La cena era semplice perché durante il giorno non c’era stato nessuno in casa per cucinarla. Avevo preparato un grande calderone di zuppa di mais al latte la mattina, con cipolle, pancetta e patate a fette per irrobustirla, e dopo il solito ossessivo controllo del focolare e delle braci, avevo coperto il calderone e lo avevo lasciato cuocere a fuoco lento, insieme a una preghiera perché la casa non andasse a fuoco in nostra assenza. C’era del pane dal giorno prima, e quattro tortine di mele fredde come pudding con un po’ di formaggio.
“Non è un pudding,” aveva detto Mandy, accigliandosi quando mi aveva sentito dire questo. “È una torta!”
“Vero, Tesoro,” dissi, “È solo un modo di dire inglese, chiamare tutti i dolci “pudding”
“Perché?”
“Perché gli inglesi non conoscono niente di meglio,” le disse Jamie.
“Dice lo scozzese che mangia “burrata di panna” per dessert,” risposi, facendo rotolare Jem e Mandy su pavimento per le risate, mentre ripetevano “burrata di panna” l’uno all’altra tutte le volte che si fermavano per respirare.
Germain, che aveva mangiato burrata di panna per dolce da quando era nato, scosse la testa nella loro direzione e sospirò in modo navigato, lanciando un’occhiata a Fanny per condividere la sua aria di superiorità. Fanny, che, probabilmente, non si era imbattuta in nient’altro che torte in fatto di dolci, sembrava confusa.
“Comunque,” dissi, versando con il mestolo la zuppa nelle ciotole. “Prendi il pane, per favore, Jem? Comunque,” ripetei, “è bello potersi sedere per la cena, non è vero? È stata una giornata piuttosto lunga,” aggiunsi sorridendo a Roger e poi a Rachel.
“Sei stato meraviglioso, Roger,” disse Rachel sorridendogli. “Non avevo mai sentito un canto come quello (line-singing n.d.r.) prima. Tu, Ian?”
“Oh, aye. C’era una piccola chiesa presbiteriana a Skye dove mi fermai una volta con mio Pa’, quando andai con lui per comprare una pecora. Non c’è nient’altro da fare a Skye la domenica”, spiegò.
“Mi sembra familiare,” osservai, scrollando un grosso pezzo di burro freddo dal suo stampo. “Questo tipo di canto, voglio dire, non Skye. Ma non so perché dovrebbe.”
Roger sorrise leggermente. Non poteva parlare oltre un sussurro, ma la felicità brillava nei suoi occhi.
“Gli schiavi africani,” disse, appena udibile. “Loro lo fanno. Chiamata e risposta, viene chiamato così ogni tanto. Forse li hai… sentiti a River Run?”
“Oh. Sì, forse,” dissi, un poco dubbiosa. “Ma sembra più…recente?” Un’alzata di una sopracciglia scura indicò che aveva colto il mio senso di “recente”.
“Aye.” Alzò la sua birra e prese un gran sorso. “Aye. I cantanti neri, poi altri… lo fanno. È una delle…” diede un’occhiata a Fanny e poi a Rachel. “Una delle origini, vedi, della musica più moderna.”
Immaginai che intendesse Rock’n roll o forse rhythm and blues – non ero una studiosa di musica.
“Parlando di musica, Rachel tu hai una bella voce,” disse Bree, piegandosi sul tavolo per agitare un pezzo di pane sotto il naso di Oggy.
“Ti ringrazio Brianna,” disse Rachel e rise. “Come un cane.” Prese il pane e lasciò che Oggy lo schiacciasse nel pugno, dal momento che preferiva schiacciare il cibo prima di mangiarlo. “Sono contenta che così tanta gente abbia scelto di condividere il nostro incontro – anche se suppongo che fosse per lo più curiosità. Ora che sanno la terribile verità sugli Amici, probabilmente non torneranno.”
“Qual è la terribile verità sugli amici, zia Rachel?” chiese Germain, affascinato.
