martedì 2 dicembre 2025

Libro 10: Estratto per l'Avvento

A Minnie era sempre piaciuta l’incertezza. Non sapere se i libri che aveva raccattato in una soffitta a Parigi fossero spazzatura o splenditi tesori, non sapere se il prossimo cliente ad attraversare la porta della libreria sarebbe stato un cliente o una spia giacobita. Non sapere come sarebbero stati tra le sue braccia i bambini che aveva portato in grembo per mesi, per non parlare di come sarebbero stati da grandi.
E non sapere cosa avrebbe fatto suo marito dopo. La felicità domestica era, ovviamente, deliziosa, ma vivere ogni tanto sul filo del rasoio le andava bene. La parte più importante ovviamente era ogni tanto.
«Nessuno vuole sedersi su una dannata lama di coltello,» disse, senza rendersi conto di aver parlato ad alta voce finché non sentì una bassa risata irlandese dietro di lei.
«Perché è affilata, o perché è noioso?»
«Be’, ti impedisce di ballare.» Lanciò un’occhiata a Rafe O’Higgins, che si era avvicinato alla ringhiera accanto a lei. Indossava un cappotto a forma di cappa di fine lana blu, e teneva una mano suo cappello nuovo per evitare che volasse via. A prima vista, sembrava un gentiluomo, cosa che di certo non era. «Riesci a sentire l’odore della terra?»
Annusò l’aria e scosse la testa.
«Non ancora mia cara. Il Capitano dice che ci vorranno ancora tre giorni, forse quattro.»
Batté il piede con impazienza. Solo un colpetto, ma lui rise di lei e sollevò la faccia, inspirando profondamente.
«Pesce,» disse. «Sento odore di pesce. E di una balena.»
«E di cosa odora una balena, dimmi?», chiese, divertita suo malgrado. «E non dire ‘di pesce’.»
«Oh, le balene hanno un odore strano,» disse stringendo gli occhi contro il vento. «Non ti avvicini spesso abbastanza da sentirne l’odore, bada, ma ogni tanto, una emerge affianco alla tua barchetta mentre stai pescando nel Mare d’Irlanda e lascia andare il suo respiro in un potente soffio. Puzza di caldo e freddo, marciume e vita, di alghe e migliaia e milioni di piccole cose rancide con piccoli gusci come l’unghia del vostro mignolo. Si conficcano nei denti della balena — o in quelli che si possono definire denti in una balena. E» aggiunse in modo pratico, «un sacco di alghe e occasionali pesci. La balena comune non è schizzinosa.»
«Davvero.» Aveva coinvolto i fratelli O’Higgins tanto per la loro conversazione che per la protezione durante e il viaggio e la loro capacità di fare domande in quei posti dove una donna di mezza età non poteva andare, per non parlare di una duchessa. «Hai detto la balena comune. Ce ne sono di non comuni?» Non si preoccupò di chiedere come facesse a saperlo; i fratelli O’Higgins si muovevano.
«Oh, be’.» considerò. «c’è il capodoglio, sicuramente. Una bestia enorme e mangia calamari enormi, o almeno così mi hanno detto. E visto il fetore anche di un calamaro piccolo lasciato fuori troppo a lungo, penso che la puzza del respiro del grosso tizio debba essere tale da farti cadere a terra.»
«Spero di vivere per sentirne uno, anche solo per esperienza.»
«Siete sempre stata una grande esperta, vostra grazia,» disse ridendo.
«Puoi dirlo», disse per niente offesa. «Dimmi ancora come hai perso il dito?»
«Quale?» Alzò entrambe le mani, come in segno di resa, per mostrare un mignolo mancante sulla mano sinistra, e un’articolazione superiore mancante sull’anulare della destra.
«Quello», disse, indicando la mano destra.
«Ah, questo. Avevo un anellino, vedete, d’oro, con una pietra blu incastonata, e una sgualdrina me lo stava succhiando dal dito, io l’ho beccata. Appena in tempo.»
«Oh, non ci credo neanche per un attimo,» disse seriamente. «Che ti stesse succhiando il dito, intendo.»
«Be’, stava succhiando diverse cose,» disse, con un’alzata di spalle. «Direi che avevo perso il conto.» 
Minnie stessa aveva perso da molto tempo il conto delle storie che aveva raccontato sulla perdita delle dita, ma lui riusciva sempre a pensarne una nuova. E, come al solito, era riuscito a distrarre la sua mente, anche se solo per pochi preziosi momenti, dai pensieri che la opprimevano. Anche ora, la sua mano si stava insinuando sotto il mantello e nel taglio della sottogonna per trovare la tasca e toccare la lettera all’interno.
Adam raramente scriveva una vera lettera. Il suo secondo figlio aveva ereditato — o forse consciamente imitato, anche se non voleva sospettarlo di questo — l’abitudine di suo padre di indirizzare o firmare raramente le lettere, e di usare il numero minimo di parole per comunicare quello che aveva in mente.
Ma aveva indirizzato questa — “Cara Madre” — e l’aveva anche firmata, aggiungendo “il tuo molto Obbediente, Umile e Amorevole Figlio”, cosa che l’aveva spaventata, come aveva fatto il corpo della lettera, tanto per ciò che ometteva, quanto per quello che diceva. Sapeva già che la bambina di Dottie era morta — Minerva Joy, chiamata come lei, e ingoiò il nodo in gola per la millesima volta.
Hal le aveva mandato la triste notizia mesi prima, e lei avrebbe voluto andare subito da sua figlia, ma era novembre quando aveva ricevuto la lettera, e nessuna nave sarebbe partita fino a marzo. La lettera di Adam era arrivata a febbraio, presumibilmente avendo subito ritardi durante il viaggio — era malconcia e macchiata di pioggia e lui non l’aveva datata, maledizione… e aggiunto la notizia che l’aveva spinta a chiamare subito Rafe e Mick O’Higgins.
«Eccolo.» Rafe parlò all’improvviso, strappandola dai suoi pensieri.
«Chi?»
«Il tipo grosso,» disse, con rispetto nella voce.
Minnie aveva visto di tanto in tanto una balena nel Canale della Manica, ma raramente più di una, e sempre a una tale distanza da sembrare più di una massa grigia intermittente, che spruzzava vapore prima di sparire, come un piccolo vulcano molto mobile.
Il Ragazzone si sollevò lentamente dalle profondità accanto alla nave, un enorme — veramente enorme — fantasma blu e grigio, pinne più larghe della nave, che salivano e scendevano sotto le onde, tenendo il tempo silenzioso di una canzone che percepiva ma non poteva sentire. E lentamente — e sembrò un’eternità, ma poteva essere stato non più di tre respiri — si immerse, liscio come l’acqua stessa, e sparì nelle profondità.
«Oh,» disse, molto piano, e Rafe annuì.
«È una vera fortuna vederlo, vostra grazia. Avremo buona fortuna, vedremo se non sarà così.»

domenica 16 novembre 2025

Libro 10: Non mangiare i girini

Roger non poté fare a meno di guardarsi alle spalle. La casa dietro di lui profumava di pane alle noci e di dolce, e pensò di poter ancora sentire gli aromi che facevano venire l’acquolina diffondersi dalle finestre aperte.
La possibilità che Claire non solo fosse uscita di casa il Giorno della Cottura… «il Giorno del Bucato, sì», borbottò, «ma non per la Cottura»… e poi avesse deciso di percorrere a piedi la distanza di oltre un miglio fino al capanno dei Murray nel caldo pomeridiano e fosse riuscita a farlo senza fare alcun rumore o annunciare le sue intenzioni era inverosimile, ma il senso di colpa non conosceva ragione, e si guardò di nuovo alle spalle mentre svoltava sul sentiero.
Il suo stomaco brontolò al pensiero persistente di biscotti allo zucchero e cannella, ma il sentiero dietro di lui era in fermento solo per i lontani gracidii dei corvi che vivevano sugli alberi vicino al belvedere con la spettacolare vista sul Roan Mountain. Automaticamente, ringraziò Dio che Ian Murray non avesse scelto di cadere da lì.
«D'altra parte, se fossi caduto da lì, non staremmo avendo questa particolare conversazione…» Ma il sentiero si faceva più ripido e lui risparmiò il fiato per la salita.
Jenny Murray era seduta sulla veranda, i piedi che dondolavano, e stava istruendo Totìs nell’arte di avvolgere la lana, tenendo d’occhio il piccolo Hunter — conosciuto in famiglia anche come Weejit — che aveva una vaschetta piena di girini e stava inseguendo le sfortunate ranocchiette con entrambe le mani.
«Non metterlo in bocca, stupidino!»  urlò sua nonna, alzano lo sguardo dalla sua lana. 
«Rana,» disse Hunter in tono ragionevole, e tentò di nuovo di mettersi la preda in bocca. Il girino preso dal panico gli saltò di sua mano e atterrò di nuovo nella vaschetta con un piccolo splash, facendo dire ad Hunter, «Oh, cavolo!»
«Non si dice!» dissero sua madre e sua nonna in coro. Rachel uscì sulla veranda, asciugandosi le mani nel grembiule.
«Roger!» La sua faccia si illuminò vedendolo, cosa che gli riscaldò il cuore e sorrise in risposta.
«Come stai, bella ragazza?» chiese. Stava sbocciando, dal dolce gonfiore della gravidanza alle rose sulle guance.
«Bene oggi, ti ringrazio,» disse. «Il desiderio di vomitare alla vista del cibo mi ha lasciata. Anche se il pensiero di ingoiare un girino… Hunter, se non riesci a lasciare in pace quelle creature, dovranno tornare a casa nel loro torrente. È una visita agli infermi, a mhinister, o possiamo fare qualcosa per te?»

*Ritratto di John Everett Millais, Bolle, 1886

domenica 2 novembre 2025

Libro 10: Emergenza

Stavo pulendo l’obiettivo del mio microscopio, cuocendo a fuoco lento la cena, e facendo liste, più o meno simultaneamente, quando sentii qualcuno entrare dalla porta davanti aperta e passi leggeri scalpicciare lungo il corridoio. Mi ero appena alzata quando Totìs irruppe nel mio ambulatorio.
«Nonnina Claire!» Era rosso in viso e ansimava come una macchina a vapore, provando a far uscire parole tra un rantolo e l’altro. «Papa…N-o-n…no…».
«Siediti». Lo presi per un braccio e lo costrinsi a sedersi sulla mia sedia a dondolo, sperando che il movimento lo distraesse abbastanza a lungo da permettergli di riprendere fiato. Diedi una spinta e feci un passo indietro. I suoi occhi si allargarono quando la sedia oscillò, e fortunatamente, la sua bocca fece lo stesso; potevo sentire il sibilo dell’aria e sorrisi.
«Va bene,» dissi. «Continua a respirare. Non parlare. Altri tre buoni respiri e potrai raccontarmi che razza di marachella hanno combinato tuo Padre e tuo Nonno. Oh—» Il pensiero mi venne in mente all’improvviso. «C’è un giovane uomo di nome William coinvolto in qualsiasi cosa sia successo?»
Annuì vigorosamente, e prese il terzo respiro.
«Papa-è-caduto-e-la-sua-gamba-si-è-rotta!»
«Cosa? Voglio dire— dove si trova? Tuo Nonno o William sono con lui?»
«Sì. Noi…eravamo…». Ansimò per qualche secondo, deglutì e mi raccontò tutta la storia, breve e scioccante. Quando ebbe finito, avevo infilato diversi rotoli di bende e bottiglie di acqua con miele nel mio kit di emergenza e avevo la borsa sulla spalla. Afferrai la bottiglia di whisky di emergenza dallo scaffale e uscii nel corridoio, dove Totìs si agitava avanti e indietro.
«Mostrami dove sono,» dissi, e lui sparì attraverso la porta come un colibrì con me all’inseguimento goffo.
[fine della scena]

