martedì 2 giugno 2015

Ron Moore e il finale della prima stagione

Q&A con Ron Moore sulle forti scene di violenza e sul viaggio di Jamie e Claire

**Attenzione: spoiler per chi non ha visto la puntata 1x16 'Ransom a Man's Soul'**

Outlander di Starz ha visto la sua eroina, Claire Beauchamp Randall Fraser (Caitriona Balfe), passare dai campi di battaglia della seconda guerra mondiale al campo minato delle emozioni delle Highlands scozzesi del 18° secolo affrontando minacce troppo numerose da elencare - ma la sua più grande sfida non è avvenuta per uno scontro fisico, ma per il riscatto dell'anima di suo marito Jamie (Sam Heughan) dopo le torture e gli stupri per mano di Jonathan "Black Jack" Randall (Tobias Menzies). E' un punto cruciale su cui è stata costruita tutta la stagione, accennata nel penultimo episodio e che ha strappato le viscere nel finale.
Per analizzare i numerosi sviluppi scioccanti nel finale di stagione, Variety ha parlato con lo showrunner Ron Moore su come sia stato affrontare questo tema impegnativo e adattare il fortissimo romanzo di Diana Gabaldon per il grande schermo, così come i suoi piani per la seconda stagione.

Il romanzo di Diana viene raccontato esclusivamente dal punto di vista di Claire, non scopriamo cosa sia successo a Jamie a Wentworth fino a che, nel libro, non viene salvato. Hai avuto la tentazione di tenere Jamie e Black Jack fuori dallo schermo per la maggior parte dell'episodio 15 per far salire la tensione o hai sempre pensato di svolgere le cose come alla fine hai fatto?
Penso che l'abbiamo deciso abbastanza subito. E' stato uno dei motivi per cui nell'episodio 9 abbiamo iniziato con il suo punto di vista, in modo da permetterci di fare questo genere di cose, perché volevamo essere in grado di farlo una volta arrivati ​​a questo punto della storia. Nel finale si vede che c'è molto flashback e lui sta ricordando, ma ci ha permesso di fare quelle scene in un modo diverso, perché se sta raccontando a Claire la storia e quindi tu ricordi con la sua prospettiva, il tutto è anche influenzato da ciò che lui avrebbe detto o meno. Oggettivamente, ci dà la possibilità di mostrare la scena e vedere cosa succede in tempo reale. Ha importanza anche il fatto che quando Claire striscia nella fortezza c'è una quantità enorme di tensione perché sappiamo cosa sta succedendo in quella cella e aspettiamo che lei ci arrivi, e mi sembrava un ottimo costrutto drammatico.

Qual è stata la tua esperienza nel girare le scene tra Jamie e Black Jack in quella cella?
Per tutta la stagione sapevamo ovviamente dove la storia si stava dirigendo, così ci sono state molte conversazioni nella stanza degli sceneggiatori e con il cast. Sapevamo tutti dove saremmo arrivati quindi avevamo molti pensieri sul come giungere a quegli eventi.

Poi, appena abbiamo iniziato quest'ultimo blocco - perché li giriamo in blocchi di due, quindi la 15 e la 16 sono state girate dallo stesso regista nello stesso arco di tempo - abbiamo dedicato del tempo in più per le prove in modo che Tobias e Sam e Anna Foerster (la regista) potessero provare da soli e abbiamo trovato più tempo nella scaletta degli impegni perchè lo facessero. Poi ad un certo punto hanno mostrato a me e ad Ira Behr, che ha scritto il primo episodio e co-scritto il secondo, tutte le scene. Le avevano analizzate tutte, le avevano provate. Poi abbiamo discusso, abbiamo fatto dei confronti. Quindi c'è stata moltissima preparazione e moltissimi ragionamenti.
Abbiamo costruito il set della cella qui nel Cumbernauld, ed è stata una cosa pesante. Era fisicamente buio - non c'era molta luce. Il palcoscenico attorno era buio. La crew ha dato loro spazio. Sapevano cosa stava succedendo. Erano psicologicamente preparati, ma sarebbero stati giorni molto lungi, snervanti ed molto emotivi. Quando abbiamo finito con quella sezione, erano tutti felici di essere fuori da quella cella. C'era un vero e proprio senso di liberazione una volta completata.