“Che siamo noiosi,” gli disse Rachel. “Non lo hai notato?”
domenica 21 giugno 2020
venerdì 19 giugno 2020
Bees: Historical Friction
“Attrito storico,” disse. “Ci sono tutte quel
genere di cose – idee, macchine, strumenti, qualsiasi cosa – che venivano – vengono,
voglio dire – scoperte più di una volta. Mamma dice che l’ago ipodermico è
stato inventato indipendentemente da almeno tre persone diverse, più o meno
nello stesso periodo, in paesi differenti. Ma altre cose vengono inventate o
scoperte e semplicemente… esistono. Nessuno le usa. O sono perse e poi scoperte
di nuovo. Per anni – secoli, talvolta – finché qualcosa succede, e
improvvisamente è il momento giusto, e qualunque cosa sia fa il proprio
ingresso, e si diffonde, ed è di dominio pubblico.
“Inoltre,” aggiunse in modo pratico, dando un
colpetto alla borsa con il piede, “Che male potrebbe fare perdere una versione
imbastardita de Il Gatto col Cappello nel diciottesimo secolo?”
Lui rise nonostante l’ansia.
“Nessuno lo stamperebbe. Una storia che
mostra dei bambini deliberatamente disobbedienti alla loro madre? E senza
patire Catastrofiche Conseguenze per averlo fatto?”
“Come ho detto. Non è il tempo giusto per un
libro come questo,” disse. “Non…. Attaccherebbe.” Ora aveva superato del tutto
la crisi emotiva - o almeno così sembrava. I lunghi capelli rossi le cadevano
sciolti lungo la schiena, il viso animato ma non turbato, i suoi occhi sulla
strada e le teste ondeggianti dei cavalli
“E poi ho Jane,” disse facendo un cenno della
testa verso la borsa e abbassando la voce. “Parlando di conseguenze catastrofiche.
“Ja – oh, la sorella di Fanny?” Si ricordò del disegno, uno schizzo veloce su un foglio di carta grezzo.
“Ho promesso a Fanny che avrei dipinto Jane,”
disse Bree e si accigliò un poco. “Renderla più permanente. Non sono riuscita a
convincere Fanny a lasciarmi prendere il suo disegno, ma mi ha permesso di
copiarlo, così ho qualcosa su cui lavorare.”
“Povera ragazza. Ragazze, dovrei dire.” Claire
aveva raccontato a Brianna, dopo il putiferio dell’arrivo del ciclo mensile di
Fanny, cosa era successo a Jane, e Bree lo aveva detto a lui.
“Sì. E povero Willie, anche. Non so se fosse
innamorato di Jane, o se si sentisse solo responsabile per lei, ma Mamma ha
detto che si è presentato al suo funerale, con un aspetto tremendo, con un
enorme cavallo. Ha dato il cavallo a Pa’, per Fanny – gli aveva già dato Fanny,
perché se ne prendesse cura – e poi…se n’è andato. Non hanno saputo niente di
lui da allora.”
Roger annuì, ma non c’era molto da dire.
Aveva incontrato William, nono Conte di Ellesmere, una volta, diversi anni
prima, per più o meno tre minuti, su una banchina a Wilmington. Un ragazzo
allora, alto e sottile come un bastone – e con una impressionante somiglianza a
Bree, anche se lui aveva i capelli neri – ma con molta più fiducia in sé stesso
e modi di quanto si sarebbe aspettato da qualcuno di quell’età. Immaginò, che fosse
uno dei prerequisiti per essere nato (almeno in teoria) dall’aristocrazia
ereditaria. Pensi che il mondo – o buona parte di esso – ti appartenga.
“Sai dov’è sepolta? Jane?” chiese, ma lei
scosse la testa.
“In un cimitero privato fuori città, è tutto.
Perché?”
Alzò una spalla, brevemente.
“Penso che potrei renderle omaggio. Così
potrei dire a Fanny che sono andato e ho detto una preghiera per sua sorella.”
Lei lo guardò, con gli occhi dolci.