Jamie e William erano riusciti a tirare il Giovane Ian fuori dal burrone quando li raggiunsi. Era steso sul sentiero, molle e bianco come un morto, e Jamie stava tenendo la testa di suo nipote in grembo, asciugando il sudore dalla faccia del Giovane Ian e sussurrandogli in gaelico. Alzò lo sguardo quando mi vide, ansimante per la corsa, e il suo viso si illuminò.
«Sassenach,» disse. Gli strinsi una spalla e mi appoggiai a lui per mantenere l’equilibrio mentre mi accovacciavo, respirando. Anche Ian stava respirando, ma in sorsi brevi e superficiali. Costole rotte, pensai, ma questo poteva aspettare — lui stava respirando ed era chiaro che la preoccupazione principale fosse la sua gamba sinistra, che quasi sicuramente aveva una frattura composta. Un’affilata estremità di osso macchiato di sangue sporgeva attraverso la pelle di daino strappata sopra lo stinco, e altro sangue si stava accumulando lentamente sotto una gamba piegata in una posizione che mi fece accapponare la pelle.
Il fazzoletto nero di Jamie era avvolto strettamente intorno alla coscia di Ian, e lui aveva messo una stecca sotto il panno e lo aveva attorcigliato, stringendo il laccio emostatico improvvisato. Il sangue stava uscendo lentamente, almeno, e non pulsando, e feci un respiro profondo e misi una mano sul braccio di Ian stringendolo in quella che speravo fosse una rassicurazione.
«Andrà tutto bene, Ian,» dissi, inginocchiandomi per rovistare nel mio zaino, «Presto andrà meglio.»
«Ti prendo in… parola » riuscì a dire, sussultando per lo sforzo.
Non mi preoccupai di prendergli il polso; potevo vederlo battere nell’incavo della gola — rapido ma forte.
«Gli abbiamo dato un po’ di acqua con whisky,» disse William, guardandomi ansioso sopra il corpo del cugino. «Abbiamo fatto bene?»
«Aye, hanno fatto bene» disse Ian con voce rauca. «Datemene un altro po’. E non preoccupatevi dell’acqua.»
Feci sì con un cenno della testa e Jamie tirò fuori una piccola borraccia dalla sua cintura e alzò la testa di Ian. Ian si strozzò e fece qualche spruzzo, il whisky gli colava lungo il collo, ma lo ignorai, procedendo con attenzione a tentoni lungo la gamba ferita. Ian fece un rumore, si strozzò, tossì e fece un altro rumore, più forte.
«Penso di essermela fatta addosso,» disse ansimando.
«Sì,» lo assicurò Jamie. «Non importa, i tuoi pantaloni sono rovinati comunque.»
William scoppiò in una risata colto alla sprovvista, poi si portò la mano alla bocca. Jamie non rise, ma una vibrazione di divertimento passò tra lui e Ian, la cui bocca si contrasse brevemente prima di ansimare e di mordersi il labbro mentre tagliavo i pantaloni di pelle di daino e mi muovevo con cautela lungo la gamba ancora una volta, avvolgendo bende e garza mentre procedevo per aiutare ad arrestare l’emorragia. Nessuna arteria tagliata… ancora …
«Cercami delle stecche piuttosto lunghe, per favore, William. Spesse come il tuo pollice. Dobbiamo raddrizzare — be’ più o meno — e stabilizzare la gamba prima di provare a spostarlo.»
«Provare, dice,» mormorò Ian a bassa voce. «I bambini stanno bene?»
«Stiamo bene, Papa.» La voce di Totìs giunse direttamente dietro di me, cogliendomi di sorpresa. «Ho detto ad Hunter che deve restare a difendere Mammaidh e Colui che sta arrivando, così non avrebbe provato a tornare indietro con me. Ti ho portato una coperta.»
Ce l’aveva e la presi con gratitudine. Era una bella giornata di primavera ma Ian aveva i brividi, piccoli tremori si muovevano sul suo corpo come le onde di terra di un terremoto in arrivo.
«Colui che sta arrivando?» chiese Jamie a Totìs, anche se i suoi occhi erano fissi sulla faccia di Ian. «Come sai che non è Colei che sta arrivando?»
«Lo dice O’karakarahkwa.» rispose Totìs con sicurezza. «Nonnina Jenny dice che è una ragazza perché Mammaidh ha la pancia alta, ma Papa dice che sta facendo la bastian contraria solo per indispettire il Sachem.»
«Non dire queste cose quando la tua Nonnina può sentirti,» disse Jamie istintivamente. I suoi occhi si mossero dalla faccia di Ian alla gamba e di nuovo sulla faccia, e afferrò la spalla di Ian. «Respira un po’ più profondamente se puoi, a bhalaich, e più lentamente. Sembri Bluebell in una giornata calda.»
Non risi, la descrizione dell’ansimare superficiale di Ian era anche troppo appropriata. La faccia e il collo erano cosparsi di sudore freddo. Era un miracolo che non si fosse tagliato l’arteria femorale; c’era quasi sicuramente una frattura chiusa a metà coscia, appena sotto il laccio emostatico di Jamie. 
Ian era chiaramente atterrato in fondo al burrone con tutto il suo peso su una gamba sola — e a giudicare dal fatto che aveva perso il mocassino e che il piede e la caviglia erano incrostati di fango secco — il piede doveva essersi incastrato nel letto del torrente cosparso di rocce quando aveva colpito il suolo, e il suo corpo che precipitava veloce aveva spezzato la gamba intrappolata. In almeno tre punti.
«Non avrai altro whisky fino a che non avrai bevuto altra acqua al miele,» gli dissi, tenendo la voce ferma e salda. Sentii un brivido profondo nelle ossa anche se non lo stavo toccando, e sapevo che stava scivolando in uno stato di shock.
«Arriva fino a casa, a bhalaich,» disse Jamie con calma a Totìs, che stava osservando suo padre con visibile ansia. «Dì alla tua Mammaidh che ho bisogno della sua porta per fare una barella per tuo Padre. Verremo a prenderla, una volta che sarà tolta dai cardini. Reggerai gli attrezzi per lei, aye?»
Diedi a Jamie il resto dell’acqua al miele dal mio zaino perché lo somministrasse, in sorsi, e mi inginocchiai di nuovo vicino a Ian. Odiavo fagli ancora male, ma avevo bisogno di sapere cos’altro poteva essere danneggiato, prima di muoverlo. E dargli qualcosa — per quanto spiacevole — per distrarlo dalla pace illusoria di uno shock per avrebbe potuto ucciderlo.
«Costole rotte?» chiesi. Non aspettai una risposta, ma gli tastai con attenzione entrambi fianchi. Il suo rantolo di dolore in corrispondenza di un tocco a destra, dove c’era una sgradevole sensazione di cedimento, in contrasto con il solido arco delle costole a sinistra. Uno stimolo maggiore mi convinse che solo una costola era effettivamente rotta, anche se il fianco era chiazzato di ombre blu pallido di lividi in via di sviluppo.
Maledizione. Il tuo sangue è dovunque non dovrebbe essere, dannazione…
I suoi occhi erano chiusi, stava respirando superficialmente, ma il suo corpo sembrava essersi leggermente stabilizzato, adattandosi con cautela al suo nuovo stato frammentato. L’abisso dello shock era ancora rannicchiato vicino, ma una bestia vigile, non ancora pronta a scattare.
«Come ti senti, Ian?» Chiedi, più per continuare a farlo parlare che per il bisogno di saperlo; come si sentiva era chiaramente ovvio.
«Potrebbe… andare… peggio, Zietta,» rispose, tra i respiri superficiali. «Sono sicuro di non essermi… spezzato il collo o –o la schiena. Almeno… il serpente non ha… morso nessuno di noi.»
«Serpente?» disse Jamie, guardandosi frettolosamente alle spalle. Ian rise, ma la risata fu interrotta da un gemito ansimante mentre si stringeva il fianco ferito. 
«Non ridere,» gli dissi, inutilmente.
«Whisky,» riuscì a dire, ansimando.
«E non parlare,» gli consigliai, mettendo la borraccia di Jamie tra le sue labbra. Non ne era rimasto molto, ma non aveva senso conservarlo per dopo…
Jamie aveva tirato fuori il suo rosario — che fosse per protezione contro i serpenti o per principio generale — stava facendo rotolare gentilmente i grani tra il pollice e l’indice. Pensai che non stesse recitando il rosario, come diceva lui, ma certamente stava pregando. Anche io, in quel modo torrenziale e terrorizzato che si utilizza nelle emergenze.
Non c’era nient’altro che potessi fare adesso, fisicamente. La conoscenza e il sapore di metallo si depositarono nel mio stomaco come se avessi ingoiato acqua fredda e sporca. Anche le mani di Ian erano fredde ora e i polpastrelli notevolmente pallidi. Gli sfregai le mani, una alla volta, e pensai di sentire piccolo battito in risposta. L’odore di ferro caldo del sangue quasi eclissava il miasma fecale che ci circondava — ma non del tutto.
[continua…]

Ritratto di Gustav Klimt, Igea, 1897

sabato 23 agosto 2025

Prequel: Tra l'erica

[Brian Fraser ha appena portato Ellen MacKenzie via da Castel Leoch – su sua richiesta – e ora sono insieme nell’erica e si chiedono cosa verrà dopo.]
«Lo hai mai fatto prima?» chiese Ellen sospettosa.
«Ah…» L’aveva fatto. Più o meno. Una volta. E che fosse dannato se aveva intenzione di ammetterlo. «E tu
I suoi occhi si aprirono come fiordalisi.
«Oh, aye», disse. «Con mio fratello Dougal.»
«COSA?» Si ritrasse, sentendosi come se il cuore si fosse fermato. Lei si piegò in una palla, ridendo come una matta, e il cuore ricominciò a battere.
«Tu,» disse, puntando un dito verso di lei, «sei una dannata stronzetta, Ellen MacKenzie.»
«Oh, forse.» Stava ancora ridacchiando, ma si fermò quando vide l’espressione sul suo volto. «Non mi credi, vero?»
«Certo che no!» Certo che no. Però, Dougal MacKenzie… la gente diceva…
Lei sbuffò
«Non credi che io sia vergine?»
Perse la pazienza.
«Be’, lo sei?»
«Lo saprai tra un minuto, vuoi?» Si distese sulla schiena, le mani strette a pugno lungo i fianchi, gli occhi chiusi stretti.
La guardò per un momento, strofinandosi distrattamente il mento. Cosa si aspettava che facesse, esattamente?
Aprì un occhio.
«Non vuoi giacere con me?»
«Be’, non posso davvero essere… voglio dire… con te distesa in questo modo…» fece un gesto impotente verso la sua posizione.
«Oh.» Allargò prontamente le gambe, tirando il tessuto della gonna. «Va meglio?»
«Aye, molto meglio,» disse seccamente. «Siediti, ragazza, e baciami.»
Si mise a sedere, ma con circospezione. Rimase seduta immobile, sebbene sollevasse il mento, e lui vide il cuore batterle dentro, un fremito sotto la pelle della gola. Con un breve fremito a sua volta, capì che aveva paura, e che senza dubbio sarebbe morta, piuttosto che ammetterlo.
Allungò una mano con cautela, mettendola a coppa sulla sua guancia, leggera come per sollevare una colomba dal nido. Lei chiuse gli occhi e si leccò il labbro inferiore con una sorta di spasmo. Poi arricciò le labbra, aggrottando leggermente la fronte in concentrazione.
Non lo credeva. Ma lo disse comunque.
«Hai mai baciato nessuno?»
«Be’, mia madre,» disse, ancora imbronciata, gli occhi chiusi. «E Pa’ e le mie sorelle. Vai avanti, dunque.»
Tolse la mano dalla sua guancia, e si massaggiò il viso con entrambi i palmi. «Gesù, Giuseppe e Maria ci proteggano,» mormorò. Stava cominciando a realizzare che rapire Ellen MacKenzie forse non era proprio una cosa semplice che aveva immaginato.
«Perché nessun uomo ti ha mai baciata?» chiese.
«Perché mio padre o i miei Fratelli avrebbero castrato chiunque ci avesse provato,» rispose, aprendo gli occhi e guardandolo direttamente. «Malcom Grant, ci ha provato, bada, e gli ho detto che lo avrei castrato io
La guardò in silenzio per un attimo, studiando la postura rigida delle sue spalle e la sfida nei suoi occhi: una ferocia frutto non dell'innocenza, ma di un’audacia messa alla prova e acuita dall'esperienza. Qualcosa di inespresso passò tra loro, una corrente di comprensione e cautela, un’ammissione che la fiducia non era né data né conquistata facilmente. L'aria era tesa, carica di tutto ciò che era stato trattenuto e di tutto ciò che poteva ancora essere ceduto, ognuno dei due misurava l’altro attraverso parole dette a metà e irascibilità a malapena trattenuta.
«Questo lo ha fermato, vero?» Lei avvertì lo scetticismo nella sua voce e i suoi occhi si strinsero.
«Aye, lo ha fermato,» disse, e sentì una nuova nota nella sua voce. Non era più irritata, se mai lo era stata. 
«Mi ha chiesto di andare a passeggiare in giardino con lui, e Colum mi ha lanciato un’occhiata cespugliosa che diceva che dovevo, e così l’ho fatto. Una volta fuori dalla vista, mi ha presa per un braccio e ha detto che era stato concordato tra lui e Colum che io lo avrei sposato. Poi ha fatto per baciarmi e io l’ho respinto. Ha pensato che fossi timida e ci ha provato ancora – allora ho preso lo sgian dhu dal mio corpetto e ho detto che lo avrei castrato se lo avesse rifatto e se pensava che potesse sposarmi contro la mia volontà, doveva pensare a qualcos’altro.»
Ricordò l'aspetto che aveva quando era arrivata di corsa dal giardino e deglutì.
«E poi cosa?»
Lei lo guardò e poi distolse lo sguardo. Il suo colorito era intenso e il fremito nella sua gola più pronunciato.
«Ha detto,» mordendo le parole, «che era tempo che io imparassi l’obbedienza. E io ho detto che non era in posizione di parlarmi in questo modo. E lui ha detto…» i suoi occhi brillavano adesso, scuri per la rabbia, «che io sarei stata sua moglie, e che lui mi avrebbe resa tale, seduta stante.»
Grant le aveva afferrato entrambi i polsi, ma aveva liberato una mano per lottare con la sua gonna. A quel punto lei gli aveva graffiato gli occhi con la mano libera, aveva liberato l'altro polso con uno strattone e aveva fatto quello che sembrava un tentativo credibile di mettere in pratica la sua minaccia.
«Se n’è andato, comunque,» disse ancora furiosa al pensiero. «E io sono scappata.»
Sentendo tutto questo, gli era venuto in mente un pensiero preoccupato.
«Ascoltami, a nighean ruaidh,» disse, e lei si irrigidì un poco. Prese un respiro profondo, ma doveva dirlo. «Mi hai chiesto di portarti via solo perché non volevi restare per diventare la moglie di Malcolm Grant e pensavi che lo avrei fatto? O… mi volevi? Perché ti dico la verità, ragazza, non prenderò la tua verginità, se è solo perché provi rancore per Grant.»
Era davvero pazzo come diceva Murtagh? Pazzo per aver avuto fiducia in lei, ancora più pazzo per averla portata via.
L’enormità di ciò che aveva fatto stava cominciando a diventargli chiara.