Qual era lo stato d'animo sul set durante le scene?
C'era un grosso peso psicologicamente parlando. Non è stato una rappresentazione facile. Non c'erano molte battute o scherzi - di solito c'è sempre un set molto tranquillo e allegro. Non c'era davvero niente di tutto questo. Appena qualcuno faceva un passo indietro, cercava di rimanere lontano dal set per quanto gli era possibile. Gli attori dovevano restare lì. Sono due attori molto diversi, quindi si avvicinano alla scena in modi diversi, quindi non erano loro stessi per tutto il tempo. Anche a telecamere spente avevano metodi e modi di fare separati, ma l'atmosfera che li circondava era pensante. Sapevamo che stavamo arrivando in questo punto della storia e quella sensazione permeava le riprese.

Puoi parlarci un po' di più su ciò che hai osservato dei metodi diversi di Sam e Tobias, dal punto di vista esterno?
E' solo la prospettiva di uno all'esterno, ma direi che fuori dal set Tobias provava molte cose diverse all'interno di una scena da diverse prospettive e sperimentava sempre - non tanto con le parole, perché arriva dal teatro. Abbiamo avuto delle conversazioni su dialogo e personaggio e tutto il resto, e abbiamo apportato qualche modifica e qualche riscrittura e lavorato molto con lui e Sam nei primi giorni. Ma una volta che la sceneggiatura era stesa, Tobias ti dà sempre delle alternative. Prova sempre qualcosa di diverso nella recitazione scena dopo scena quindi c'è molta sperimentazione.
E penso che Sam fosse più dentro a quel momento e a quel personaggio - lui diventa Jamie e vuole mantenere la concentrazione sul dove sia Jamie e dove sia lui.

Sei riuscito a girare in ordine cronologico per consentire loro di rimanere nella parte e avere una linea temporale emotiva nel corso di quelle scene?
Nella cella della prigione, penso che si sia girato in linea cronologica con la storia. Penso che l'abbiamo appositamente impostato in modo da poter attraversare emotivamente l'arco della storia, quindi c'è un set e solo un paio di attori, quindi non è stato difficile programmarlo in questo modo.

L'arco della storia è ovviamente molto grafico, viscerale e inquietante, ma ci sono anche scene sia implicite che esplicite, che è una testimonianza del potere della performance, della scrittura e della regia. C'è stato un contenuto più grafico che è finito del cestino nella sala di taglio o avevi già un'idea di come bilanciarlo prima dell'inizio delle riprese?
C'era più materiale girato di quanto in ultima analisi abbiamo utilizzato, come accade sempre - angolazioni diverse, qualche dialogo tagliato, alcuni momenti sono stati tagliati, alcuni dei quali sono stati spostati durante le modifiche. Alla fin fine, parte del mio lavoro è quello di domandarsi "cosa è troppo e cosa è troppo poco?" Lo guardo e ci provo fino a che arrivo a "Ok, voglio raccontare questa storia, non voglio tirarmi indietro, voglio raccontare questa storia, farti guardare qualcosa di scomodo e sentirlo". Ma c'è un punto in cui anch'io distolgo lo sguardo. C'è un punto in cui non voglio più guardare e questo era il mio barometro. Mi piacerebbe averlo interiorizzato, "Ok, ora non voglio più guardarlo" e "OK, qui è dove dobbiamo tagliare" o "questo non lo facciamo."
Ma è vero anche il contrario. Non voglio arrivare al punto in cui sembra di star tradendo il pubblico, tradire la storia, tradire la verità di quello che è.

Sam ha precedentemente menzionato il numero di protesi che ha dovuto indossare in quelle scene a Wentworth. Alcuni degli effetti sembrano molto elaborati, mi puoi parlare del processo della loro visualizzazione?
C'erano persone specializzate per creare e progettare le protesi della mano. In realtà era la sua mano e la maggior parte del suo avambraccio. E ce n'è una finta dove prima aveva messo la mano sul tavolo. Jack dice: "metti la mano sul tavolo", la si vede muovere le dita - avevamo dei cavi e così che dietro le telecamere potessero fare muovere le dita appena prima che il chiodo entri e lo stesso per il martello. E anche altre volte c'è del trucco e le protesi sulla vera mano di Sam. E il trucco era scegliere quale usare e a che angolazione, in modo che il pubblico la sentisse sempre come se fosse davvero la sua mano. Così ci sono voluti molto tempo e ragionamenti, ma ho penso abbiano fatto un ottimo lavoro.