“È davvero un bel pensiero. Te lo dirò; chiederò
a Lord John dov’è – Mamma ha detto che lui ha organizzato la sepoltura di Jane,
perciò sa dove si trova. Poi tu e io potremmo andare insieme. Pensi che a Fanny
piacerebbe se facessi uno schizzo della tomba? O sarebbe troppo… impressionante?”
“Penso che le piacerebbe.” Le toccò una spalla,
poi le lisciò i capelli lontano dalla faccia e li legò con il suo fazzoletto. “Non
avresti qualcosa di commestibile nella borsa, per caso?”
sabato 13 giugno 2020
Starz lancia Men in Kilts
Starz ordina una docu-serie itinerante, spinoff di Outlander.
Starz è in partenza per un viaggio su strada con le star di Outlander Sam Heughan e Graham McTavish. L’emittente supportata da Lionsgate ha messo insieme una docu-serie itinerante in otto episodi Men in Kilts: A Roadtrip with Sam and Graham creata dalla coppia scozzese.
La serie, composta da episodi di mezz’ora, prodotta da Sony Picture Televisione, vedrà Heughan e McTavish portare gli spettatori con sé nelle loro avventure, alla scoperta del ricco e intricato patrimonio del loro paese d’origine.
Andranno a Glencoe, il luogo di un grande massacro e di un'importante faida tra clan, a Inverness e sul campo di battaglia di Culloden, il luogo di uno storico momento cruciale, molto noto ai fan di Outlander.
Heughan interpreta Jamie Fraser nel dramma storico fantascientifico, mentre McTavish è protagonista nel ruolo di Dougal MacKenzie, il machiavellico condottiero.
Men in Kilts è stato creato e prodotto da Heughan, McTavish e Alex Norouzi ed è prodotto per Starz da Boardwalk Picture in associazione con Sony Pictures Television.
Karen Bailey Starz SVP Original Programming e Alice Dickens Koblin SVP Unscripted Programming sono i supervisori esecutivi dello show per conto del network.
“La passione e la curiosità genuine che Sam e Graham hanno per i paesaggi che visitano e per le storie che svelano mentre viaggiano attraverso il cuore della Scozia rendono Men in Kilts: A Roadtrip with Sam and Graham un viaggio di scoperta realmente piacevole per il pubblico,” dice Christina Davies, President e Original Programming di Starz. "La serie da un contesto e una trama alla vita e alla storia delle Highland, intrecciate insieme, proprio come il tartan per cui la Scozia è così famosa, e non vediamo l'ora di fare questo viaggio con questi due grandi amici.”
“Siamo così emozionati di portare gli spettatori in questa fantastica avventura con Sam e Graham. Il loro legame di amicizia e la loro genuina curiosità sulla ricca cultura della Scozia renderà questo viaggio indimenticabile per tutti,” aggiunge Holly Jacobs, EVP Alternative e Syndication Programming di Sony Pictures TV.
(X)
Starz è in partenza per un viaggio su strada con le star di Outlander Sam Heughan e Graham McTavish. L’emittente supportata da Lionsgate ha messo insieme una docu-serie itinerante in otto episodi Men in Kilts: A Roadtrip with Sam and Graham creata dalla coppia scozzese.
La serie, composta da episodi di mezz’ora, prodotta da Sony Picture Televisione, vedrà Heughan e McTavish portare gli spettatori con sé nelle loro avventure, alla scoperta del ricco e intricato patrimonio del loro paese d’origine.
Andranno a Glencoe, il luogo di un grande massacro e di un'importante faida tra clan, a Inverness e sul campo di battaglia di Culloden, il luogo di uno storico momento cruciale, molto noto ai fan di Outlander.
Heughan interpreta Jamie Fraser nel dramma storico fantascientifico, mentre McTavish è protagonista nel ruolo di Dougal MacKenzie, il machiavellico condottiero.
Men in Kilts è stato creato e prodotto da Heughan, McTavish e Alex Norouzi ed è prodotto per Starz da Boardwalk Picture in associazione con Sony Pictures Television.
Karen Bailey Starz SVP Original Programming e Alice Dickens Koblin SVP Unscripted Programming sono i supervisori esecutivi dello show per conto del network.
