sabato 10 agosto 2024

OUTLANDER Olympics

Mentre sono in corso le Olimpiadi di Parigi questo fine settimana, ho pensato che sarebbe divertente dare un’occhiata ad alcune scene nei libri di Diana Gabaldon che mostrano abilità atletiche di vario tipo. Questo è un aggiornamento di una raccolta che ho postato la prima volta nel 2016. Non tutti questi esempi hanno un equivalente nei moderni giochi olimpici, ma molti sì. Spero che vi piaccia!

***Avviso di spoiler***

Se non avete letto tutti i libri di Outlander, di seguito troverete degli spoiler! Leggete a vostro rischio.

Volteggio
Jamie strinse le spalle, poi si guardò attorno. Vidi i suoi occhi posarsi per un attimo su un tavolino a tre zampe accanto al muro, su cui era appoggiato un vaso di crisantemi. Alzò lo sguardo, misurando la distanza, chiuse brevemente gli occhi come se stesse raccomandando l’anima a Dio, quindi fece la sua mossa, deciso.
Saltò sul tavolino, afferrò la ringhiera della scala e vi volteggiò sopra, atterrando sui gradini a pochi passi più avanti del Generale. Fu un’impresa talmente acrobatica che una o due signore trattennero bruscamente il fiato, inframmezzato con gridolini di ammirazione le loro esclamazioni di orrore.

(Da L’AMULETO D’AMBRA di Diana Gabaldon, Capitolo 18, “Stupro a Parigi”. Copyright © 1992 di Diana Gabaldon. Tutti iI diritti riservati)

Passare sotto le forche Caudine
[Roger] Lo attendeva una sorta di forche caudine: una doppia fila di selvaggi urlanti, tutti armati di mazze e bastoni. Qualcuno dietro di lui gli conficcò nella natica la punta di un coltello, e sentì un caldo rivoletto di sangue colargli lungo la gamba. «Cours!» gli ordinarono. Corri.
Il suolo era scalpicciato, la neve pressata in un sudicio ghiaccio. Gli bruciò i piedi, quando uno spintone alla schiena lo scaraventò barcollante in mezzo al pandemonio.
Rimase in piedi per quasi tutto il tragitto, sbandando di qua e di là mentre le mazze lo percuotevano davanti e di dietro e i bastoni lo colpivano alle gambe e alla schiena. Non c’era modo di schivare i colpi; tutto quel che poteva fare era continuare ad avanzare, il più in fretta possibile.
Verso la fine una mazza gli roteò vicinissima e si abbatté con forza contro il suo ventre; lui si piegò in due e subito gli arrivò un’altra mazzata dietro l’orecchio. Rotolò disossato sulla neve, senza quasi sentire il freddo sulla pelle squarciata.
Una frusta gli bruciò le cosce, seguita da una dura scudisciata giusto sotto le palle. Raddrizzò di riflesso le gambe, rotolò di nuovo giù e si ritrovò a strisciare chissà come a quattro zampe, il sangue dal naso e dalla bocca che si mescolava al fango ghiacciato.
Raggiunta la fine, con gli ultimi colpi che ancora gli urticavano la schiena, afferrò il paletto di una casa comune e si rialzò lentamente in piedi. Si girò verso di loro, aggrappato al palo per non cadere. Alla folla piacque: scoppiarono a ridere, con tanti uggiolii acuti come un branco di cani. Si chinò a fondo e si raddrizzò, la testa che gli girava vorticosamente. Risero ancora più forte. Aveva sempre saputo soddisfare il pubblico.

(Da PASSIONE OLTRE IL TEMPO di Diana Gabaldon, capitolo 25 “Cattività I”. Copyright © 1997 di Diana Gabaldon. Tutti i diritti riservati)

