giovedì 22 agosto 2013

MOBY: la gioia dell'abitudine

Jamie viaggiava in camicia e calzoni, la sua nuova uniforme e la sua biancheria accuratamente piegate in una valigia fino a quando non fossimo arrivati ​​nel raggio d'azione dell'esercito, di conseguenza il suo spogliarsi era una mera questione di sbottonarsi la patta e togliersi le calze. Il mio era complicato dal fatto che il mio abbigliamento da viaggio aveva lacci in pelle, e dopo il sudore di tutto un giorno, i nodi si erano serrati in un grumo testardo che resisteva a tutti i tentativi di scioglierli. 
"Vieni a letto, Sassenach?" Jamie era già coricato, dopo aver trovato un remoto angolo dietro il bancone del bar e steso i nostri mantelli.
"Mi sono rotta un'unghia cercando di sciogliere questo dannato nodo, e non posso tagliare questi maledetti con i denti!" Gli sibilai, sul punto di scoppiare in lacrime per la frustrazione. Stavo ondeggiando per la stanchezza, ma non riuscivo a dormire chiusa nei limiti di un corsetto umidiccio. 
Jamie allungò un braccio nel buio, facendomi un cenno.
"Vieni a sdraiarti qui con me, Sassenach," sussurrò. "Lo farò io." 
Il semplice solievo di sdraiarsi, dopo dodici ore in sella, era così dolce quasi da farmi cambiare idea sul dormire con il corsetto, ma non era ciò che lui intendeva. Si agitò verso il basso e chinò la testa per annusare i miei lacci, un braccio dietro la schiena per bloccarmi.
"Non preoccuparti," mormorò sul mio torace con la voce un po' soffocata, "se non riuscissi ad allentarli, li forzerò con il mio pugnale."
Alzò lo sguardo con un'espressione avida, mentre strozzavo una risata alla sola idea.
"Sto solo cercando di decidere se essere sbudellata accidentalmente sia peggio di dormire con i vestiti addosso" sussurrai, dandogli un colpetto alla testa. Faceva caldo e i capelli morbidi sulla sua nuca erano umidi al tatto. 
"La mia mira non è così pessima Sassenach", disse tralasciando un attimo il suo lavoro. "Rischierei solo di ferirti al cuore." 
In qualche modo, portò a termine il suo obiettivo senza ricorrere alle armi, massaggiando dolcemente il nodo con i denti fino a che riuscì a scioglierlo con le dita, aprendo la pesante tela cucita come una conchiglia così da esporre il candore della sottoveste. Sospirai come un mollusco felice si apre con l'alta marea, staccando il tessuto nei punti in cui il corsetto lo aveva attaccato alla mia carne. Jamie spinse via i residui del corsetto, ma rimase dov'era, con la faccia vicino ai miei seni, strofinando delicatamente le mani sui miei fianchi.
Sospirai di nuovo al suo tocco, lo aveva fatto per abitudine, ma era un'abitudine che mi era mancata negli ultimi 4 mesi, e un tocco che non avrei mai pensato di sentire di nuovo.

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