“La passione e la curiosità genuine che Sam e Graham hanno per i paesaggi che visitano e per le storie che svelano mentre viaggiano attraverso il cuore della Scozia rendono Men in Kilts: A Roadtrip with Sam and Graham un viaggio di scoperta realmente piacevole per il pubblico,” dice Christina Davies, President e Original Programming di Starz. "La serie da un contesto e una trama alla vita e alla storia delle Highland, intrecciate insieme, proprio come il tartan per cui la Scozia è così famosa, e non vediamo l'ora di fare questo viaggio con questi due grandi amici.”
“Siamo così emozionati di portare gli spettatori in questa fantastica avventura con Sam e Graham. Il loro legame di amicizia e la loro genuina curiosità sulla ricca cultura della Scozia renderà questo viaggio indimenticabile per tutti,” aggiunge Holly Jacobs, EVP Alternative e Syndication Programming di Sony Pictures TV.
(X)
lunedì 8 giugno 2020
Bees: Per il Memorial Day
Non fu Dio che trovò con lui, ma la miglior cosa più vicina. Il ricordo del Maggiore Gareth Everett, uno degli amici di suo padre, un ex cappellano militare. Everett era un uomo alto, dalla faccia lunga che portava i capelli che si ingrigivano divisi nel mezzo in un modo che lo facevano sembrare un vecchio segugio, ma aveva avuto un senso dell’umorismo nero e aveva trattato Roger, tredicenne, come un uomo.
“Hai mai ucciso qualcuno? chiese al Maggiore mentre erano seduti a tavola dopo cena una sera, mentre l’uomo anziano raccontava storie della Guerra.
“Sì,” rispose il Maggiore senza esitazione. “Non sarei di nessuna utilità ai miei uomini, morto.”
“Cosa fai per loro?” Roger aveva chiesto, curioso. “Voglio dire – cosa fa un cappellano militare, in una battaglia?”
Il Maggiore Everett e il Reverendo si erano scambiati un breve sguardo, ma il Reverendo annuì ed Everett si piegò in avanti, le braccia piegate sul tavolo di fronte a lui. Roger vide il tatuaggio sul suo polso, un qualche tipo di uccello, con le ali spiegate su una pergamena con qualcosa scritto in latino.
“Essere con loro,” disse il Maggiore con calma, ma i suoi occhi sostennero quelli di Roger, profondamente seri. “Rassicurarli. Dirgli che Dio è con loro. Che io sono con loro. Che non sono soli.”
“Aiutarli quando puoi,” aveva detto suo padre, piano, con gli occhi sulla logora tela cerata grigia che copriva il tavolo. “Tenere le loro mani e pregare, quando non puoi.”
Vide – vide davvero – lo scoppio di un cannone. Una brillante scintilla rossa fiorita delle dimensioni della sua testa che lampeggiò nella nebbia con il BOOM! di un fuoco d’artificio e poi sparì. La nebbia si sollevò scura dallo scoppio e lui vide tutto chiaramente per un secondo, non di più – la massa scura del cannone, la bocca rotonda spalancata, il fumo denso che passava sopra la nebbia, che cadeva al suolo come acqua, il vapore che saliva dal metallo caldo per aggiungersi alla nebbia torbida, gli artiglieri che sciamavano intorno al cannone, frenetiche formiche blu, inghiottivano l’istante successivo in un bianco vorticoso.
E poi il mondo intorno a lui impazzì. Le urla degli ufficiali erano arrivate con il colpo di cannone; lo sapeva solo perché era stato in piedi vicino al Generale e aveva visto la sua bocca aperta. Ma ora un ruggito diffuso salì dagli uomini che caricavano nella sua colonna, correndo determinati verso la fioca sagoma della ridotta davanti a lui.
Aveva la spada in mano e stava correndo, urlando, cose senza parole.
Delle torce brillavano debolmente nella nebbia – soldati che tentavano di riaccendere l’abatis, pensò vagamente. C’era un suono acuto di qualche tipo che poteva essere il generale, ma poteva non essere.