Scherma
Battuta, battuta, finta, un mezzo salto indietro, mentre la punta dello stocco di Hal passava accanto al suo viso, un altro salto... Hal era troppo in avanti... ma no, si riprese subito e balzò indietro in una frazione di secondo, mentre lui sollevava la lama. Una stoccata in terza, un’altra terza senza affondare, e il suo piede fece sollevare la polvere dalle tavole del pavimento.
Hal aveva intuito le sue intenzioni: sentiva i suoi pensieri quasi fossero nella sua testa, avvertì il fastidio misto a sgomento che lasciava il posto alla collera... poi, di colpo Hal si trattenne – sentendosi costretto a farlo – e passò a colpi più freddi e cauti.
Dal canto suo, Grey non sentì alcun bisogno di trattenersi. Era felice e spensierato, inebriato dalla brama di combattere. Il suo corpo era una corda ben oliata, elastica e scivolosa, che lo spingeva a correre un rischio dopo l’altro, certo che sarebbe riuscito comunque a schivare la punta del fratello. Poi scorse un’apertura, sferrò una stoccata di piatto con un urlo, e la punta con il bottone toccò la coscia di Hal, scivolando lungo il tessuto dei suoi calzoni.
«Gesù!» esclamò Hal, menando un fendente verso la sua testa.
Grey si chinò, ridendo, e poi tornò su come un pupazzo a molla, afferrando la punta dello stocco che si piegò ad arco tra le sue mani. Quando lo lasciò andare, la lama colpì quella di Hal, che gli saltò nel pugno, con un forte suono metallico.

(Da LORD JOHN E I FANTASMI DEL PASSATO di Diana Gabaldon, capitolo 10, “Salle des Armes”. Copyright © 2007 di Diana Gabaldon. Tutti i diritti riservati.)

Nuoto
Dalla base della torre di Ellen alla terza isola c’erano ancora varie centinaia di metri di acque verdi e tempestose. Mentre si spogliava si era fatto il segno della croce e, raccomandata la propria anima a sua madre, si era tuffato nudo in mezzo ai flutti.
Uscì con cautela dalla scogliera, dibattendosi tra le onde che si frangevano sopra la sua testa. Nessun luogo in Scozia è poi così lontano dal mare, ma l’esperienza di nuoto di Jamie, cresciuto nell’entroterra, era limitata alle placide profondità dei loch e dei laghetti formati dai fiumi di trote.
Accecato dal salmastro e assordato dal ruggito della risacca, aveva combattuto contro le onde per quelle che gli erano sembrate ore, finché alla fine dopo essere riuscito a sollevare la testa e le spalle dall’acqua, boccheggiante, non aveva visto profilarsi il promontorio – non dietro di sé, come aveva pensato– bensì alla sua destra.
«La marea si abbassava, e io mi prosciugavo insieme a lei», spiegò con amara ironia. «Cosicché pensai: be’, basta, è finita, perché sapevo che non sarei riuscito a tornare indietro. Non mangiavo niente da due giorni e non mi rimanevano molte forze».
Smise di nuotare allora, limitandosi a sdraiarsi sulla schiena per abbandonarsi all’abbraccio del mare. In preda alle vertigini per la fame e lo sforzo, aveva chiuso gli occhi e cercato di rammentare le parole di quella vecchia preghiera celtica contro l’annegamento.

(Da IL CERCHIO DI PIETRE, di Diana Gabaldon, capitolo 33, “Tesoro sepolto”. ". Copyright © 1994 di Diana Gabaldon. Tutti i diritti riservati)

Tiro
Senza la minima esitazione, Brianna imbracciò il fucile e parve sparare nella stessa direzione. Il ramo direttamente sotto lo scoiattolo esplose in una pioggia di schegge di legno e lo scoiattolo venne sbalzato per aria e poi catapultato a terra, dopo essere rimbalzato sui rami elastici dei sempreverdi.
Roger si precipitò ai piedi dell’albero, ma non c’era nessuna fretta: lo scoiattolo giaceva morto, inerte come uno straccio peloso.
«Bel colpo», si congratulò, sollevando il cadavere perché Brianna lo vedesse. «Ma non c’è neanche un segno su di lui: devi averlo spaventato a morte».
Brianna lo guardò dritto negli occhi da sotto le sopracciglia.
«Se avessi voluto colpirlo, Roger, lo avrei colpito», rispose con un leggero tono di rimprovero. «E se lo avessi colpito, ora terresti in mano una poltiglia di scoiattolo. Non bisogna mirare addosso a un animale così piccolo, meglio puntare giusto al di sotto per abbatterli.»

(Da LA CROCE DI FUOCO di Diana Gabaldon, capitolo 20, “Lezioni di tirassegno”. Copyright © 2001 di Diana Gabaldon. Tutti i diritti riservati.)