martedì 29 luglio 2025

Libro 10: Ardo per te, Sassenach

[Jamie, William e Claire nell'atrio vicino alla porta d'ingresso aperta, gli uomini in procinto di partire.]
«Vai avanti e saluta Frances, aye?» disse Jamie. «Sta aspettando vicino ai cavalli». William sembrò momentaneamente sorpreso, ma i suoi occhi si spostarono verso Claire e di nuovo verso Jamie. Il ragazzo fece un passo avanti, prese la mano di Claire e si inchinò su di essa.
«Grazie per la tua gentilezza, Madre Claire», disse, e le baciò leggermente le nocche. «Non preoccuparti; lo riporterò indietro sano e salvo». Senza guardare Jamie, si voltò e scese i gradini, due alla volta.
Claire stava sorridendo della sua impudenza, un vero sorriso, e Jamie benedisse il ragazzo per questo. Prima che lo sguardo di terrore potesse tornare in lei, la strinse a sé, le tolse la cuffia e la baciò. Il suo corpo gli venne subito incontro, e le cose furono come dovevano essere, anche se solo per un momento.
«Tha mi a ' losgadh dhut, a Sassunaich», disse. La sua mano era sulla nuca di lei e i suoi capelli, liberati dalla cuffia, gli cadevano sulle nocche, caldi e pesanti. «Agus bidh mi an-còmhnaidh.»
«Hai appena detto che i miei capelli hanno un odore strano?» chiese, tirandosi indietro per guardarlo. Si toccò i capelli, aggrottando un po' le sopracciglia.
«Davvero?» La strinse di nuovo a sé e inspirò ostentatamente. I suoi capelli sapevano del fumo della colazione e dell’odore muschiato delle lenzuola. Fece scorrere delicatamente la mano su di essi, lisciandoli - per quanto era possibile - e infilandoli dietro le orecchie.. Le sue orecchie non sporgevano, ma lui le notò: erano delicate ed eleganti e improvvisamente avrebbe voluto mordicchiarne una e farla squittire, ma non lo fece, dato che sentì la porta del suo ambulatorio aprirsi, a pochi metri di distanza.
Era Frances, che non era fuori con i cavalli. Lei lo guardò, e la cuffia di Claire che aveva in mano, ma poi si guardò oltre la sua spalla e si illuminò al suono dei passi di William sotto il portico.
«Mr. Fraser?» L'ombra di William cadde attraverso la luce del mattino, allungata sulle assi del pavimento, e Jamie chinò la testa e baciò di nuovo sua moglie, prima che potesse pensare che era un addio.
[fine sezione]

Frances ed io stavamo insieme sotto il portico, salutando mentre Jamie e Willie se ne andavano, con il cappello, gli stivali e gli speroni, alti sulle loro selle, armati fino ai denti e con l'aria di essere capaci  di quasi tutto.
Frances sospirò. Anch'io, ma non del tutto, per la stessa ragione. Da tempo avevo perso il conto delle occasioni in cui era partito per fare qualcosa di pericoloso, e allo stesso modo di quante volte ero stata presa dal terrore quando lo aveva fatto. Un terrore che di tanto in tanto era stato giustificato, ma scacciai quel pensiero.
«Be', c'è del sapone da fare», dissi, sperando di sembrare vivace e allegro.
«Che schifo» disse Frances, ma distrattamente, continuando a fissare il sentiero vuoto. Sospirò di nuovo. «Spero che mio marito mi dica cose del genere. Quando ne avrò uno, intendo», aggiunse.
«Cose come cosa?»
Mi guardò, sorpresa.
«Quello che vi ha appena detto Mr. Fraser nell'atrio. In gaelico».
«Cosa…? Che i miei capelli puzzavano di salsiccia bruciata?»
Rise e le sue guance divennero rosa.
«Non è quello che ha detto».
La guardai pensierosa. Ovviamente, Cyrus le aveva insegnato più di quanto pensassi.
«Che cosa ha detto, allora?»
Le sue guance divennero notevolmente più rosa, ma rispose prontamente.
«Ha detto: 'Ardo per te, donna inglese'». Emise un piccolo suono in gola e si guardò i piedi, aggiungendo dolcemente: «E lo farò sempre».
[fine sezione]

Fu solo quando uscii all'aperto per accendere il grande bollitore per fare il sapone che il vento mi soffiò i capelli negli occhi e sentii la mancanza della mia cuffia.
«Frances!» Chiamai. «Andresti a dare un'occhiata all'ingresso? Devo aver lasciato cadere la cuffia sul pavimento».
«No, non lo avete fatto» disse, sbuffando mentre posava un carico di piccoli tronchi. «Mr. Fraser se l'è messa in tasca».
[fine sezione]
*Ritratto di Jean-Baptiste-Simeon Chardin, ca. 1733.

lunedì 14 luglio 2025

Libro 10: Claire & Minnie

[No, non vi dirò dove - o precisamente – quando ha luogo questo estratto. Fuirich agus chi thu che significa “Aspettate e vedrete”, in Gaelico]

«Ho conosciuto vostro marito, tempo fa,» disse la duchessa, con naturalezza, porgendomi un bicchiere di cristallo con del vino rosso frizzante. «Era bello e affascinante, ed ero pazzamente innamorata di lui. O così pensavo.»
Non mi ero mai imbattuta nello champagne rosso prima, se si trattava di questo, ma il bicchiere era pesante nella mia mano, e il contenuto aveva un profumo divino.
«Ho conosciuto vostro marito poco tempo fa,» risposi tranquillamente. «Era un completo idiota, ma non senza un certo fascino.»
Si diede un colpetto della mano sulla bocca, e uno spruzzo di bollicine rosse le uscì dal naso.
Risi anch’io, ma trovai un fazzoletto in tempo per raccogliere il vino che mi scorreva lungo il mento. «Ecco,» dissi, porgendoglielo. Fece un cenno della testa in ringraziamento, tossendo un poco, si tamponò la faccia e me lo restituì.
«Grazie,» disse, «Sì, lo è, cosa che è un vantaggio a metà. Fastidiosamente testardo, ma smuoverebbe cielo e terra per fare ciò che pensa sia giusto, a prescindere da quanto gli costi personalmente. O a chiunque altro.»
«So perfettamente cosa intendete,» dissi mestamente. «Uomini del genere sono pericolosi.»
«Vero,» disse. «Ma mai noiosi. » Ebbi la chiara impressione, dal suo tono di voce, che non vedesse di buon occhio gli uomini noiosi.
«Devo ammettere che un uomo noioso non è molto bravo in un salotto,» dissi, lanciando un’occhiata a un grande vaso di rose rosse su un tavolino con il ripiano di marmo vicino alla porta. 
«E neanche in camera da letto,» concordò
«Fortunatamente non ne ho mai incontrato uno in simili circostanze,» dissi educatamente, «ma quello che voglio dire è che l’essere noioso non è di per sé senza valore. Un uomo noioso mi ha salvato la vita una volta.»
«In virtù dell’essere noioso?» Si sporse in avanti interessata, e versò altro vino nel suo bicchiere, poi sollevò un sopracciglio, e al mio cenno di assenso, riempì anche il mio.
«Esattamente. Rischiavo di essere bruciata come strega – in Scozia,» aggiunsi, e lei annuì come se questo spiegasse tutto, e così fu. «Era un avvocato. Respinse le accuse degli inquisitori della Chiesa, parola per parola, frase per frase, letteralmente per ore. Io stessa, sono quasi morta per la noia,» aggiunsi sinceramente. «ma li trattenne abbastanza  a lungo perché mio marito arrivasse e, ehm, si rendesse conto della cosa.»
«Oh, avrei volute vederlo! Sia la performance del vostro galante avvocato che l’arrivo giusto in tempo di vostro marito.» Sembrava sinceramente dispiaciuta. Sorrisi, ma per un istante sentii il vento freddo del lago e trasalii, aspettandomi un altro colpo sulla schiena nuda.
«Quando è successo?» chiese. «Non siete veramente una strega, suppongo?» Sembrava speranzosa e io risi.
«Alcuni anni fa,» dissi, «e quanto all’essere una strega, sembra essere discutibile, ma no.» Bevvi un sorso piuttosto abbondante. Andò giù liscio, ma con un tocco di insolita acidità. Mi schiarii la gola. «Ehm. Avete visto mio marito di recente?»
«L’ho visto proprio là, ieri pomeriggio,» disse, indicando il tappeto con il motivo a margherite. «Gli ho offerto un letto, naturalmente.»
«Ovviamente,» con un’attenta mancanza di enfasi. «Molto ospitale da parte vostra.»
Mi rivolse un largo sorriso, e mio malgrado, sorrisi a mia volta. La Duchessa di Pardloe era piccola, bionda, elegante – e senza dubbio, una peste. Inoltre, era evidente – non lo stava nascondendo – che amava suo marito ed era preoccupata per lui.
«E dal momento che immagino che attualmente mio marito non sia in nessuno dei vostri letti, vi ha per caso detto dove stava andando?»
[fine dell’estratto]