Il cannone – quanti? Non poteva dirlo, ma più di due; il fuoco continuava a un ritmo tremendo, il suo schianto gli scuoteva le ossa ogni mezzo minuto circa.
Si fermò, piegato, le mani sulle ginocchia, ansimando. Pensò di aver sentito il fuoco di un moschetto, attutito, colpi ritmici tra i colpi di cannone. Le raffiche disciplinate dell’esercito britannico.
“Caricate!”
“Fuoco!”
“Arretrate!” Le urla di un ufficiale risuonarono all’improvviso nell’attimo di silenzio tra un colpo e il successivo.
_Tu non sei un soldato. Se finisci ucciso… nessuno sarà qui per aiutarli. Resta indietro, idiota_
Era stato in fondo alla fila. Ma ora era circondato da uomini, che avanzavano insieme, spingendo, correndo in tutte le direzioni. Gli ordini venivano abbaiati e pensava che alcuni degli uomini si stessero sforzando di obbedire; sentiva urla occasionali, vide un ragazzo nero che non poteva avere più di vent’anni che lottava tristemente per caricare un moschetto più alto di lui. Indossava un’uniforme blu scuro e un fazzoletto da collo di un giallo brillante apparve quando la nebbia si separò per un istante.
Inciampò su qualcuno che giaceva al suolo e atterrò sulle ginocchia, l’acqua salmastra che filtrava attraverso i suoi calzoni. Era atterrato con le mani sull’uomo caduto, e l’improvviso calore sulle sue dita fredde fu uno shock per lo riportò in sé stesso.
L’uomo emise un gemito e Roger tolse di scatto le mani, poi si riprese e cercò a tentoni le mani dell’uomo. Era morto e la sua stessa mano era piena di un getto di sangue caldo che puzzava come un macello.
“Gesù,” disse, e strofinandosi la mano sui calzoni, pescò con l’altra nella sua borsa, aveva degli stracci… tirò fuori qualcosa di bianco e cercò di legarlo… cercò a tentoni, freneticamente, un polso, ma anche quello era sparito. Prese un frammento di manica e la risalì salì più in fretta che poté, ma raggiunse la parte superiore del braccio ancora solida un momento dopo la morte dell'uomo: poté sentire l'improvvisa mollezza del corpo sotto la sua mano.
Stava ancora lì in ginocchio con lo straccio inutilizzato in mano quando qualcuno inciampò su di lui e cadde a capofitto con uno schianto tremendo. Roger si alzò in piedi e si diresse accovacciato verso l'uomo caduto.
“Stai bene?” urlò, piegandosi in avanti. Qualcosa fischiò sopra la sua testa e lui si appiattì sull’uomo.
“Gesù Cristo!” esclamò l’uomo, prendendo a pugni ferocemente Roger. “Tieni il diavolo lontano da me, bastardo!”
Lottarono nel fango e acqua per un attimo, ognuno provando a usare l’altro come leva per alzarsi in piedi, e il cannone continuava a fare fuoco. Roger spinse via l’uomo e riuscì a mettersi sulle ginocchia nel fango. Urla d’aiuto stavano venendo dalle sue spalle, e si girò in quella direzione.
La nebbia se n’era quasi andata, portata via dalle esplosioni, ma il fumo del cannone si spandeva bianco e basso attraverso il terreno irregolare, mostrandogli brevi lampi di colore e movimento mentre si frantumava.
“Aiuto, aiutatemi!”
Vide l’uomo allora, sulle mani e sulle ginocchia, che trascinava una gamba, e schizzò attraverso le pozzanghere per raggiungerlo. Non c’era tanto sangue, ma la gamba era chiaramente ferita; mise una spalla sotto il braccio dell’uomo e lo mise in piedi, spingendolo più velocemente possibile lontano dalla ridotta, fuori tiro…
L’aria si frantumò ancora e la terra sembrò oscillare sotto di lui, era disteso al suolo con l’uomo che stava aiutando su di sé, la mascella dell’uomo sbatté velocemente e sangue caldo e pezzi di denti inzupparono il suo petto. In preda al panico, lottò per uscire da sotto al corpo che si contraeva - Oh, Dio, oh, Dio, era ancora vivo - e poi si inginocchiò vicino all'uomo, scivolando nel fango, afferrandosi con una mano sul petto dove poteva sentire il cuore che batteva a tempo con il sangue che sgorgava.