Lo stupro maschile è qualcosa di raramente mostrato nei principali media, ed è ancora più raro che sia il personaggio principale a trovarsi in questa vulnerabile posizione. Ovviamente è innanzitutto merito del romanzo di Diana, ma quanto ha pesato l’attrattiva di questo soggetto e la possibilità di esplorare qualcosa di così estraneo al pubblico da un punto di vista meramente creativo?
Quando ho letto il libro la prima volta, sono rimasto sorpreso, perché non è la situazione in cui tu metti il tuo protagonista maschile e non avevo mai letto o visto questo prima. Sapevo che  “Ok, se facciamo questo libro e facciamo questo e questo è davvero il finale della prima stagione, sarà veramente una gran cosa”, perché non è una situazione usuale. Così il narratore che è in me era davvero attratto da questo, tipo “Wow, buttiamoci. Facciamo qualcosa che nessuno ha fatto, sapendo che siamo in un territorio complicato e che ci saranno un sacco di critiche, in un modo o nell’altro. Ma chi osa… quindi facciamolo!”
E poi abbiamo semplicemente provato un approccio del tipo “Ok, lo faremo; rendiamolo il più verosimile possibile. Parliamo di chi sono questi personaggi. Lo facciamo per un motivo. Cosa vuole  Jack? Cosa vuole Jamie? Quali sono le loro vulnerabilità? Quali sono le loro debolezze? Qual è la loro forza? Come va a finire questo gioco del gatto col topo fra loro? Dov’è la violenza in questo? Dov’è lo stupro? Dov’è la rottura? Siamo davvero passati da questo, ne abbiamo parlato e riparlato e ci siamo assicurati che stessimo raccontando una storia e non che mostrassimo solamente qualcosa di mai visto prima. Questo era parte integrante della storia nel libro, il risultato dei precedenti episodi. Questo è in parte il motivo per cui abbiamo dedicato tempo nell’episodio 6 a Black Jack e Claire. Abbiamo lasciato che lui ci raccontasse la storia della flagellazione. Lasciato che ci raccontasse la sua ossessione per Jamie, in modo che foste nella testa di quel personaggio e cominciaste a tracciare la pista che alla fine porta a tutto questo.
 

Dalla tua prospettiva, cosa vuole Jack? Cosa ricava Jack da tutto questo? Sono sicura che è una risposta molto soggettiva, diversa da quella di Tobias o quella di Diana, ma qual è il tuo pensiero sulle sue motivazioni?
Pensavo che fosse una domanda difficile. Non credo che ci sia una risposta semplice. Penso che quello che vuole e quello che ottiene possono essere visti in una gran varietà di modi. Credo che a un certo livello si tratti di potere; a un certo livello si tratti di spezzare un uomo che non era stato in grado di spezzare prima, l’interesse suscitato da questo, “Perché non posso spezzare questo giovane? Mi interessa, e poi è scappato, è un lavoro non finito.”
Una parte è sadismo – una parte è provare piacere dal dolore di qualcun altro. Solleva la domanda se Jack è capace di provare piacere. Cos’è il piacere per Jack? Può mai provare piacere per qualcosa senza che qualcun altro sia spaventato, terrorizzato, sofferente oppure no? C’entra la gelosia? È geloso dell’uomo che Jamie è? Non potrà mai essere Jamie e questo è come lo esprime?
Penso che ci sono un sacco di modi di vederla e che tutti ne sono parte, perché in un personaggio come questo non ci sono risposte semplici. Penso che sia un miscuglio di molte di queste emozioni diverse e di molte di queste diverse pulsioni psicologiche.
Lo stupro è un tipo di violenza da cui la vittima non si riprende mai completamente – ci sono ferite fisiche e mentali che Jamie si porterà per sempre dietro a seguito di questo calvario. La stagione finisce su una nota di speranza, con Jamie e Claire che fuggono verso la Francia e Claire che rivela la sua gravidanza, ma a che punto è la loro relazione ora?
I postumi di quest’esperienza vivranno con loro nella seconda stagione. Andranno in Francia. Cercheranno di fermare la rivolta giacobita. Cercheranno di fermare la storia, e lei è incinta, ma queste ombre saranno con loro e questo colpirà la loro relazione nella seconda stagione. Ma la seconda stagione sarà uno show molto diverso. È uno sguardo molto diverso. È Parigi, è l’aristocrazia, è la corte di Luigi XV, è nella città dei lumi con un sacco di bugie. Uno sguardo e un sentimento molto diversi, sia visivamente che nel tono, rispetto alla prima stagione. Quindi stiamo in qualche modo realmente preparando un nuovo show e girando un’intera nuova serie televisiva sotto molto aspetti.
 