*Ritratto: Pierre-Auguste Renoir: Confidenze, 1878 


domenica 22 giugno 2025

Libro 10: Pensieri su Hal

[Claire, nel suo ambulatorio, sta cominciando a fare I bagagli. NOTA PER EVITARE CONFUSIONE – NON STA PARTENDO PER CERCARE HAL; I SUOI PREPARATIVI (PER ANDARE A TROVARE QUALCUNALTRO – O ALCUNI ) SEMPLICEMENTE LE FANNO PENSARE A LUI]
Come preparare i bagagli per un'operazione di salvataggio in cui non si ha idea di dove ci si troverà, per quanto tempo o in quali circostanze?
Vestiti… certo, la possibilità di dover socializzare con il tipo di persone che poteva essere scontenta del mio normale guardaroba era remota, ma non potevo neanche non essere presa in considerazione del tutto. Avremmo potuto avere bisogno della buona volontà di qualcuno influente.
Avevo due abiti da sera che potevano essere definiti decenti, uno dei quali aveva bisogno di essere rammendato… ma il pensiero di qualcuno influente ineluttabilmente deviò il mio ingranaggio mentale verso pensieri su Hal.
Dov’era quel dannato uomo? William pensava che suo zio fosse diretto a New York con l’intento di trovare il suo figlio maggiore errante, vivo o morto e … per fare cosa?
Avevo abbastanza familiarità con  sua Grazia, il Duca di Pardloe, da pensare che mentre era testardo quasi quanto Jamie, i suoi sentimenti verso la sua famiglia erano quasi altrettanto esigenti. Dovendo scegliere tra essere fucilato per diserzione e lasciare il suo figlio maggiore in una posizione pericolosa, molto probabilmente, Hal avrebbe scritto a Sir Henry Clinton una lettera in cui dichiarava il suo intento immediato di lasciare l’esercito per un impegno personale, e proseguito con una nota concisa indirizzata a “A chi di dovere” dichiarando che sarebbe stato felice di presenziare alla corte marziale quando era più comodo all’esercito, al suo ritorno.
Che avrebbe fatto quel maledetto uomo se avesse avuto un altro attacco di asma, per strada? Be’ gli avevo insegnato come respirare durante un attacco, così sarebbe potuto sopravvivere…
Sospirai, recitai una breve preghiera per Harold, Duca di Pardloe, stupido e padre, e allungai la mano per prendere un pacchetto di rametti di Ephedra dal secondo scaffale. Per ogni eventualità.

mercoledì 4 giugno 2025

Libro 10: Minnie arriva a New York

Porto di New York, 1781
A bordo della HMS Achilles
Niente del caos a terra preoccupava Minnie. Ciò che la preoccupava erano i suoi figli e Hal.
Ben è vivo. Prima che arrivasse la lettera di Adam, non aveva avuto alcun motivo per presumere che non lo fosse, e quell'affermazione l'aveva colpita alla bocca dello stomaco. Indicava fortemente che Adam – e quindi, molto probabilmente, suo padre – aveva avuto motivo di pensare che qualcosa di drastico fosse accaduto a Benjamin… e nessuno dei due glielo aveva detto.
Oltre ad allarmarla e farla arrabbiare, la lettera la rendeva anche cauta. "Quello che sta succedendo è davvero terribile". "Terribile" era una di quelle parole che potevano significare qualsiasi cosa, da una cena bruciata a… be’, ad alcune cose che aveva visto nella sua vita, in particolare in Francia. Ma non avrebbe saputo di più finché non avesse messo le mani su almeno uno di quei furfanti dei suoi uomini.
La scelta era stata chiara fin dall'inizio: trovare Hal, trovare Adam o trovare Ben. E dei tre, almeno sapeva dov'era Adam. A meno che il dannato esercito non lo avesse mandato da qualche altra parte… Inoltre, a partire dall'ultima lettera di Ben, inviata più di un anno fa, anche lui si trovava a New York o nelle vicinanze, mentre Hal era (almeno in teoria…) a Savannah, e la spedizione verso le colonie meridionali era stata nel migliore dei casi confusa negli ultimi due anni.
«Sarebbe meglio mangiare per prima cosa, vostra grazia.» Mick era al suo fianco, e osservava con interesse il molo. «Non si dovrebbe affrontare qualcuno a stomaco vuoto. Questo è quello che mi ha sempre detto la mia Mamma».
«E sei ancora vivo, quindi deve aver avuto ragione.»
I muscoli dello stomaco erano doloranti; li aveva stretti per tutto il viaggio. Ma il pensiero del cibo le faceva brontolare le viscere per l'attesa, nonostante l'odore di catrame, sudore, legna e pesce che arrivava dal molo.
«C'è una piccola taverna chiamata Fraunce's» proseguì Mick. «Fa un buon burgoo, e le ostriche erano eccellenti, l'ultima volta che sono stato qui.» Lei poteva vedere il suo naso contrarsi sopra gli ispidi baffi che gli erano cresciuti durante il viaggio, come se stesse aspettando il burgoo, qualunque cosa fosse.
«E quando è stata l'ultima volta che hai assaggiato le delizie di Fraunce's, se posso chiederlo?» Rafe mentiva per il gusto di farlo, ma Mick di solito lo faceva solo quando dire la verità era scomodo.
«Oh, devono essere passati tre o quattro anni» disse, e fece un cenno verso la diga che le impediva di vedere la città. «Era in mani americane, allora, se ricordo; probabilmente lo è ancora. Ma non importa, le ostriche non hanno nulla a che fare con la politica».
«Sono sollevata a sentirlo», rispose Minnie, reprimendo un piccolo gorgoglio di divertimento al pensiero delle ostriche politiche, che si spingevano e si urlavano a vicenda in una ciotola di stufato. «Proveremo Fraunce's, allora. Immagino che il proprietario possa indirizzarmi al quartier generale di Sir Henry. Minnie e l'esercito britannico vivevano, per la maggior parte, in uno stato di diffidente distensione, ma una cosa buona dell'esercito era che di solito sapevano dove si trovava la loro gente. Qualcuno avrebbe trovato Adam per lei.
Quel pensiero purtroppo la portò a considerare dove le persone non si trovavano. Ben, per esempio.
Il vento freddo al largo del porto le aveva gelato, il viso e le mani. Avvolse le mani nel mantello e lo strinse a sé, ma il gelo si era spostato bruscamente verso l'interno al suo pensiero Ben. Benjamin. Normalmente, riusciva a non pensare a dove fossero i suoi figli o il marito e a cosa stessero facendo. La moglie di un soldato imparava presto a non pensarci; solo per essere grata per la loro presenza e, in loro assenza, prega. Chiuse gli occhi.
«Madre», sussurrò, non ascoltata dal vento e dalle grida delle attività sulla banchina. «Aiutami. Aiutami a trovare Ben e a non uccidere Hal.» Non sapeva se fosse cattolica – suo padre non glielo aveva mai detto – ma si faceva il segno della croce al pensiero di Suor Emmanuelle, che era, ne era certa, una santa di qualche tipo adesso. Sicuramente la povera donna meritava la santità, dopo quello che le avevano fatto il padre di Minnie e il convento.
La nave colpì il bordo del molo con un tonfo e uno stridio lacerante del legno e rimbalzò, l'impatto le fece spalancare gli occhi e barcollare. Mick e Rafe la afferrarono immediatamente per le braccia, ondeggiando avanti e indietro con facilità mentre la nave si assestava.
«Eccoci qui, vostra grazia», annunciò Rafe allegramente. «Andiamo?»
«Sì», disse, staccandosi dagli O'Higgins e sistemandosi i vestiti. «Che diavolo è il burgoo?»
[fine sezione]

domenica 18 maggio 2025

Libro 10: Buona Festa della Mamma 2025

Quando William entrò nel boschetto di pioppi dove si trovava il capanno dei Murray, vide subito Rachel, seduta su una sedia a dondolo nella veranda in camicia con uno scialle in grembo. Lei sentì i suoi passi e alzò lo sguardo, la faccia illuminata. Poi vide chi era, e mentre la luce non lasciò i suoi occhi, il suo sorriso cambiò completamente e allungò una mano verso le estremità pendenti dello scialle.
«William!» disse, e si alzò a metà, lo scialle stretto al petto. «Da dove diamine arrivi?» Il sorriso era caldo e sincero – ma lui sapeva di non essere l’uomo che lei stava aspettando.
«Mrs. Murray», disse, e si inchinò rispondendo al sorriso. «Servo vostro, ma’am».
Rise
«Nessun uomo è il servo di un altro, William e so che tu ne sei consapevole.»
«Sono al corrente che gli Amici pensano questo, sì. Ma certamente non mi priverete del piacere di offrirvi i miei miseri servizi –come amico?» Si guardò intorno in cerca di qualcosa da fare; il suo cuore aveva fatto un salto quando l’aveva vista, e non era tornato del tutto al suo posto. Un cestino di baccelli di piselli verdi appena raccolti stava vicino alla sua sedia a dondolo con una ciotola di terracotta gialla, piena per metà di piselli sgranati.
«Sedetevi,» disse, facendo un cenno con la testa verso la sedia a dondolo. «Ci penso io.»
Si sedette vicino a lei, le gambe che penzolavano oltre il bordo della veranda, e tirò il cestino verso di sé.
Era consapevole di un mucchio di cose al momento, tutte riguardo a Rachel. I suoi capelli scuri erano sciolti, piuttosto scompigliati, e le sue lunghe gambe erano nude e abbronzate sotto l’orlo della sottoveste. Incrociò le caviglie – molto eleganti – quando vide la sua occhiata e lui distolse lo sguardo non volendola mettere in imbarazzo, anche se voleva ancora guardare.
Era sola; la porta del capanno era aperta e non c’era segno di nessuno all’interno.
Durante la lunga scalata verso il capanno, non aveva ammesso con sé stesso che sperava di trovarla da sola… ma così era. Quando l’aveva incontrata sulla strada per Philadelphia, lei lo aveva schiaffeggiato, gli aveva dato un calcio nello stinco e lanciato la sua cuffia. La volta successive non c’era stato tempo per conversare, data la presenza di un maniaco che brandiva un’ascia, e nel loro incontro più recente lei lo aveva chiamato galletto. Lei aveva dichiarato che si trattava di un complimento, ma non era sicuro.
Inoltre, era stato quasi tre anni prima, e sembrava abbastanza ben disposta verso di lui al momento… e ora era tranquillamente sposata.
«Le mie scuse,» disse, «Avrei dovuto pensare di portarvi qualcosa dal banchetto — c’era un’immensa quantità di cibo; abbastanza da evitare la fame a tutto il Ridge per tre mesi, almeno. Un sacco di pollo fritto, pasticci di tutti i tipi, qualcosa che mi hanno detto era corn fufu — e dal momento che è stata mia sorella a dirmelo, sono incline a crederle — patate dolci con mele e cipolle, e un maiale gigantesco. Hanno detto che è stato arrostito sottoterra per giorni, fino a che la carne non si è staccata dall’osso — l’odore copriva tutto il fianco della collina e il resto della carcassa avrebbe sfamato…»
Rachel si alzò in piedi all’improvviso, afferrò il palo che reggeva il tetto del capanno e vomitò fuori dal bordo della veranda.
«Miss Hunter! Voglio dire…Mrs.…Mrs.…» Nell’agitazione del momento il suo nome da sposata era sparito. «Rachel!» Era scattato quando lei si era alzata, e ora le afferrò il gomito per evitare che cadesse oltre la veranda.
Lei emise un suono inarticolato, facendo un gesto della mano per tenerlo lontano, e poi vomitò di nuovo, in abbondanza. Sembrava malferma anche se stava aggrappata al palo con entrambe le mani ora, e lui le mise un braccio intorno alla vita per stabilizzarla.
«Oh, Gesù!» disse, allo stesso tempo sollevato e sconvolto dal piccolo rigonfiamento rotondo che aveva toccato sotto la sua sottoveste. «Siete incinta!»
 Nonostante la sua evidente infermità, gli lanciò un’occhiata che fortunatamente non venne tradotta in inglese.
«Perdonatemi, madam,» disse togliendo con cautela la mano dalla sua cintola.
Lei agitò la mano e fece un passo indietro, collassando sulla sedia con una forza che la fece oscillare avanti e indietro brevemente. I suoi occhi erano chiusi, la sua faccia lucida per il sudore ed era diventata del colore del latte cagliato.
«C’è…qualcosa…?» disse, anche se la situazione sembrava completamente oltre le sue capacità.
La sua gola lunga e delicata si mosse mentre deglutiva e fece una smorfia.
«Sottaceti», disse. «Sottaceti…Latticello» Fece un gesto con una mano molle verso la porta aperta.
L’allusione ai sottaceti con il latticello lo fece sentire quasi nauseato, ma andò subito dentro e rovistò nella dispensa, dove c’era un piccolo vaso di cetriolini che, dall’odore, erano stati conservati in aceto, aneto, aglio e pepe nero. Sembravano difficilmente adatti a qualcuno con una digestione a soqquadro, ma Amaranthus una volta gli aveva raccontato le cose che aveva trovato commestibili durante la gravidanza, tutte peggiori dei cetrioli che sapevano di aglio. E i sottaceti con l’aneto funzionavano contro il mal di mare…
Il latticello era in una brocca sul tavolo, uno straccio appesantito che lo copriva. Dibatté brevemente se portarla tutta, ma poi scosse la testa e cercò una tazza. Portò il vaso di sottaceti, però, incerto su quanti ne servissero. 
Lei prese uno dei sottaceti forti dal vaso prima che lui potesse sedersi, e se lo ficcò in bocca, succhiando con forza, come un gentiluomo che cerca di aspirare un sigaro.
Non sapendo che altro fare, le piegò le dita della mano libera intorno alla tazza di latticello, e si sedette con cautela affianco a lei.
«Non me ne andrò finché non vi sentirete abbastanza bene da dirmi di andare, o non sarete nel vostro letto con le coperte ben rimboccate,» disse in tono di conversazione. «Avete in effetti intenzione di – oh, mio Dio.» Lei aveva preso un grosso boccone di sottaceto , lo aveva masticato velocemente e aveva ingoiato il latticello per mandarlo giù.
«Sì,», borbottò, e prese un altro boccone croccante e altro latticello.
«Vado a prendere la brocca,» disse portando i piedi sotto di sé, ma lei agitò una mano in rifiuto, poi deglutì.
«No, Ti ringrazio. È… è passato.»
«Siete sicura?»
Deglutì, prese un profondo respiro, e scosse la testa.
«L’unica cosa di cui sono sicura è che sto davvero aspettando un bambino. Se non fossi convinta di questo, penserei di essere mortalmente malata di crampi allo stomaco o hockle-grockle. Questo non succedeva quando… quando ho avuto Hunter.»
«Cosa sono i crampi allo stomaco?» chiese, divertito. «Ho sentito parlare di hockle-grockle, anche se temo di non poterne descrivere i sintomi. Sembra che i sottaceti aiutino, comunque.»
«Hockle-grockle è qualcosa di cui soffrono i marinai, o così mi hanno detto. Crampi allo stomaco è un termine generico per violente convulsioni interne.» Sembrava stare un po' meglio, ma il pensiero di violente convulsioni interne evidentemente ne aveva provocata una, perché chiuse gli occhi e si aggrappò ai braccioli della sedia a dondolo come se fosse una piccola barca in un mare agitato.
William la osservò, ma a meno che lei non volesse un altro sottaceto… «Be’ credo che hockles (nodi) – su una nave – sia qualcosa che ha a che fare con le catene,» disse, sperando di offrire una distrazione «Grockle… non è una sorta di uccello?»
Lei respirò attraverso il naso per un momento, ma poi aprì gli occhi con attenzione, e allungò cautamente una mano per prendere un altro sottaceto.
«Forse. Possiamo parlare di qualcos’altro che non siano le mie viscere?»
«Naturalmente,» disse William con grande entusiasmo. «Avete in mente un argomento di conversazione in particolare?»
«Be’, per cominciare – che ci fai qui?»

