Dopo avermela posata delicatamente in grembo, si tolse scarpe e calze e si sedette accanto a me, immergendo i piedi in acqua con un sospiro di piacere al fresco contatto.
"Che cos’è?" Feci scorrere la mano sopra la cassa, curiosa. "Oh, solo un regalino". Benché non mi guardasse, la punta delle sue orecchie acquistò una tinta rosata. "Aprila, hm?".
Era pesante, larga e profonda. Di uno scuro legno massiccio a grana fine, portava i segni di un lungo uso: tacche e ammaccature che ne avevano stagionato ma non danneggiato la lustra bellezza. Poiché del lucchetto era rimasta solo la patta incernierata, il coperchio si sollevò con facilità sui cardini oliati di ottone, lasciando uscire uno sbuffo di canfora vaporoso come un genio della lampada.
Gli strumenti luccicarono sotto il sole caliginoso, brillanti malgrado la patina dovuta al disuso, ciascuno accuratamente sistemato nella sua tasca di velluto verde.
Una piccola sega finemente dentellata; forbici, tre bisturi: con lama arrotondata, diritta, a paletta; la lama d'argento di un abbassalingua, un tenacolo...
"Jamie!" Incantata, estrassi una corta barretta di ebano al termine della quale era fissata una palla di lana avvolta in un velluto piuttosto tarlato. Ne avevo vista una simile, a Versailles: la versione da diciottesimo secolo di un martelletto per saggiare i riflessi. "Oh, Jamie! Che meraviglia!" Agitò i piedi, compiaciuto.
[..] Girò la testa per guardarmi dritto negli occhi, i capelli infiammati dal tramonto, il volto scuro in controluce.
"Oggi sono ventiquattro anni che ti ho sposata, Sassenach", sussurrò. "Spero che tu non abbia ancora avuto motivo di pentirtene".
Tamburi d'Autunno
il dolce Jamie!!!!
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