata. <g> A fare domande, fare commenti *, incitandomi -eventualmente- a provare a pubblicare questa cosa (che era iniziata come un semplice romanzo storico, ma poi Le Cose Sono Accadute, il tema del viaggio nel tempo e il mostro di Loch Ness non avevo idea di cosa fossero).

* Giusto per chiarire, questi non erano critiche, solo commenti interessati. Non ho mai avuto un gruppo di critici, né ne avrò. Non ho nulla contro di loro, semplicemente non funziona in questo modo. Al di là di tutto, non avrei mai portato qualcosa agli occhi del pubblico, se non credevo che fosse pronto per essere letto).

Alcune di queste persone erano loro stessi autori pubblicati e molto gentilmente hanno condiviso le proprie storie e consulenze su ciò che riguardava gli agenti letterari e il processo di pubblicazione (grazie, Mike Resnick, e Judy McNaught!). E John Stith che molto gentilmente mi ha presentata al suo agente, che mi ha accettata senza avere finito il romanzo. E... ho finito, un applauso per il Forum. Un paio di settimane più tardi, il mio agente era riuscito a venderlo come parte di un contratto per tre libri, a Delacorte e bing!, Sono diventata una scrittrice.
Non dico che non avrei mai scritto un libro senza di voi...ma signori, voi ragazzi mi avete aiutata
Grazie!

- Diana

mercoledì 5 marzo 2014

MOBY: lettere e risvegli

Tamburi lontani

Marsali rimase a guardare fino a che Joanie non uscì dalla porta sul retro, poi si voltò verso di me e mi consegnò la lettera.
Veniva da un certo signor Johansen, apparentemente uno dei corrispondenti abituali di Fergus, e il contenuto era come Marsali mi aveva anticipato, anche se con l'aggiunta di alcuni dettagli raccapriccianti che non aveva menzionato in presenza di Joanie. Era abbastanza attinente ai fatti, con solo pochi ornamenti settecenteschi, e faceva rizzare i capelli - letteralmente, pensai - leggendo di alcuni residenti di Andrustown a cui era stato fatto lo scalpo.

Marsali annuì, mentre guardavo la lettera.
"Aye," disse. "Fergus vuole pubblicarlo, ma non sono così sicura che dovrebbe. Per via del giovane Ian, sai?"
"Come per il giovane Ian?" Disse una voce scozzese dalla porta della tipografia, e Jenny apparve con un cestino al braccio. I suoi occhi andarono alla lettera che avevo in mano e le sue taglienti sopracciglia scure si sollevarono.
"Ti ha detto qualcosa di lei?" chiese Marsali, dopo aver raccontato della lettera. "Della ragazza indiana che aveva sposato?"
Jenny scosse la testa, e cominciò a prendere le cose dal suo cesto.
"Neanche una parola, salvo che Jamie gli disse di non dimenticarsi di noi." Un'ombra le attraversò il volto al ricordo e mi chiesi per un momento, come doveva essere stato per lei e Ian ricevere il racconto di Jamie su come Ian era diventato un Mohawk. Sapevo dell'agonia con cui aveva scritto quella lettera e dubitavo che la lettura della stessa fosse stata da meno.

Posò una mela e fece un cenno a Marsali in direzione della lettera. Dopo averla letta in silenzio, mi guardò. "Credi che lui provi ancora dei sentimenti per lei?"

Una persona non mattiniera

John Grey si stava godendo un sogno confuso, ma piacevole che aveva a che fare con la pioggia primaverile, il suo bassotto Roscoe, il colonnello Watson Smith e una grande quantità di fango, quando divenne gradualmente consapevole che le gocce di pioggia sul suo viso erano reali.
Aprì gli occhi sbattendo le palpebre, per scoprire che sua nipote, Dottie, stava tenendo la sua brocca in una mano e gli stava spruzzando acqua sulla faccia con le dita.

"Buongiorno zio John" disse allegramente. "Alzatevi e risplendete!"
"L'ultima persona abbastanza avventata da dirmi una cosa simile di mattina ha fatto una fine alquanto sgradevole," disse lottando per mettersi in posizione verticale e strofinandosi sul viso la manica della camicia da notte.
"Davvero? Cosa le è successo? O era un lui?" Lei gli sorrise e posò la brocca, asciugandosi le dita bagnate sulla gonna.
"Che domanda inopportuna", disse, guardandola.
"Beh, presto sarò una donna sposata, sapete," disse, sedendosi con aria di estremo contegno. "Mi è permesso sapere che uomini e donne, occasionalmente dividono un letto, anche al di fuori del vincolo del matrimonio."
"Al di fuori? Dove hai saputo di questa usanza barbara? Hai parlato con degli scozzesi?"
"Costantemente," disse. "Ma cosa è successo alla sfortunata persona che ha cercato di svegliarvi dai vostri sogni?"
"Oh, lui". Si passò una mano sulla testa. "Gli è stato fatto lo scalpo dai pellerossa."
Lei sbatté le palpebre.
"Beh, gli servirà da lezione, questo è certo" mormorò.