Immagine: Madonna del parto di Piero della Francesca, 1450 - 1465

sabato 3 maggio 2025

Libro 10: A Blessing for a Warrior Going Out

Nota dell'autrice:
[…]
Il titolo del Libro Dieci della serie OUTLANDER (e sì, questo è il libro finale della serie principale, anche se potrebbero esserci altri libri integrativi e storie secondarie, dipende da questo tempo vivrò…) è:
[…]

A BLESSING FOR A WARRIOR GOING OUT
(NO, questo non significa che Jamie morirà. Non è una benedizione di morte, è la Benedizione  di San Michele, recitata per un guerriero che sta per andare a fare qualcosa di importante e probabilmente pericoloso. Ci sono parecchie altre persone in questo libro che hanno i requisiti per questa benedizione, credetemi…)

[…]

[Estratto da A BLESSING FOR A WARRIOR GOING OUT, Copyright 2025 Diana Gabaldon]

Solo alcune persone avevano notato l’arrivo di William. I festeggiamenti dopo il matrimonio erano ben avviati, e la maggior parte degli ospiti si era radunata in gruppi vicino ai tavoli con il cibo, il volume delle chiacchiere e delle risate si alzava e si abbassava mentre il vento cambiava direzione tra gli alberi.
Una di quelli che l’avevano notato era Fanny, in piedi accanto al mio gomito.
«A Dhia» disse flebilmente. O Dio.
Io stessa non avrei potuto dirlo meglio.
Jamie si alzò lentamente dalla sua sedia – senza usare il bastone, vidi – e si avvicinò, gli occhi fissi su William. 
William stesso era ancora a cavallo entrambi sporchi di fango, scarmigliati e con il respiro pesante. Vidi la sua gola muoversi mentre deglutiva, evidentemente preparandosi a ripetere quello che aveva detto un attimo prima.
Sir – Ho bisogno del vostro aiuto.
Ma Jamie stava avanzando, scendendo gli scalini. Potevo sentire il suo ginocchio sinistro schioccare a ogni passo ma lui non sussultava o zoppicava. Raggiunse William e gli mise una mano sul braccio.
«Ce l’hai,» disse semplicemente. «Entra.»
[Fine della sezione]

William salì gli scalini dopo Jamie, il cappello ficcato sotto il braccio. Il suo volto era ancora segnato da rughe di ansiosa determinazione, ma si distese per un attimo quando mi vide. Si fermò e una sfumatura di calore gli sfiorò gli occhi.
«Madre Claire», disse. «Non mi aspettavo – anche se avrei dovuto – te.» Il suo sguardo mi sfiorò, osservando la porta aperta dietro di me, la porta bella e pesante e il lungo e ampio corridoio al di là, fiancheggiato dagli schizzi e dai dipinti di Brianna.
«Lo so,» dissi sorridendo. «È un po’ uno shock vedere qualcuno fuori posto, per così dire.»
L’angolo della sua bocca si contrasse brevemente.
«Per così dire,» disse, riconoscendo e liquidando subito le circostanze in cui era abituato a vedermi: come moglie di Lord John. E con la stessa rapidità con cui era arrivato, il calore svanì e la sua mascella si irrigidì di nuovo. Jamie lo stava aspettando sulla porta del suo studio.
William aveva appena messo il piede sulla soglia, quando Fanny parlò alle sue spalle.
«Will-yum?» disse, la sua voce chiara ma incerta.
Lui si girò per guardare in dietro, sorpreso, e poi sorrise e arretrò sulla veranda, allungando un braccio per prendere le sue mani.
«Frances,» disse dolcemente, abbassando lo sguardo verso di lei. «Eccoti qui.»
«Eccomi qui,» disse, sorridendo. Era arrossita quando lui si era girato verso di lei ma i suoi occhi castani brillavano. «Devo prendermi cura del tuo cavallo al posto tuo?»
«Oh.» Guardo giù per i gradini; il cavallo, un grosso baio nero e robusto, stava masticando rumorosamente l’erba accanto al sentiero, le redini avvolte senza riguardi sul recinto. William mi guardò e io feci un piccolo cenno in direzione di Fanny.
«È molto gentile da parte tua, Frances,» disse e strinse brevemente le sue mani prima di lasciarla andare. «Il suo nome è Trajan e sono sicuro che sarà grato per il tuo benvenuto come lo sono io.»
Lei si voltò subito e saltò giù per i gradini, raggiante. William la seguì con lo sguardo, il sorriso ancora sul volto.
«Stavo per dire, ‘Come sei cresciuta, Frances!’» commentò, sottovoce, verso di me. «Ma non sarebbe andato bene, vero? Lo odiavo sempre quando gli amici di Papà lo dicevano a me.»
«Sarebbe stato un fiasco totale,» lo rassicurai. «Comunque, sì. E la sua pronuncia è quasi perfetta adesso.» Guardai oltre la mia spalla, Jamie era andato nel suo studio. «E —em— come sta Lord John I questo periodo?»
«Vorrei saperlo,» disse, la faccia e la voce entrambe cupe. Prese un respiro profondo e mi superò lungo il corridoio.
Non sapevo se dovessi essere presente alla conversazione che stava per avere con Jamie, ma nessuno dei due aveva chiuso la porta, così entrai silenziosamente e andai subito alla credenza dove si trovava il vassoio per i visitatori, un semplice oggetto di peltro, ma dotato di diversi bicchierini, una bottiglia di whisky abbastanza buono e una brocca d'acqua
Jamie incontrò i mei occhi, ma non disse niente mentre appoggiavo il vassoio. Mise un bicchiere davanti a William, versò un goccio e disse con naturalezza, «Aye, quindi?»
«Riguarda mio p—è per Lord John, sir.»
«A Dhia,» disse Jamie, con un po' più di forza di quella usata da Fanny. Inspirò profondamente dal naso. «Dov’è? E sedetevi, my lord,» aggiunse, facendo un cenno della testa verso la sedia.
«Non lo so,» William si sedette, aggiungendo, «Non chiamatemi così,» poi aggiunse un veloce, «per favore, sir,» in un secondo momento.
Jamie alzò un sopracciglio.
«Sapete dove potrebbe essere, Mr. Ransom?» chiese in maniera garbata.
«No! Dannazione, se avessi saputo dove si trova, lo avrei già riportato indietro!»
L’esplosione sorprese tutti, compreso William, che strinse le labbra.
«Vi chiedo scusa, sir,» disse rigidamente. «Ho cercato… sua signoria… per un po’ tempo— per mesi. Sono alquanto…» fece un breve gesto che indicava il disordine emotivo, la mancanza di sonno e/o la profonda paura, e Jamie annuì.
« Dèrangè», disse, in buon francese. «Mi aspetto di sì. Suppongo che non sarebbe utile chiedere dove lo avete visto l’ultima volta?»
«No,» disse William seccamente. Aveva orai quasi ripreso il controllo, comunque, ed aiutò il processo con un sorso di whisky. «Comunque, per quello che vale, l’ultima volta l’ho visto nel salotto di casa sua a Savannah, il [data]. Più tardi, quel giorno, dopo che me n’ero andato, ha ricevuto un messaggio scritto, e qualunque cosa dicesse, a quanto pare lo ha spinto ad andare immediatamente al molo. Me lo ha detto la cuoca. Era presente quando ha ricevuto il messaggio», aggiunse, «ma non ha visto cosa dicesse né da chi provenisse».
«Ha detto alla cuoca che stava andando al molo?» chiesi, e lui scosse la testa.
«No. Ma è andato lì. Una venditrice di molluschi su una delle banchine ha detto di aver visto un uomo biondo, che indossava un cappotto buono, con una fila di soldati, che le ha chiesto se c’era una nave chiamata “Palace” nel porto.»
«Ma se non sai che era andato al molo, perché lo hai cercato lì?» Presi la bottiglia e versai un altro po’ di whisky a tutti; era chiaro che ci sarebbe voluto del tempo.
Willie mi lanciò un'occhiata un po' strana, come se volesse chiedermi di uscire dalla stanza, ma invece prese un altro boccone e lo ingoiò.
«Qualcuno di voi conosce un uomo di nome Percival Wainwright? O, se è per questo, il Chevalier St. Honorè?»
Jamie restò inespressivo, ma io sentii un leggero tocco freddo sulla nuca, come la carezza di un fantasma.
«Sì,» dissi. «Lord John lo ha nominato un paio di volte. Era il … fratellastro di John, credo avesse detto. Il suo nome non è Percival, comunque; è Perseverance. E —»
«Perseverance?» Jamie si piegò in avanti, interessato. «Un Quacchero?»
William si schiarì la gola e abbassò lo sguardo.
«Decisamente no,» disse.
«È morto, comunque,» dissi a Jamie e William alzò lo sguardo su di me.
«Lo è adesso,» disse.
[Fine della sezione]

sabato 26 aprile 2025

Libro 10: Per la Giornata Mondiale del Libro

[Forse dovrei aggiungere qualche parola di spiegazione/introduzione a questa scena: Jamie Fraser e suo figlio William (ossia il Conte di Ellesmere, e figlio di Lord John Grey…) sono in viaggio per tentare di salvare Lord John che è stato rapito da un certo Ezekiel Richardson, per essere utilizzato come pedina politica.]