Cercò le parole, frenetico. Era tutto andato. Tutte le parole di conforto che aveva racimolato, tutte le sue scorte…
“Non sei solo,” ansimò premendo forte il petto che si sollevava, come se potesse ancorare l’uomo alla terra nella quale si stava dissolvendo. “Sono qui. Non ti lascerò. Andrà tutto bene. Tu starai bene.”
“Hai mai ucciso qualcuno? chiese al Maggiore mentre erano seduti a tavola dopo cena una sera, mentre l’uomo anziano raccontava storie della Guerra.
“Sì,” rispose il Maggiore senza esitazione. “Non sarei di nessuna utilità ai miei uomini, morto.”
“Cosa fai per loro?” Roger aveva chiesto, curioso. “Voglio dire – cosa fa un cappellano militare, in una battaglia?”
Il Maggiore Everett e il Reverendo si erano scambiati un breve sguardo, ma il Reverendo annuì ed Everett si piegò in avanti, le braccia piegate sul tavolo di fronte a lui. Roger vide il tatuaggio sul suo polso, un qualche tipo di uccello, con le ali spiegate su una pergamena con qualcosa scritto in latino.
“Essere con loro,” disse il Maggiore con calma, ma i suoi occhi sostennero quelli di Roger, profondamente seri. “Rassicurarli. Dirgli che Dio è con loro. Che io sono con loro. Che non sono soli.”
“Aiutarli quando puoi,” aveva detto suo padre, piano, con gli occhi sulla logora tela cerata grigia che copriva il tavolo. “Tenere le loro mani e pregare, quando non puoi.”
Vide – vide davvero – lo scoppio di un cannone. Una brillante scintilla rossa fiorita delle dimensioni della sua testa che lampeggiò nella nebbia con il BOOM! di un fuoco d’artificio e poi sparì. La nebbia si sollevò scura dallo scoppio e lui vide tutto chiaramente per un secondo, non di più – la massa scura del cannone, la bocca rotonda spalancata, il fumo denso che passava sopra la nebbia, che cadeva al suolo come acqua, il vapore che saliva dal metallo caldo per aggiungersi alla nebbia torbida, gli artiglieri che sciamavano intorno al cannone, frenetiche formiche blu, inghiottivano l’istante successivo in un bianco vorticoso.
E poi il mondo intorno a lui impazzì. Le urla degli ufficiali erano arrivate con il colpo di cannone; lo sapeva solo perché era stato in piedi vicino al Generale e aveva visto la sua bocca aperta. Ma ora un ruggito diffuso salì dagli uomini che caricavano nella sua colonna, correndo determinati verso la fioca sagoma della ridotta davanti a lui.
Aveva la spada in mano e stava correndo, urlando, cose senza parole.
Delle torce brillavano debolmente nella nebbia – soldati che tentavano di riaccendere l’abatis, pensò vagamente. C’era un suono acuto di qualche tipo che poteva essere il generale, ma poteva non essere.
Il cannone – quanti? Non poteva dirlo, ma più di due; il fuoco continuava a un ritmo tremendo, il suo schianto gli scuoteva le ossa ogni mezzo minuto circa.
Si fermò, piegato, le mani sulle ginocchia, ansimando. Pensò di aver sentito il fuoco di un moschetto, attutito, colpi ritmici tra i colpi di cannone. Le raffiche disciplinate dell’esercito britannico.
“Caricate!”
“Fuoco!”
“Arretrate!” Le urla di un ufficiale risuonarono all’improvviso nell’attimo di silenzio tra un colpo e il successivo.