Sollevamento pesi
I pali dello staccato stavano impilati accanto alla colonna di pietra. Roger rovistò qua e là finché non trovò un pezzo scheggiato abbastanza corto da fare al caso suo, e lo usò come leva per sollevare un grosso pezzo di granito quel tanto che bastava per infilarci sotto le mani. Si acquattò e se lo issò sulle cosce, per poi alzarsi lentissimamente in piedi, raddrizzando la schiena una vertebra alla volta, le dita conficcate nella superficie cosparsa di licheni nello sforzo di sollevarlo. Lo straccio che portava legato attorno alla testa era zuppo di sudore, che ora gli stava colando lungo il viso. Scosse la testa per scrollarsi dagli occhi le gocce pungenti.
«Papà, Papà!»
Roger sentì un improvviso strattone ai calzoni, sbatté le ciglia per liberarle dal sudore e divaricò le gambe per mantenersi in equilibrio senza lasciar cadere a terra la pesante roccia.

(Da VESSILLI DI GUERRA di Diana Gabaldon, capitolo 53 “Tulach Ard”. Copyright © 2001 di Diana Gabaldon. Tutti i diritti riservati)

Tiro con l’arco
«Sì, ricordo che mio padre ne parlava», disse Jamie. «Degli arcieri di Glenshiels. Molti erano Grant… e c’era anche qualche Campbell.» Si chinò in avanti, i gomiti sulle ginocchia. Sembrava interessato alla storia, e al tempo stesso si mostrava cauto.
«Aye, eravamo noi.» Arch tirava boccate senza sosta, e il fumo si innalzava a circondargli il capo. «Era notte, ed eravamo nascosti tra le rocce sopra il fiume, a Glenshiels, sotto le felci e i sorbi selvatici. Potevi stare a due spanne da noi e non vederci, tanto l’oscurità era fitta.»
[....]
«All’alba però», continuò allegro, «al segnale prestabilito ci alzammo in piedi e scoccammo le frecce. E devo dire che fu un bello spettacolo: una gragnuola di dardi che, dalle colline, si abbatteva su quei poveri bastardi accampati in riva al fiume.»

(Da NEVI INFUOCATE di Diana Gabaldon, capitolo 23, “Anestesia”. Copyright © 2005 by Diana Gabaldon. Tutti i diritti riservati.)

Equitazione
Quindi calciò con urgenza le costole dello stallone perché superasse il resto dei viaggiatori a una velocità sufficiente da impedirgli di morsicare, scalciare, calpestare bambini vaganti o causare altri danni: dopo una settimana di viaggio conosceva fin troppo bene le sue inclinazioni. Oltrepassò al piccolo trotto Brianna e Marsali, a metà fila; quando finalmente raggiunse Claire e Roger che cavalcavano in testa, si stava muovendo troppo in fretta per poter fare di più che salutarli con uno svolazzo del cappello.
«A mhic an dhiobhail», imprecò, rificcandosi il cappello sul capo mentre si abbassava contro il collo del cavallo. «Sei decisamente troppo vivace per i miei gusti. Adesso vediamo come te la cavi fuori pista, eh?»
Con uno strattone verso sinistra, abbandonò il sentiero e via che partì giù per la discesa, calpestando erba secca e scansando rami di sanguinella che si spezzavano rumorosi come colpi di fucile. Quel che ci voleva per un figlio di buona donna come quello era un bel terreno pianeggiante su cui farlo sfogare al galoppo per poi riportarlo indietro spompato. Non essendoci un tratto di pianura nel raggio di trenta chilometri, bisognava adattarsi.
Raccolse le redini, schioccò la lingua e conficcò entrambi i calcagni nelle costole del cavallo, dopodiché schizzarono su per il pendio cespuglioso come se fossero stati sparati da un cannone.

 (Da LA CROCE DI FUOCO di Diana Gabaldon, capitolo 18, “Casa dolce casa”. Copyright © 2001 di Diana Gabaldon. Tutti i diritti riservati.)