Avevano discusso ancora una volta di modi e mezzi, mentre si avvicinavano a Savannah. Anche se, in verità, le possibilità immediate erano limitate come lo erano state quando avevano lasciato il Ridge.
«Abbiamo la nave… e Ezekiel Richardson… e Denys Randall» disse ora Fraser. Erano seduti nel Silver Scrod, in Bay Street, e l'odore del porto entrava dalle porte aperte con la brezza mattutina, densa di catrame e pesce fresco.
Rinvigorito dal sonno della notte precedente in un letto, William si grattò un morso di pulce sulla coscia e prese una tanto attesa tazza di caffè. Savannah era una roccaforte britannica e, sebbene ancora costosa, si potevano avere sia il tè che il caffè, e Mr. Fraser aveva insistito che dovevano avere queste sontuose bevande per la colazione con pasticcio di merluzzo, accompagnato da porridge di mais imburrato.
«Per celebrare la nostra sopravvivenza,» disse Fraser, alzando la sua tazza. «Finora.»
«Alla nostra salute.» replicò William, alzando il suo caffè, e fu gratificato nel vedere suo padre sorridere.
«Parli Italiano, allora a charaid
«Un poco. Voi?»
«Abbastanza per ordinare da bere o iniziare una rissa. Cos’hai detto, prima?»
«Significa, ‘Alla nostra salute!’»
Il sorriso di Fraser si allargò.
«C’è un brindisi scozzese che ha praticamente lo stesso significato, a bhailach.» alzò la sua coppa, e il mento.
«Alla nostra salute!  Chi è come noi?»
«Chi è come noi?» chiese William dubbioso.
«Veramente pochi,» disse suo padre, rafforzando il suo accento, «e sono tutti morti, Slàinte mhath!»
[fine della scena]

«Divide et impera, secondo voi?» William ruttò leggermente, versò l'ultimo caffè nella ciotola e aggiunse altra panna e zucchero. «O un attacco in massa su uno dei nostri bersagli?»
Fraser aveva scelto il tè, e il suo profumo dall’altra parte del tavolo fece pensare a William all’Inghilterra per la prima volta a mesi. Lo scozzese bevve l’ultimo sorso, chiuse gli occhi in un momentaneo assaggio, poi deglutì e sospirò piacevolmente prima di prendere altri due piccoli merluzzi, fritti in burro e farina di mais, dal piatto quasi vuoto tra di loro.
«Dal momento che siamo solo in due», disse, «e non ho ancora incontrato Denys Randall, penso che dobbiamo dividere. Eri in buoni rapporti con lui l’ultima vota che lo hai visto?»
«No, ma non penso che gli importerà.» William prese l’ultimo merluzzo e alcuni gamberi fritti e una fetta di pane tostato. «Mi ha abbandonato in Canada.» Le guance di William erano già calde per il cibo e il caffè, ma divennero ancora più calde, al ricordo di un freddo inverno rifugiato in un convento di suore cattoliche francofone.
Fraser sembrò indisturbato dalla rivelazione dell’indifferenza di Randall, ma interessato alla sua sparizione.
«Quando è successo, esattamente?» chiese.
«Non mi ricordo – oh, aspettate, sì,» rispose William sorpreso. «Era la Vigilia di Natale, quattro anni fa; mi ricordo che le suore andare in chiesa a mezzanotte, e a vedere le luci tremolanti– la chiamano l’aurora – nel cielo sulla chiesa.» Chiuse gli occhi e bevve l'ultimo sorso di caffè, ricordando le suore che correvano, due a due come una colonna in marcia, con le loro tonache e i loro mantelli scuri che le facevano sembrare piccoli frammenti di notte, alla deriva tra le stelle delle loro torce.
«Perché è importante?» chiese aprendo gli occhi.
«Era importante per Randall,» fece notare Fraser. «Probabilmente era stato preso alla sprovvista da qualcosa, perché se fosse partito a causa di qualcosa che già sapeva sarebbe successo, avrebbe trovato uno scopo migliore per te che lasciarti a recitare preghiere per la sua anima con le Sorelle.»
Colto di sorpresa, William rise, inalando inavvertitamente una briciola di pane tostato e poi starnutendo.
Fraser spostò il suo piatto fuori dalla portata degli schizzi.
«Perciò mi chiedo cosa possa essere successo. Aveva ricevuto un messaggio di qualche genere che tu sappia? O ti è capitato di sentire, qualche volta nel mese successivo alla sua partenza, che fosse successo qualcosa... magari di natura militare?»
Non c'erano né tovaglie né tovaglioli, e l'ultimo grandi fogli segnati di orme che normalmente servivano a questo scopo stava lentamente correndo lungo la strada. William si asciugò il viso sulla manica e scosse la testa. 
« «In realtà non parlava di nulla di specifico... con me, intendo. Eravamo in Québec, comunque. E di tanto in tanto riceveva notizie: dispacci, intendo, e lettere. A volte li condivideva con me, ma non spesso»
Chiuse gli occhi tentando di concentrarsi e di non pensare allo stesso tempo; a volte sia i ricordi che le idee arrivavano più facilmente quando non inseguiti…
«Québec,» disse Fraser pensieroso. «Sapevi che Lord John ha combattuto nella battaglia per la Cittadella? Al comando di James Wolfe?»
«No,» disse William, aprendo gli occhi. «Non lo sapevo. Non me lo ha mai detto.»
«Be’, non avevi ancora due anni all’epoca,» disse Fraser, senza preoccuparsi di sopprimere un sorriso, cosa che irritò William. Prese un profondo respiro, però, e parlò civilmente.
«Non fatelo,» disse, puntando un dito verso di lui. «Per favore.»
Un folto sopracciglio rosso si sollevò in un’espressione interrogativa, e William prese un altro respiro.
«Sapete abbastanza bene cosa intendo,» disse piatto. «Mi trovo in costante svantaggio, a causa della nostra differenza d’età e… altre cose.» Si schiarì la voce. «Sicuramente un uomo d’onore  - come credo che voi siate,» aggiunse un po’ riluttante, «non userebbe inevitabili circostanze personali per ottenere un’ascendenza morale.»
A suo credito, Fraser non rise o sorrise a questo, ma si rilassò un poco e diede a William un lungo e indagatore.
«Aye, lo farebbe», disse alla fine. «A seconda delle circostanze e del motivo. Ma hai ragione,» aggiunse, allungando il braccio per prendere la teiera, «e io non lo farò.»
William fu sorpreso, ma annuì con quella che sperava fosse una graziosa accettazione, poi prese la ciotola e scolò l'ultimo caffè, leccando gli ultimi granelli di zucchero dal bordo.
«Hai rinunciato all’incarico,» disse Fraser pensieroso, «ma non hai venduto la tua giubba rossa, vero?»
«La mia cosa?»
La bocca di Fraser si contrasse.
«La tua uniforme. Non hai lasciato l’esercito perché lo disprezzavi, e per quanto ricco tu sia cresciuto, non penso che tu sia uno scialacquatore di natura. Quindi probabilmente non l’hai bruciata o gettata nel fiume. E non l’hai data a un amico, perché avrebbero fatto domande a cui tu non volevi rispondere a quel tempo. Inoltre, non l’hai portata con te al Ridge. Dov’è adesso?»
William represse l’istintivo moto di fastidio e rispose nel modo più civile possibile.
«L’ho lasciata a casa di mio zio. È dove mi trovavo quando ho deciso di lasciare il mio incarico. A meno che Amaranthus non l’abbia venduta o tagliata per fare una trapunta, probabilmente è ancora lì. Perché vi interessa?»
«Non mi interessa,» disse Fraser pacatamente. «Ma se stiamo cercando Denys Randall, non ha senso cominciare dall’esercito? A meno che non abbia cambiato idea come hai fatto tu, sta ancora con l’esercito— e da quello che so dell’esercito britannico—» William notò con interesse che la menzione dell'esercito britannico aveva fatto storcere un angolo della bocca di Fraser, come l'ombra di un ringhio. Be’, quelle cicatrici…
«Di solito sanno dove sono i loro soldati — o almeno dove dovrebbero essere. Se trovi l’addetto della sua compagnia e chiedi dove si trova, con l’uniforme da ufficiale, te lo dirà, senza fare domande, non è così?»
Questo era indubbiamente vero. Ciò che era pure vero, comunque, era che non tutta l’uniforme di William stava a casa.
«Sì», disse lui, lentamente. «Sì, è una buona idea.» Stava cercando, invano, di pensare a qualche tattica dilatoria, o a qualche scusa che avrebbe impedito a Fraser di andare con lui.
«Io scenderò tra le taverne e i magazzini al molo, allora,» disse Fraser con noncuranza. «Conoscevo un buon numero di uomini tra i marinai e i magazzinieri quando lavoravo lì.»
La prima frase di Fraser aveva momentaneamente sollevato William, con la promessa di evitare – o almeno ritardare - la scoperta. La parte “quando lavoravo lì”, però, lo colpì duramente al petto, e lo privò della parola.
Era stato in quel magazzino due [tre?] anni prima; era andato a cercare Fraser al lavoro, e a chiedergli una spiegazione sugli eventi che avevamo portato alla sua nascita. Una richiesta che Fraser aveva respinto senza mezzi termini.
Ti dirò tutto quello che vuoi sapere finché si tratta della  mia storia.
E non lo era. L’altra metà della storia apparteneva a Geneva. Che, dopo tutto, non se n’era andata volontariamente.
William mise giù il piattino, con cura.
«Va bene,» disse. «Andrò a prendere la mia uniforme e a vedere cosa può dirmi l’ufficio del reggimento. Ci vedremo…»
«Diciamo domani mattina a colazione, qui,» disse Fraser con naturalezza. «Probabilmente dovrò bere qualcosa con alcune persone stasera. Prenderò una stanza al McPherson – gli impiegati di magazzini di solito andavano a bere lì e probabilmente lo fanno ancora. Suppongo che tu abbia ancora un letto in casa di tuo zio?»
«Io — sì. Sì, va bene.» Si allontanò dal tavolo e si alzò, con la sensazione di aver bevuto più birra d quanto avesse fatto effettivamente. Bollicine nel sangue. Così Papà aveva descritto la sensazione, quando avevano bevuto champagne insieme per festeggiare il conferimento del diploma universitario a William.
Si era voltato verso la porta, raddrizzando la schiena, quando Fraser parlò alle sue spalle.
«Chi è Amaranthus?» chiese curioso.
[fine della scena]


martedì 1 aprile 2025

Libro 10: Buon Primo Aprile!