Ripensando  alla stagione, cosa ti colpisce di più dell’evoluzione di Claire? Lei ha affrontato un
suo personale viaggio emotivo e fisico, e alla fine della prima stagione vediamo una Claire Fraser molto diversa.
Ho sempre detto che per me la prima caratteristica di Claire è la sua intelligenza e Cait incarna questo. Claire è una donna intelligente che pensa in continuazione. Pensa a come cavarsela in ogni situazione, “Come scappo da questo mondo?”, “Come scappo da questo castello?”, “Come scappo da questa scena?” Cerca continuamente di razionalizzare come entrarvi e uscirne – penso che sia la parte formidabile di Claire, e Cait semplicemente emana tutto questo.
Stavo cercando un’attrice che si potesse veder pensare attraverso la telecamera, e poter dire solo “sì, questa è una donna capace, forte, intelligente” e lei semplicemente lo è. È incredibile. E considerando il logorio fisico a cui l’abbiamo sottoposta durante la prima stagione, essendo in ogni scena, ogni giorno, in qualsiasi condizione, giorno e notte, sotto la pioggia, la grandine, col gelo, lei era sempre una gran lavoratrice e sempre quella che sul set scherzava mentre gli altri congelavano. Ho un enorme rispetto per lei e anche puro apprezzamento perché lo ha veramente vissuto. Ha veramente fatto vivere questo personaggio e ci ha coinvolti in questa meravigliosa storia.
 

Ho amato la scena in cui si confessa a Padre Anselm – la catarsi di essere libera di raccontare tutto a un perfetto estraneo, di essere finalmente in grado di poter lasciare andare alcune delle cose che si stava tenendo dentro, cose che probabilmente non poteva dire nemmeno a Jamie, ad un certo punto.
È stato interessante, perché in verità è una scena che è entrate e uscita dalla sceneggiatura e entrata e uscita dai tagli più volte, perché continuavo ad avere difficoltà con essa in termini del “perché è nello show?” E non ero sicuro che ci desse qualcosa in più, perché aveva raccontato a Jamie che veniva dal futuro  e non sembrava questa confessione l’avesse cambiata, non l’aveva messa su un percorso differente.
Così c’erano volte che la toglievo e volte in cui la rimettevo. Poi alla fine, Diana stessa ha lottato per questa scena, dicendo “Ascolta, sento che è davvero fondamentale, è una parte cruciale del libro, è davvero importante per me.” E io “Ok, ti ascolterò, fammi trovare un modo per farla funzionare,” e sono contento di averlo fatto perché credo che sia una parte bella dell’episodio.
 

La stagione ha avuto due sceneggiatori donna (Toni Graphia e Anne Kenney) e un regista donna (AnnaFoerster), che hanno guidato quattro dei più impegnativi episodi, emotivamente e fisicamente parlando. “Outlander” è ovviamente una storia guidata da una donna, scritta da una donna, quindi quanto è stato importante per te assicurarti che il talento femminile fosse rappresentato dietro la telecamera, dato che sceneggiatori e registi donna continuano ad essere drammaticamente sottoutilizzati nell’industria televisiva?
Questo è verissimo e pensavo che fosse molto importante. È uno show con una donna come personaggio principale. È proprio la storia di questa donna e del suo incredibile viaggio. Stavo cercando specificatamente un regista donna per l’episodio del matrimonio e una delle donne nello show che lo scrivesse, perché volevo rappresentare quell’aspetto – uomini e donne a volte portano cose diverse nelle sceneggiature e nelle regie, così ho pensato “propendiamo per quello”. E una volta visto il lavoro di Anna su quel set, il modo in cui il cast reagiva con lei, il modo in cui si comportava col cast, non c’è voluto molto per capire che avrebbe diretto anche il finale, perché sarebbe stato incredibilmente complesso, da un punto di vista emotivo. E intuitivamente ho pensato che in questo mix, se avevamo due attori maschi, allora il regista, se fosse stato donna, avrebbe apportato un elemento importante in quella scena.
 

Di cosa sei più orgoglioso, ripensando alla stagione nel suo insieme?
Sono veramente orgoglioso della diversità degli episodi e delle storie. È una serie stupefacente sotto molti aspetti, ma il semplice fatto che non puoi prendere un episodio e dire “beh, è un tipico episodio di ‘Outlander’”. L’episodio tipo di ‘Outlander’ qual è? Non c’è un episodio tipo di ‘Outlander’. È interessante come ognuno di questi fosse un suo proprio film e che la storia semplicemente andasse avanti e che noi la stessimo realizzando [come una] produzione. È stato difficile e gravoso per tutto il cast e lo staff portare a termine una cosa simile, ma ci sono sempre stati e alla fine è un bellissimo, stupendo show. Visivamente le interpretazioni sono solide. La storia c’è. La musica è fantastica. Tutti gli elementi si sono combinati. Sono veramente orgoglioso di questo team per aver lavorato insieme come una cosa sola e per aver realizzato tutto questo. 

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