Arrampicata - Libro inedito in Italia – Traduzione non ufficiale
Le ore successive trascorsero nella confusione dell'impresa più ardua che Grey avesse mai visto da quando aveva attraversato le Highlands scozzesi con il reggimento di suo fratello, portando i cannoni al generale Cope. No, in realtà, pensò, mentre se ne stava nell'oscurità, una gamba incastrata tra un albero e la parete rocciosa, dieci metri di spazio invisibile sotto di lui e una corda che gli bruciava tra i palmi delle mani con un peso morto invisibile di duecento libbre o giù di lì, era peggio.
Gli Highlander avevano sorpreso la guardia, avevano sparato al tallone al loro capitano in fuga e li avevano fatti tutti prigionieri. Questa è stata la parte facile. La cosa successiva fu che il resto della squadra di sbarco salisse in cima alla scogliera, ora che il sentiero, se esisteva una cosa del genere, era stato sgomberato. Lì avrebbero fatto i preparativi per raccogliere non solo il resto delle truppe che ora scendevano il fiume a bordo dei trasporti, ma anche diciassette cannoni da battuta, dodici obici, tre mortai e tutti gli ingombri necessari in termini di proiettili, polvere, assi e legni necessari per rendere efficace questa artiglieria. Almeno, rifletté Grey, quando ebbero finito, il sentiero verticale su per la scogliera sarebbe stato probabilmente calpestato come un semplice sentiero per mucche.

(Da “The Custom of the Army”, in SEVEN STONES TO STAND OR FALL di Diana Gabaldon. Copyright © 2010 by Diana Gabaldon. Tutti i diritti riservati) 

Danza delle spade delle Highlands
Aprì gli occhi e rizzò di scatto la testa. Un thunk! improvviso sul tamburo e la danza cominciò con un grido della folla. I suoi piedi colpirono la terra pressata, verso nord e verso sud, a est e a ovest, dardeggiando rapidi tra le spade.
Atterravano senza suono, sicuri al suolo, e la sua ombra danzava sul muro dietro di lui, alta e con le lunghe braccia sollevate. Teneva ancora il viso rivolto verso di me ma non mi vedeva più, ne ero sicura.
I muscoli delle sue gambe erano forti come quelli di un cervo intento a spiccare un balzo, sotto l’orlo del kilt, e lui danzava con tutta l’abilità del guerriero che era stato e che era ancora. Però pensai che adesso ballava solo in nome del ricordo, affinché coloro che lo guardavano non dimenticassero, con le gocce di sudore che gli volavano via dalla fronte e un’espressione di indicibile lontananza negli occhi.

(Da LA CROCE DI FUOCO di Diana Gabaldon, capitolo 35, “Hogmanay”. Copyright © 2001 di Diana Gabaldon. Tutti i diritti riservati.)

Wrestling
Sulle prime, accecata dal terriccio, non riuscivo a scorgere Jamie, ma poi lo individuai: era sotto l’orso, con il braccio avvinghiato attorno al suo collo, la testa infilata nell’articolazione della spalla appena sotto le fauci grondanti di saliva.
[....] Il suo avambraccio era irrigidito per lo sforzo, mezzo sepolto nel fitto pelo. Il braccio libero pugnalava stoccate a ripetizione: era riuscito a tenere in mano il coltello, almeno. Allo stesso tempo attanagliava il collo dell’orso con tutte le sue forze, tirandoglielo giù.
L’orso sobbalzava sbattendo la zampa, nel tentativo di scrollarsi dal collo quella morsa. Parve perdere l’equilibrio e ricadde pesantemente in avanti, con un forte ululato di rabbia. Udii un uuff! soffocato che non sembrò provenire dall’orso, e mi guardai freneticamente intorno in cerca di qualcosa da usare come arma.
L’orso riuscì a tirarsi di nuovo faticosamente in piedi, scrollandosi con violenza.
Intravidi per un attimo di viso di Jamie, contorto dallo sforzo. Un occhio fuori dall’orbita si spalancò ancora di più alla mia vista; liberò di scatto la bocca dal pelo ispido.
«Scappa!» gridò. Poi l’orso gli ricadde addosso, e lui scomparve sotto centocinquanta chili di peli e muscoli.

 (Da TAMBURI D’AUTUNNO di Diana Gabaldon, capitolo 15 “Nobili selvaggi”. Copyright © 1997 di Diana Gabaldon. Tutti i diritti riservati.)

Che i giochi abbiano inizio!
(X)

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