Buon Pesce d’Aprile!
Francamente, faccio schifo con gli scherzi del Primo di Aprile. O mi dimentico completamente di che giorno è, o non riesco a pensare a qualcosa di solo vagamente divertente, per non parlare di intelligente o furbo.
Qualcuno di voi si è imbattuto o ha ideato qualcosa di intelligente per il Pesce d'Aprile - sia vostro che di qualcun altro?
Comunque, qui un breve estratto dal Libro Dieci, per celebrare la giornata, per così dire. Buon Primo Aprile!
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[Dal Libro 10 (senza titolo), Copyright 2025 Diana Gabaldon]

Io, Claire… Esitai. Chi ero esattamente? In termini di nome legale, almeno; qualsiasi cosa di più metafisico avrebbe dovuto aspettare. Sospirai, immersi di nuovo la penna e scrissi,  “Beauchamp Fraser
Pensai che fosse meglio includere Beauchamp, come aveva detto Jamie in più di un’occasione, c’erano molti uomini di nome James Fraser, e ancora di più solo Fraser. Non volevo essere confusa con nessuno di loro
«Fortunatamente possiamo saltare tutti i Randall e Grey,» mormorai tra me. «Claire Elizabeth – dannazione, ho dimenticato Elizabeth!» Allungai il braccio per prendere un foglio pulito, borbottando «Claire Elizabeth Beauchamp Randall Fraser Randall Fraser Grey Fraser… cavolo, sono un sacco di mariti…»
Cinque minuti per portare a termine il compito di scrivere il mio nome. Pensai che questo potesse essere un segno che forse non ero ancora pronta a scrivere il mio testamento
«Be’ chi lo è?» mormorai, e guardai l’orologio, poi di nuovo al foglio davanti a me. «Giusto,» dissi rivolgendomi a lui. «Avrai dieci minuti della mia vita e poi ci fermiamo per oggi. Questo è tutto quello che posso affrontare.»
Io, Claire Elizabeth Beauchamp Fraser, essendo sana di mente, dichiaro che queste sono le mie Ultime Volontà e Testamento.
«Il tuo testamento è la parte in cui dici chi sei e cosa possiedi,» mi aveva detto Jamie, quando mi ero chiesta ad alta voce a cosa si riferisse la frase. “La parte delle Volontà è cosa intendi fare con ciò che possiedi.»
Cosa possedevo? Cosa avevo da lasciare?

*Ritratto: Ragazza che scrive di Pietro Rotari (1707 - 1762)

mercoledì 19 marzo 2025

Per il Giorno di San Patrizio

Estratto da THE SCOTTISH PRISONER
Nonostante i segni di razzie passate, il monastero era indiscutibilmente abitato e movimentato. Jamie aveva sentito la campana dall’altra parte del lago e ora vedeva i monaci che uscivano dalla chiesa, sparpagliandosi verso i loro compiti. C’era un pascolo recintato dietro gli edifici, dove stava pascolando un piccolo gregge di pecore, e un arco di pietra mostrava le file ordinate dell’orto, dove due fratelli laici strappavano erbacce nella maniera rassegnata degli uomini che avevano accettato da tempo la loro sorte sisifea.
Uno di questi lo indirizzò verso il più grande degli edifici di pietra, dove un portiere dal naso lungo prese i suoi dati, e poi lo lasciò in un’anticamera. L’atmosfera del posto era calma, ma Jamie non lo era. Oltre al conflitto tra Grey e Quinn – uno più critico dell’altro e lui era seriamente tentato di spaccare le loro teste una contro l’altra– c’era l’incombente confronto con Siverly a cui pensare, e gli avvertimenti criptici della duchessa su Twelvetrees… e, da qualche parte lontano sotto le preoccupazioni più pressanti, una difficile consapevolezza che la coppa del Druido di Quinn era presumibilmente qui, e non aveva ancora deciso che chiedere o no di essa. E se fosse stata qui, che fare allora?
Nonostante queste inquietudini, il suo primo sguardo all’abate lo fece sorridere. Michael FitzGibbons era un leprecauno. Jamie lo riconobbe subito dalla descrizione di Quinn del tipo.
L’uomo arrivava forse al gomito di Jamie, ma stava in piedi dritto come una freccia segata, una severa barba bianca che si drizzava in maniera pugnace dal bordo della sua mascella e un paio di occhi verdi che brillavano per la curiosità.
Questi occhi si erano fissati subito su Jamie, e si accesero di cordialità mentre si presentava e menzionava suo zio come credenziale.
«Il nipote di Alexander!» esclamò l’abate Michael, in un buon inglese. «Aye, io ti tengo d’occhio, ragazzo. Ho sentito molte delle tue avventure, anni fa – tu e la tua moglie inglese.» Sogghignò nella sua barba, mostrando piccoli denti banchi.
«Rivoltò St. Anne da cima a fondo, da quello che ho sentito. È qui con te, per caso? In Irlanda, voglio dire.»
Jamie poteva capire dall’improvviso sguardo di consapevolezza e orrore sulla faccia dell’abate come doveva sembrare la sua. Sentì la mano dell’abate sul suo avambraccio, straordinariamente forte per le sue dimensioni. «No Padre,» sentì la sua voce dire, calma e lontana. «L’ho persa. Nella Sommossa.»
L’abate fece un respiro di udibile dolore, schioccò la lingua tre volte e portò Jamie verso una sedia. «Possa Dio dare riposo alla sua anima, povera cara donna. Vieni, ragazzo, siediti. Bevi un poco di whiskey.»
Non era stato pronunciato come un invito e Jamie non discusse quando un bicchierino ragguardevole fu versato e ficcato nella sua mano. Alzò il bicchiere meccanicamente verso l’abate in un brindisi, ma non parlò; era troppo indaffarato a ripetere all’infinito dentro di sé, Signore, fa che sia in salvo! Lei e il bambino! come temendo che le parole dell’abate l’avessero davvero mandata in paradiso.
Lo shock diminuì velocemente, comunque, e abbastanza presto la palla di ghiaccio nella sua pancia cominciò a sciogliersi sotto la debole vampa del whiskey. C’erano cose immediate di cui occuparsi; il dolore doveva essere messo da parte. L’abate Michael stava parlando di cose neutre: il tempo (insolitamente buono e una benedizione per gli agnelli), lo stato del tetto della cappella (buchi così grandi che sembrava che un maiale avesse camminato sul tetto, e un grosso maiale, per giunta), il giorno (così fortunato che fosse giovedì e non venerdì, dato che si sarebbe stata carne per pranzo, e certamente Jamie si sarebbe unito a loro; gli sarebbe piaciuta la versione di una salsa di Fratello Bertram; non aveva un nome particolare ed era di un indistinto colore… viola, avrebbe detto l’abate, ma era risaputo che lui non aveva il senso del colore e aveva dovuto chiedere al sacrestano con cui gestiva l’abbigliamento nel tempo ordinario, poiché non poteva distinguere il rosso dal verde e prendeva solo per fede il fatto che al mondo ci fossero simili colori, ma Fratello Daniel – aveva incontrato Fratello Daniel, il portiere all’esterno? – gli aveva assicurato che era così, e sicuramente un uomo con la faccia come quella non avrebbe mai mentito, bastava solo vedere la grandezza del suo naso per capirlo) e altre cose a cui Jamie poteva annuire, sorridere o fare un rumore. Per tutto il tempo, gli occhi verdi cercarono la sua faccia – gentili ma penetranti.
L’abate comprese il momento in cui Jamie si sentì di nuovo padrone di sé stesso e si rilassò un poco, invitandolo con la sua postura più che con le parole a illustrare le sue questioni.
«Se posso chiedere un momento del vostro tempo, Padre…» Prese il foglio di carta piegato dal petto e glielo porse. «So che avete la reputazione di uno studioso e uno storico, e sapevo che mio zio diceva che avete una collezione di racconti rari sugli Auld Ones. Apprezzerei la vostra opinione su questi pochi versi.»
Le sopracciglia dell’abate Michael erano spesse e bianche, con lunghi peli che si incurvavano all’impazzata alla maniera dei vecchi. Queste si animarono, vibrando di interesse, e lui portò la sua attenzione al foglio, gli occhi che si spostavano da un verso all’altro come un colibrì in una macchia di fiori.
Gli occhi di Jamie avevano girato per la stanza mentre l’abate Michael parlava. Era un posto interessante – ogni posto in cui veniva fatto del lavoro lo interessava – e si alzò con un mormorio di scuse e andò alla libreria, lasciando l’abate alla sua minuziosa ispezione della poesia.
La stanza era grande quanto la biblioteca del Duca di Pardloe e aveva almeno altrettanti libri, eppure la sensazione era più simile a quella del piccolo buco disordinato in cui Pardloe chiaramente faceva le sue riflessioni.
Si poteva capire dai libri se una biblioteca era fatta solo per mostra o no. I libri che venivano usati avevano un aspetto aperto e interessante, anche se chiusi e ordinatamente allineati su uno scaffale in un rigoroso ordine con i loro simili. Si aveva la sensazione che il libro avesse lo stesso interesse in te quanto tu n lui e fosse disposto ad aiutarti una volta raggiunto.
I libri dell’abate erano ancora più aperti. Una dozzina di volumi – almeno – giaceva aperta sul grande tavolo vicino alla finestra, metà dei quali stesi l’uno sull’altro, tutti aperti, e pagine di appunti che fuoriuscivano dalla pila, ondeggianti – invitanti – nella corrente proveniente dalla finestra.
Jamie sentì un forte desiderio di andare a vedere cosa fossero i libri aperti, di andare verso gli scaffali e far scorrere lentamente le sue nocche sulla pelle e sul legno e sul rovescio delle rilegature finché un libro non gli avesse parlato e non fosse andato di buon grado nella sua mano.
Era passato tanto tempo da quando aveva posseduto un libro.

mercoledì 12 marzo 2025

Libro 10: William andrà bene

[Siamo all’inizio del libro, con William che sta parlando con Jamie durante i preparativi per mettersi in viaggio, ed esprime una certa sorpresa che Jamie abbia scelto Roger per la gestione e la difesa del Ridge in tempi tanto controverso (ha saputo dell’incidente della Notte della Loggia da Ian)]
«Ma - Non posso dire di conoscere bene il reverendo MacKenzie, ma è chiaramente un – un uomo di Dio. Siete sicuro che sia capace di gestire…» William agitò una mano verso la stretta finestra sopra le librerie, indicando il Ridge e tutti i suoi fittavoli, raccolti, servi, animali…
Fraser gli diede un’occhiata leggermente divertita.
«Aye, be’. Quantomeno la maggior parte dei fittavoli non penserà che sia probabile che metta insieme degli uomini e presentarsi di notte per dare alle fiamme la loro casa o impiccarli nel proprio cortile.»
«E pensano che voi lo fareste?» Disse William senza riflettere.
«Non sono sicuri che non lo farei,» disse Jamie senza tanti giri di parole. «Sai che questa è una casa di nuova costruzione?» Alzò il mento, indicando le enormi travi in alto, il legno grezzo e giallo, con piccole perle fragranti di linfa grondante e mezza secca lungo i bordi. William lo fissò.
«Bada, non furono i fittavoli che diedero fuoco all’ultima. Furono i vicini – da Brownsville — che trascinarono me e mia moglie fuori dalla nostra casa e tentarono di impiccare lei e deportare me in Scozia. Ma furono alcuni dei miei fittavoli che tentarono di uccidermi in seguito — alla Loggia non meno di —» Si fermò all’improvviso, guardò William, poi tamburellò con le dita sulla scrivania, casualmente, ma con uno schema evidente.
«No,» disse William in risposta. Papà gli aveva spiegato la Massoneria, ma non aveva mai suggerito che si unisse a una Loggia, e lui non aveva desiderato farlo.
Fraser annuì e proseguì
«Sai, questo è successo non più di tre anni fa. Ho sistemato la cosa e non ci sono stati più fastidi da allora. Ho permesso che alcuni di loro tornassero, per il bene delle loro mogli e dei loro figli — e perché Harriett McIlhenny mi ha ricattato, la vecchia scopa — ma quelli che hanno lasciato il Ridge probabilmente sono ancora vivi, e se lo sono mi serbano molto rancore.»
«Perché diavolo volevano uccidervi?» chiese William, perché era l’unica domanda semplice a cui potesse pensare. La sua testa non stava esattamente girando, ma poteva sentire il sangue che gli batteva nelle orecchie.
Fraser lo guardò pensieroso, e le sue dita tamburellarono leggermente sul tavolo – anche se ovviamente come un aiuto ai pensieri, piuttosto che un riconoscimento massonico.
«Ragazzo,» disse alla fine, «sono un Highlander e un papista. E un ribelle, due volte. So che lo sai, ma forse non sai che ci sono persone – e non tutte sono inglesi – per le quali la mia esistenza è un’offesa mortale.» 
«Gesù. E… anche Madre Claire potrebbe essere in pericolo… a causa vostra?»
Questo, abbastanza stranamente, fece ridere Fraser.
«No ragazzo,» disse scuotendo la testa. «Può cavarsela da sola. È conosciuta in tutta questa zona – e anche abbastanza oltre – come una fattucchiera. E per alcune persone, una guaritrice che può gettare le persone in un sonno profondo, o arrivare al loro interno per curarne i malanni, è chiaramente una strega, e sai cosa dice la Bibbia a proposito di questo.»
«Cosa… volete dire ‘Non lasciar vivere la fattucchiera’?»
«Aye, quello» Fraser alzò di nuovo il sopracciglio. «Dove ti è stata insegnata la Bibbia? So che né Lord John né suo fratello sono quello che si potrebbe definire uomini devoti.»
 «Sono soldati,» disse William in modo concise.
«Anche io, ragazzo,» disse Fraser gentilmente. «E anche tu.» Si fermò, comunque, e si appoggiò un po’ all’indietro, osservando William pensieroso.
«Non ti piace quando ti chiamo ‘ragazzo’, è così? Devo chiamarti William? O Mr. Ransom?» Le sue labbra si contrassero, ma il nodo tra le scapole di William si allentò leggermente.
«William andrà bene.» Era – era stato, per settimane – fin troppo consapevole dell’ultima volta che era stato costretto a chiedere aiuto a James Fraser. Furioso per la propria impotenza quando Fraser aveva tradito – pensava – incertezza davanti alla sua richiesta, aveva reagito bruscamente, «Non preoccupatevi, lo farò da solo!»
A questo scatto Fraser aveva replicato in modo piatto «Se pensassi di poterlo fare, ragazzo, non saresti mai venuto da me.»
Questa valutazione oggettiva aveva bruciato all’epoca – bruciava anche ora. Ma Fraser aveva avuto ragione, e aveva ragione adesso, anche se abbastanza cortese da non menzionare la cosa.
William poteva solo sperare che sarebbe finite meglio, questa volta