_Tu non sei un soldato. Se finisci ucciso… nessuno sarà qui per aiutarli. Resta indietro, idiota_
Era stato in fondo alla fila. Ma ora era circondato da uomini, che avanzavano insieme, spingendo, correndo in tutte le direzioni. Gli ordini venivano abbaiati e pensava che alcuni degli uomini si stessero sforzando di obbedire; sentiva urla occasionali, vide un ragazzo nero che non poteva avere più di vent’anni che lottava tristemente per caricare un moschetto più alto di lui. Indossava un’uniforme blu scuro e un fazzoletto da collo di un giallo brillante apparve quando la nebbia si separò per un istante.
Inciampò su qualcuno che giaceva al suolo e atterrò sulle ginocchia, l’acqua salmastra che filtrava attraverso i suoi calzoni. Era atterrato con le mani sull’uomo caduto, e l’improvviso calore sulle sue dita fredde fu uno shock per lo riportò in sé stesso.
L’uomo emise un gemito e Roger tolse di scatto le mani, poi si riprese e cercò a tentoni le mani dell’uomo. Era morto e la sua stessa mano era piena di un getto di sangue caldo che puzzava come un macello.
“Gesù,” disse, e strofinandosi la mano sui calzoni, pescò con l’altra nella sua borsa, aveva degli stracci… tirò fuori qualcosa di bianco e cercò di legarlo… cercò a tentoni, freneticamente, un polso, ma anche quello era sparito. Prese un frammento di manica e la risalì salì più in fretta che poté, ma raggiunse la parte superiore del braccio ancora solida un momento dopo la morte dell'uomo: poté sentire l'improvvisa mollezza del corpo sotto la sua mano.
Stava ancora lì in ginocchio con lo straccio inutilizzato in mano quando qualcuno inciampò su di lui e cadde a capofitto con uno schianto tremendo. Roger si alzò in piedi e si diresse accovacciato verso l'uomo caduto.
“Stai bene?” urlò, piegandosi in avanti. Qualcosa fischiò sopra la sua testa e lui si appiattì sull’uomo.
“Gesù Cristo!” esclamò l’uomo, prendendo a pugni ferocemente Roger. “Tieni il diavolo lontano da me, bastardo!”
Lottarono nel fango e acqua per un attimo, ognuno provando a usare l’altro come leva per alzarsi in piedi, e il cannone continuava a fare fuoco. Roger spinse via l’uomo e riuscì a mettersi sulle ginocchia nel fango. Urla d’aiuto stavano venendo dalle sue spalle, e si girò in quella direzione.
La nebbia se n’era quasi andata, portata via dalle esplosioni, ma il fumo del cannone si spandeva bianco e basso attraverso il terreno irregolare, mostrandogli brevi lampi di colore e movimento mentre si frantumava.
“Aiuto, aiutatemi!”
Vide l’uomo allora, sulle mani e sulle ginocchia, che trascinava una gamba, e schizzò attraverso le pozzanghere per raggiungerlo. Non c’era tanto sangue, ma la gamba era chiaramente ferita; mise una spalla sotto il braccio dell’uomo e lo mise in piedi, spingendolo più velocemente possibile lontano dalla ridotta, fuori tiro…
L’aria si frantumò ancora e la terra sembrò oscillare sotto di lui, era disteso al suolo con l’uomo che stava aiutando su di sé, la mascella dell’uomo sbatté velocemente e sangue caldo e pezzi di denti inzupparono il suo petto. In preda al panico, lottò per uscire da sotto al corpo che si contraeva - Oh, Dio, oh, Dio, era ancora vivo - e poi si inginocchiò vicino all'uomo, scivolando nel fango, afferrandosi con una mano sul petto dove poteva sentire il cuore che batteva a tempo con il sangue che sgorgava.
Cercò le parole, frenetico. Era tutto andato. Tutte le parole di conforto che aveva racimolato, tutte le sue scorte…
“Non sei solo,” ansimò premendo forte il petto che si sollevava, come se potesse ancorare l’uomo alla terra nella quale si stava dissolvendo. “Sono qui. Non ti lascerò. Andrà tutto bene. Tu starai bene.”