giovedì 20 febbraio 2025

Libro 10: Tornerò

Valutai i tre barattoli sul bancone: radice di zenzero, foglie di mora e camomilla (fiori e foglie). Tutti e tre erano antidiarroici ragionevolmente efficaci e il tè allo zenzero, in teoria, era buono anche per la nausea. L'unico problema con il tè allo zenzero era che Jamie non lo beveva, essendo sempre associato nella sua mente a un debilitante mal di mare, al punto che il tè stesso lo faceva star male. O almeno era convinto che lo facesse, che era sostanzialmente la stessa cosa.
«Buon Dio», mormorai, alzando (be’, ruotando) gli occhi al cielo, «per favore tienilo lontano dalle barche!» Era una preghiera sincera, ma dubitavo che avrebbe avuto molto effetto, se John Grey fosse stato ancora tenuto prigioniero su una nave.
Eppure, la mia preghiera ebbe in qualche modo una risposta, quando il mio sguardo colse il grande barattolo di miele sullo scaffale. Avrei avuto tempo per fare lo zenzero candito? Sì, non sarebbero partiti fino a dopodomani, perché Jamie doveva portare Roger e Jemmy alla grotta dello spagnolo l'indomani.
Strofinai le foglie di mora e di camomilla tra le mani, sbriciolando le erbe essiccate in una dozzina di quadratini di mussola, che legai in minuscoli sacchetti che sembravano un’assurda fila di minuscoli conigli con le orecchie flosce. Questo mi fece sorridere, nonostante il piccolo peso di piombo che si era depositato in fondo al mio stomaco quando William aveva detto a Jamie perché era venuto, in cerca di aiuto.
Bene, la diarrea era curata; E la costipazione? Avrebbero portato un piccolo sacchetto di farina d'avena, così come un altro di noci, ma credevo che nessuno dei due avrebbe rinunciato al cibo da taverna, nel momento in cui avessero raggiunto la civiltà. Be’, avrebbero mangiato dell’uvetta, e io ne avevo ancora un po' dall'inverno… Ah. Presi la bottiglia di semi di cumino e la scossi; sì, in abbondanza! Un po' di rabarbaro e dente di leone con cumino, ed era fatto.
Un'ultima cosa per il kit di pronto soccorso - avevo già fatto un pacchetto di bende arrotolate, ma quelle sarebbero state separate - miele. Ne versai un po' di once in una bottiglia nera, la tappai bene e attaccai un'etichetta che diceva "Per le ferite suppurate", nella speranza che questo impedisse loro di mangiarlo semplicemente sul pane.
Presi una delle borse di tela che usavo per trasportare le forniture mediche e fui sorpresa di vedere che le mie dita tremavano. Davvero leggermente, ma in modo evidente.
Strinsi i pugni, tanto per negarlo quanto per fermarlo. Un po' di respiro profondo, forse… forse avevo trattenuto il respiro mentre facevo i preparativi.
«Poca dannata meraviglia», mormorai, e strofinai energicamente i palmi delle mani per riscaldarli. Di solito facevo un lavoro molto migliore nel non preoccuparmi eccessivamente di quello che Jamie stava facendo quando usciva di casa… No, non lo fai, idiota disse la parte oggettiva del mio cervello, anche se con tolleranza. Semplicemente ti tieni così occupata che non hai tempo per pensarci. Pensa a qualcos'altro, per amor di Dio.
In mancanza di un'idea migliore, mi sedetti, chiusi gli occhi e cercai di pensare a qualcos'altro.
La prima cosa che mi  venne in mente fu il congedo da Jamie – se si può descrivere qualcosa di così insopportabile come "congedarsi" – alle pietre, la notte prima di Culloden.
Potevo sentire l'odore della pietra fredda e della sporcizia del cottage in rovina dove eravamo stati insieme per quella che sapevamo essere l'ultima volta. Seminudi, tremanti, brancolando disperatamente alla ricerca del calore della carne dell'altro, e trovandolo. Toccando, freneticamente, poi lentamente, cercando di memorizzare tutto, il tocco del suo corpo, la fredda ruvidità dei suoi capelli, il muscolo solido della sua schiena, le sue gambe, il breve senso di freddo mentre allargavo le gambe e lui entrava in me, poi il calore di lui, dentro di me, sopra di me, che mi circondava… sapendo che questo era tutto, tutto quello che ci sarebbe mai stato…
Be’, non lo era, vero, stupida? Smettila di piangere, per carità!
Deglutii, tirai su col naso e mi fermai, respirando e tirando su col naso alternativamente mentre mi asciugavo gli occhi con il grembiule. Lanciai un'occhiata di nascosto alla porta; per fortuna, l'avevo chiusa quando ero entrata. Speravo che nessuno mi avesse sentita; io potevo sentire loro: voci e pentole che tintinnavano in cucina, una fuga precipitosa di passi in successione e un sacco di risatine in alto, voci lontane che entravano dalla finestra aperta dall'esterno, troppo lontane per distinguere le parole.
Avevo smesso di piangere, ma il treno della memoria era ancora in movimento, lento e pesante, carico del dolore ricordato.
Kings Mountain. Aveva pensato che sarebbe morto lì (Dio ti maledica, Frank!) e aveva vissuto con quella paura per mesi. E la notte prima della battaglia, tutti e due tremanti per il freddo e fradici di pioggia, mi aveva chiesto tre cose: di trovare un prete e di far dire una messa per la sua anima, di tornare indietro attraverso le pietre con Brianna e la sua famiglia. E l'ultima: “Ricordati di me”.
Mi infilai una manciata del grembiule in bocca per attutire il suono che stavo facendo, ricordando il nostro tentativo di fare l'amore su un banco di foglie bagnate, gelide e fradicie, e non riuscendoci, stretti insieme per il resto di quella notte.
«Maledizione», dissi. «Era solo sei dannati mesi fa! Non avresti potuto aspettare?!»
Non ero sicura a chi mi stavo rivolgendo: Lord John, William, Jamie o Dio.
Immaginavo che fosse iniziato circa cinque minuti dopo che William era sceso da cavallo e aveva detto a Jamie: «Sir, ho bisogno del vostro aiuto».
Be’, naturalmente era stata la prima cosa che avevo pensato, e Oh, è meraviglioso! era la seconda, seguita da un'ondata di gioia senza parole nel vedere i due percepire l'eco di sé stesso nell'altro.
La terza cosa che avevo pensato era: «Oh, mio Dio… Sta partendo. Per fare qualcosa di pericoloso. Di nuovo».
E in fondo alla mia mente, mentre mi abbandonavo ai saluti e alle spiegazioni e all'eccitazione generale, c'era una voce sommessa, un'affermazione piatta e fredda che non ammetteva discussioni.
Questa volta non tornerà.
In effetti, fu Jamie ad entrare, vestito con camicia e kilt, con la sua borsa degli attrezzi di pelle sulla spalla e un'enorme massa di quella che sembrava una trapunta molto semplice tra le braccia.
«Che cos'è?» Mi alzai e andai a vedere mentre posava la Cosa sul mio tavolo operatorio e cominciava ad aprirla.
«Brianna dice che è un deflettore fonoassorbente, ma sicuramente c'è un nome migliore», disse, rigirando l'ultima piega. Era una piccola trapunta, lunga e stretta, ma molto spessa, fatta di tela tinta d'indaco, con nodi molto grandi che tenevano insieme gli strati. «È imbottito di piume di tacchino, stracci e pezzi di pelle di cervo e di pelle d'orso avanzati dalla macellazione. Essiccati», aggiunse in tono rassicurante, vedendo la mia espressione. «Non puzza molto, e tu non dovrai dormirci sotto, comunque».
«Oh.»
«Aye. Ecco, reggimela, per favore, Sassenach?» Mi porse la pesante borsa degli attrezzi, che sferragliò, e raccogliendo il deflettore (in mancanza di una parola migliore), chiuse la porta dell'ambulatorio e vi appoggiò l'oggetto.
«È una buona soluzione», disse con soddisfazione. «Dammi un chiodo, aye? C'è un pacchetto di quelli da dieci centimetri in cima, lì. Sì, grazie, ora vieni e metti le mani qui, per tenerlo fermo».
Estrasse un martello dalla cintura e si accinse a inchiodare saldamente il deflettore alla porta. Completato il lavoro, aprì e chiuse la porta più volte.
«Ecco», disse con soddisfazione, richiudendolo. «Non si va da nessuna parte».
«Sono sicuro che tu abbia ragione», dissi. «Molto premuroso da parte tua.»
Ci fu un fruscio e un rumore strisciante e poi il leggero tonfo di qualcosa che colpiva le assi del pavimento. Mi voltai e vidi Jamie in piedi, con indosso nient'altro che la sua camicia e un ampio sorriso.
«Che…?» iniziai ma non andai oltre. Fece un passo evitando il suo kilt che formava una pozza, mi attirò a sé con un braccio e mi baciò con notevole entusiasmo.
«Ti voglio, Sassenach», mi sussurrò contro la bocca. «Ti voglio terribilmente.»
A giudicare dallo stato delle cose tra noi, era così. La sua mano libera stava raccogliendo le mie gonne e prima che potessi dare una qualsiasi conferma alla sua dichiarazione, mi fece girare per mettermi di fronte al tavolo operatorio.
«Chinati, a nighean»
«Tu...»
Una grossa mano in mezzo alla mia schiena non mi diede scelta e mi ritrovai con la faccia semisepolta in una pila di asciugamani di lino e una fredda corrente d'aria che puntava sul mio sedere nudo. Poi ci fu il calore delle grandi mani sulla mia schiena, che mi slacciavano le gonne, il calore più grande di lui contro di me e un calore più forte, più duro, morbido tra le mie gambe, che esplorava.
«Tornerò» disse dolcemente. «E questa volta non voglio lasciarti in lacrime".
[Fine scena]